Mentre lo scriviamo viene da sorridere.
Sì, come quando ci si sente impotenti di fronte agli eventi avversi e si diventa autoironici. La storia la conosciamo tutti, ma vale la pena ripercorrerla.
Lo Stato concede alle imprese delle agevolazioni contributive per l’assunzione di giovani a tempo indeterminato, bene!
Come noto, sono previsti ulteriori requisiti per fare lecitamente accesso alle agevolazioni in esame, e anche qui nulla da dire. Sempre lo Stato dispone, in caso di fruizione indebita delle suddette agevolazioni, il pagamento dei contributi non versati in precedenza unitamente alle relative sanzioni, meno bene, ma comprensibile.
A capo dell’amministrazione di questi fondi pubblici troviamo l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, e ancora una volta “Bene!”, non si poteva fare scelta migliore. D’altronde l’Inps possiede una banca dati vastissima, per tale ragione è certamente l’ente più idoneo ad individuare i requisiti richiesti dalla norma.
Tanto è vero che fin dalla nascita di questa agevolazione l’Istituto ha messo a punto una specifica utility in cui è possibile recuperare l’informazione del tempo indeterminato, e così accedere serenamente ai finanziamenti pubblici. Certo, l’esito della utility non ha carattere certificativo, e questo ci rende un po’ meno sereni, ma d’altra parte per risparmiare sul costo del lavoro e agevolare la stabilizzazione delle assunzioni, che a nostro avviso dovrebbe essere una scelta da premiare a prescindere dal passato lavorativo di ogni soggetto, non vi è altra soluzione che affidarsi agli strumenti esistenti. Oggi, come qualche mese fa, vorremmo soffermarci nuovamente sul sistema messo a disposizione dell’utenza, portando all’attenzione di tutti i soggetti coinvolti quanto il meccanismo del controllo, seppure apprezzabile, sia tuttavia traballante: l’utility non è certificativa ed il lavoratore in questione potrebbe in buona fede dichiarare dati non corretti.
È vero che l’Inps possiede tutte le informazioni utili al caso, ma è altrettanto vero che le stesse non sono aggiornate in tempo reale. Per meglio dire le indicazioni presenti nell’utility potrebbero risultare disallineate a seconda delle tempistiche di interrogazione del sistema. Ciò detto è fondamentale che l’Istituto si orienti verso controlli il più possibile rapidi che scongiurino quindi il rischio di applicare un’agevolazione che col tempo si riveli non spettante. A tal proposito il focus deve necessariamente ancora una volta orientarsi sulla tempestività delle verifiche amministrative, anche in ragione del fatto che nelle ultime settime molte aziende sono state oggetto di controlli da parte della vigilanza documentale sull’agevolazione UNDER 36 e probabilmente saranno costrette a riversare all’Inps migliaia e migliaia di euro di sanzioni dato che in questo particolare periodo storico il livello dei tassi di interessi ha raggiunto margini assai elevati, e per i casi di omesso versamento contributivo, quale è considerato quello legato all’agevolazione in esame, oggi siamo a più 10 punti percentuali su base annua fino ad un massimo del 40 per cento.
Il tutto ci impone di provare ad indicare suggerimenti o spunti non solo per un miglioramento degli strumenti oggi a disposizione dell’utenza, ma anche per sensibilizzare l’Inps affinché valuti la possibilità di trovare soluzioni più eque e razionali.
La prima esigenza che ci sentiamo di avanzare è la necessità di eseguire controlli più rapidi da parte dell’Istituto: attendere fino a cinque anni per recapitare un avviso di accertamento determina un esborso economico che anziché incentivare il lavoro a tempo indeterminato, non solo lo frena, ma addirittura lo demonizza. D’istinto verrebbe voglia di smettere di applicare questa agevolazione per evitare, qualora disconosciuta, di riversare somme che potrebbero poi rivelarsi molto più elevate di quelle a costo pieno.
Il secondo punto di attenzione è collegato al primo. I ritardi negli accertamenti determinano un aumento del valore delle sanzioni del tutto irrazionale vista l’onerosità generata dagli attuali tassi di interesse: ora, se l’Inps fosse in grado di eseguire controlli rapidissimi, a tre o sei mesi dall’attivazione del beneficio, forse, e ribadiamo forse, l’applicazione di sanzioni così onerose, seppure oggettivamente eccessive, potrebbe ancora mantenere una parvenza di logicità, ma qualora l’Istituto non sia in condizione di garantire controlli veloci allora è opportuno chiedere che venga vagliata la possibilità dell’applicazione della sanzione civile senza la maggiorazione dei 5,5 punti percentuali ordinariamente previsti. A ben riflettere, date le premesse di cui sopra, non sembra di trovarsi tanto distanti dal concetto che in diritto tributario è definito incertezza normativa oggettiva: in tale contesto il contribuente è tenuto indenne dalle sanzioni ogni qual volta la violazione è determinata da condizioni di incertezza sulla portata della norma e sull’ambito di applicazione della stessa. Perciò nell’attesa e nella speranza che il legislatore modifichi strutturalmente la Legge 23 dicembre 2000, n. 388 proporremmo di applicare in questi casi la riduzione delle sanzioni civili ex articolo 116, comma 15 ammettendo quale criterio anche l’incertezza oggettiva derivante dall’assenza di strumenti certificativi, considerando anche la buona fede di chi applica lo sgravio.
Si ricorda infatti che la norma citata dispone al comma 15, lettera a): “15. Fermo restando l’integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali, i consigli di amministrazione degli enti impositori, sulla base di apposite direttive emanate dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica fissano criteri e modalità per la riduzione delle sanzioni civili di cui al comma 8 fino alla misura degli interessi legali, nei seguenti casi:
a) nei casi di mancato e ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa in relazione alla particolare rilevanza delle incertezze interpretative che hanno dato luogo alla inadempienza e nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, derivanti da fatto doloso del terzo denunciato, entro il termine di cui all’articolo 124, primo comma, del codice penale, all’autorità giudiziaria;”.
Pertanto, riteniamo più che sensato proporre all’Istituto una valutazione seria e attenta sull’entità delle attuali sanzioni applicate, anche perché di certo e certificato qui c’è solo l’avviso di recupero, dove non è neppure specificata la violazione commessa, ma riportato il solo dettato normativo dei requisiti richiesti e una generica affermazione di averne violato uno di quelli elencati.
Va bene pagare per gli errori commessi ma sarebbe possibile almeno sapere qual è l’errore? Giusto per far meglio la prossima volta! Inoltre, sarebbe opportuno che l’Istituto garantisse una condotta quanto più possibile univoca tra le varie sedi territoriali al fine di scongiurare il rischio di un’indebita fruizione dell’agevolazione in parola.
Nel caso in cui l’interrogazione dell’utility e la dichiarazione del lavoratore lasciano dubbi circa la presenza dei requisiti per accedere al beneficio, chiediamo che la sede Inps territorialmente competente, se interpellata tramite cassetto bidirezionale, sia disponibile ad effettuare verifiche puntuali e specifiche per dirimere le incertezze sulla presenza o meno dei requisiti, senza sottrarsi alla richiesta limitandosi a citare le circolari in materia, perché tale condotta, evidentemente, oltre a non portare a nulla, appare del tutto inadeguata da parte di una pubblica amministrazione.
Non si pretende certo di ricevere in chiaro eventuali dati di precedenti datori di lavoro, gli stessi potranno essere restituiti dall’Inps in forma criptata.
Volendo poi osservare la vicenda da un altro punto di vista, anziché soffermarsi sul miglioramento dei dati contenuti nell’utility, si potrebbe puntare sul miglioramento dell’attuale estratto contributivo del dipendente, immaginandolo arricchito ad esempio dell’informazione sulla tipologia del contratto di lavoro e/o sulla qualifica Uniemens; è vero che queste indicazioni potrebbero essere oggetto di errori non certamente imputabili all’Istituto, ma consentirebbero di vagliare con più attenzione e con controlli mirati il singolo caso. Qualora neppure questa ipotesi possa trovare accoglimento si potrebbe valutare il riconoscimento dello sgravio a posteriori. Sotto forma di rimborso in F24, solo dopo attenta verifica dell’Inps stesso s’intende! Questo porterebbe anche ad un altro vantaggio che talvolta viene trascurato, la possibilità di compensare i contributi eccedenti anche per il personale cessato. È evidente che questa ipotesi è pensata come alternativa allo sgravio mensile attualmente vigente.
È vero, il recupero dei maggiori contributi non sarebbe contestuale, ma ipotizzando un recupero a sei mesi potrebbe non essere un’opzione così disagevole. Dato tutto ciò vorremmo chiudere con un’ultima semplificazione: non occorre, davvero, non occorre “riempire le tasche” alle imprese con sedicenti, complicate e insidiose agevolazioni contributive, è sufficiente abbassare il costo del lavoro, ad esempio riducendo genericamente e senza troppe complicazioni il valore delle aliquote contributive a carico delle aziende, sarebbe davvero già tanto pensare a strumenti chiari, facili e certi per calmierare gli ingenti esborsi economici che le imprese ed i datori di lavoro tutti devono sostenere per garantire ai propri collaboratori l’occupazione e una retribuzione dignitosa.