Per la sentenza n. 6596/2024 del Tribunale di Milano, all’appaltatore può essere sempre opposta eccezione di inadempimento dal committente chiamato dagli Istituti previdenziali a rispondere in solido (1).
Da verifiche e controlli in materia di lavoro, operati dagli istituti sugli appalti, come noto, possono conseguire strascichi anche sotto il profilo contributivo. Tra gli eventuali riscontri degli accertamenti eseguiti dalle amministrazioni previdenziali, si riscontrano spesso omissioni nei versamenti dovuti dagli appaltatori per il personale impiegato. Si tratta di rilievi e pretese che, quando anche circoscritti alla sola responsabilità di chi assume l’appalto, non possono non coinvolgere immediatamente e sotto svariati profili, i rapporti tra quest’ultimo e il committente. Le presunte evasioni dell’appaltatore possono, per esempio, configurare lesioni di espresse clausole del contratto di appalto. In generale, il committente ritiene comunque lesa la fiducia riposta nell’appaltatore, non di rado manifestando da subito la volontà di recedere dall’appalto. Ma specialmente e, di diritto, le richieste di Inps e Inail determinano la necessaria chiamata in causa di chi appalta, quale obbligato in solido dei versamenti di contributi e premi pretesi dagli Istituti. Proprio con riguardo alle conseguenze di ulteriori di ispezioni e accertamenti sulle relazioni contrattuali correnti tra committenti e appaltatori, si pronuncia ora il Tribunale di Milano, con la sentenza 1.07.2024, n. 6596. Nella vicenda, da cui sorge il contenzioso definito dalla decisione, a seguito di un controllo ispettivo, i funzionari ritenevano che l’appaltatore non avesse provveduto in modo corretto ai versamenti di contributi e premi che dovevano essere eseguiti a favore dei propri dipendenti occupati nell’appalto. Con gli atti conclusivi degli accertamenti, pertanto, non solo era stata individuata la misura del ritenuto debito dell’appaltatore, ma il committente era stato chiamato a rispondere in solido di quanto non versato dall’appaltatore in costanza di appalto (art. 29, co. 2, D.lgs. n. 276/2003)
In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.
Nel frattempo, e prima della conclusione dell’accertamento ispettivo, l’appaltatore aveva maturato crediti nei confronti del committente, che quest’ultimo non aveva onorato, malgrado le attività concordate fossero state già pacificamente eseguite. A fronte della chiamata in causa e in solido da parte dell’amministrazione, il committente aveva perciò deciso di rifiutare di versare i compensi già maturati, non avendo avuto prova della soluzione della vertenza tra appaltatore e Istituti. L’appaltatore rilevava come, non solo non fossero in contestazione né gli importi dei compensi maturati, né l’esecuzione e l’adempimento delle prestazioni dell’appalto; ma che, contro le pretese contributive, avesse per di più già provveduto a proporre opposizioni e ricorsi in sede amministrativa, dapprima, e poi in giudizio. Ciò, con l’effetto di inibire agli istituti previdenziali ogni azione di recupero, tanto nei suoi riguardi, quanto di coloro che fossero stati chiamati quali obbligati in solido (art. 24, co. 3-4, D.lgs. n. 46/1999).
Se l’accertamento effettuato dall’ufficio è impugnato davanti all’autorità giudiziaria, l’iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del giudice. In caso di gravame amministrativo contro l’accertamento effettuato dall’ufficio, l’iscrizione a ruolo è eseguita dopo la decisione del competente organo amministrativo e comunque entro i termini di decadenza previsti dall’articolo 25.
Malgrado nel caso, con i contratti di appalto conclusi tra le parti, non si fosse concordata una clausola specifica di inadempimento riferita a omessi versamenti e rivalse contributive, il committente sollevava eccezione ai sensi dell’art. 1460, cod.civ., ritenendo comunque concretata un’ipotesi di inadempimento della prestazione dell’appaltatore. E ciò, secondo la tesi proposta, anche a prescindere dalla circostanza che nel corso del rapporto di appalto, e senz’altro per i periodi oggetto di richiesta di corrispettivo, l’appaltatore potesse vantare un Durc regolare.
Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l’adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto. Tuttavia non può rifiutarsi l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede
Accogliendo la prospettazione del committente, a parere del Tribunale di Milano, nel caso di pretese avanzate dagli Istituti previdenziali che coinvolgano e chiamino in causa i committenti, questi ultimi possono paralizzare le domande e le richieste di corrispettivi, quantunque maturati e non contestati, dell’appaltatore, proprio a mente della previsione dell’art. 1460 cod.civ., quale forma di inadempimento dell’appaltatore stesso. Per la sentenza n. 6596/2024, tale eccezione appare fondata anche nel caso in cui non sia concesso che gli Istituti portino a esecuzione i propri recuperi, poiché già pendenti contenziosi nei loro confronti.
Tribunale di Milano, sentenza n. 6596 del 01/07/2024
Non vi è dubbio che nei casi come quello oggetto di causa in cui il committente dimostra di aver ricevuto la notifica di un verbale di accertamento, che lo espone quale responsabile solidale ex art. 29 al pagamento di oneri previdenziali o contributivi che l’appaltatore non prova di aver pagato per i dipendenti occupati nell’esecuzione dell’appalto, ben può fondatamente il committente invocare il disposto dell’art. 1460 c.c. per paralizzare la domanda di pagamento del prezzo dell’appalto.