LA SORVEGLIANZA SANITARIA NUOVI OBBLIGHI E VECCHI ADEMPIMENTI: adempimenti in capo alle aziende sempre più pesanti. Interpello della 1° e 2° Commissione Interpelli

Nina Catizone, Consulente del lavoro in Torino 

Non è un caso che la Commissione Interpelli del Ministero del Lavoro si sia tanto occupata ultimamente della sorveglianza sanitaria sui lavoratori e degli obblighi del medico competente. Il fatto è che la disciplina dettata in materia dal D.Lgs. n. 81/2008 sta creando alle imprese problemi quanto mai ostici.

L’Interpello n. 1 del 1° febbraio 2023 risponde a un quesito di grande attualità per le imprese: i lavoratori agili debbono essere sottoposti a sorveglianza sanitaria? Ben due sono le conclusioni formulate dalla Commissione Interpelli. La prima, desunta dall’art. 39, D.lgs. n. 81/2008, è che il datore di lavoro può nominare più medici competenti, individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento, per particolari esigenze organizzative nei casi di aziende con più unità produttive, nei casi di gruppi di imprese nonché qualora emerga la necessità in relazione alla valutazione dei rischi. Con l’avvertenza che, in questa ipotesi, ogni medico competente verrà ad assumere tutti gli obblighi e le responsabilità in materia ai sensi della normativa vigente. E tra tali obblighi fa spicco quello di effettuare la sorveglianza sanitaria nei casi previsti dall’art. 41, D.Lgs. n. 81/2008.

Seconda conclusione, destinata a sgomentare quanti in tempo di Covid hanno ritenuto e ancora oggi ritengono ingiustificato l’aggiornamento del D.V.R. in relazione al rischio associato all’infezione, salvo il caso degli ambienti di lavoro sanitario o socio-sanitario o qualora il rischio biologico sia un rischio di natura professionale, già presente nel contesto espositivo dell’azienda. Tanto è vero che ad avviso della Commissione Interpelli dovrà essere cura del datore di lavoro rielaborare il documento di valutazione dei rischi nei casi di cui all’art. 29, comma 3, del D.lgs. n. 81/2008.

Del pari illuminante è l’Interpello n. 2 del 14 marzo 2023. Il quesito è se il combinato disposto degli artt. 25, comma 1, lettera a), 18, comma 1, lettera a), e 29, comma 1, del D.lgs. n. 81/2008 determini l’obbligo per il datore di lavoro di procedere in tutte le aziende alla nomina preventiva del medico competente al fine del suo coinvolgimento nella valutazione dei rischi, anche nelle situazioni in cui la valutazione dei rischi non abbia evidenziato l’obbligo di sorveglianza sanitaria. E questa è la risposta: “la nomina del medico competente è obbligatoria per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dall’art. 41, D.lgs. n. 81/2008 e, pertanto, il MC collabora, se nominato, alla valutazione dei rischi di cui all’art. 17, comma 1, lettera a), D.lgs. n. 81/2008”.

A questo punto, dobbiamo renderci conto dei seri problemi che le imprese sono chiamate ad affrontare. E il primo problema nasce dal fatto -implacabilmente confermato dalla Commissione Interpelli- che il medico competente è presente in azienda a condizione che venga nominato dal datore di lavoro. E in linea con quanto statuiscono più norme del D.lgs. n. 81/2008 (come gli artt. 2, comma 1, lettera b-bis), 25, comma 1, lettere b) e h), 29), il datore di lavoro ha l’obbligo di nominare il medico competente nei casi di sorveglianza sanitaria indicati dall’art. 41, in particolare nel comma 1, alle lettere a) e b): “a) nei casi previsti dalla normativa vigente, nonché dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all’articolo 6; b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi”.

Donde una conclusione dirompente. L’art. 5 Statuto dei Lavoratori vieta gli accertamenti sanitari sui lavoratori da parte del datore di lavoro, e a questo divieto deroga l’art. 41, comma 1, D.lgs. n. 81/2008, norma dunque applicabile ai soli casi espressamente e tassativamente previsti. Al di fuori di tali casi, l’unica strada percorribile è quella del controllo sanitario sull’idoneità affidato, non già al medico competente nominato dal datore di lavoro, bensì al medico pubblico nel rispetto del comma 3 dell’art. 5 Statuto dei Lavoratori. Ne consegue un’implicazione destinata a mettere in difficoltà tutte le imprese. Basti riflettere  che il datore di lavoro è tenuto a redigere una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa (art. 28, comma 2, lettera a), D.lgs. n. 81/2008), e, dunque, in primo luogo, ad individuare tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda. Ma ove e sino a quando non identifichi uno o più rischi riconducibili nell’ambito dell’art. 41, comma 1, D.lgs. n. 81/2008, non risulta obbligato, né legittimato, a nominare quel medico competente la cui collaborazione pur gli sarebbe necessaria per identificare siffatti rischi.

Si comprende allora che gli Interpelli nn. 1/2023 e n. 2/2023, pur ineccepibili, abbandonano le imprese in un dramma originato dalla scelta operata nel D.lgs. n. 81/2008 mediante la limitazione della sorveglianza sanitaria del medico competente alle ipotesi di cui all’art. 41. Riflettiamo, infatti, sui casi non riconducibili nell’art. 41 D.lgs. n. 81/2008, e dunque sui casi in cui l’unica strada percorribile è quella del controllo affidato al medico pubblico. Non per nulla allarma tanto le aziende, per fare un solo esempio, un caso come quello del lavoratore che sembri manifestare disturbi psichici. Solo che la strada del medico pubblico non sempre appare agevolmente e rapidamente percorribile, con il risultato di lasciare le aziende in preda a possibili responsabilità anche penali. Tanto più che il TUSL circoscrive, è vero, la presenza del medico competente, e, dunque, la sua sorveglianza sanitaria, ai soli casi di cui all’art. 41. Ma nel contempo stabilisce a carico del datore di lavoro (e del dirigente) l’obbligo di garantire l’idoneità del lavoratore all’espletamento dei compiti affidati a ciascuno. Leggiamo, infatti, una norma fondamentale, ma da non pochi trascurata, quale l’art. 18, comma 1, lettera c), D.lgs. n. 81/2008: “nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza”. Diverse sono le ipotizzabili modalità di adempimento degli obblighi ma comune l’obiettivo di assicurare che il lavoratore sia in condizioni che permettano lo svolgimento in sicurezza dell’attività lavorativa” (come da tempo dice la Corte di Cassazione). Ed è evidente che tra queste modalità è determinante proprio la sorveglianza sanitaria.

Non per nulla, una risalente Circolare del Ministero del Lavoro, la n. 3/2017, proprio in base all’art. 18, comma 1, lettera c), D.lgs. n. 81/2008, si propose di rendere obbligatoria la sorveglianza sanitaria da parte del medico competente al di fuori dei casi espressamente e tassativamente previsti nell’art. 41 D.lgs. n. 81/2008. A questo fine, la Circolare tentò un distinguo tra “tutti i casi in cui la normativa vigente prevede l’obbligo della sorveglianza sanitaria” e “i casi in cui si debba valutare lo stato di salute del lavoratore, al fine dell’affidamento dei compiti specifici, che non dipendono dai rischi presenti nell’ambiente di lavoro, ma dalla capacità del lavoratore stesso di svolgerli (es. lavori in quota, lavori in sotterraneo o in ambienti chiusi in genere, lavori subacquei, ecc.)”. E con riguardo alla prima categoria di casi, indicò la violazione dell’art. 18, comma 1, lettera g), D.lgs. n. 81/2008, mentre con riguardo alla seconda categoria indicò la violazione dell’art. 18, comma 1, lettera c), D.lgs. n. 81/2008.

Certo, lo abbiamo appena sottolineato, l’art. 18, comma 1, lettera c), D.lgs. n. 81/2008 contiene una norma di basilare rilievo. E tuttavia una norma di per sé inidonea a rendere obbligatoria la sorveglianza sanitaria da parte del medico competente al di fuori dei casi espressamente e tassativamente previsti nell’art. 41, comma 1, D.lgs. n. 81/2008. Beninteso, sarebbe aprioristico negare che lo stesso medico competente -ove comunque presente in quanto nominato- segnali al datore di lavoro l’esigenza di un ricorso al medico pubblico, ove s’imbatta in un’ipotesi in cui occorra verificare l’idoneità di un lavoratore al di fuori dei casi indicati dall’art. 41, D.lgs. n. 81/2008. Ma si sa che una circolare non può modificare una norma di legge.


Scarica l'articolo