LA RIFORMA DEL LAVORO SPORTIVO a tutela della sicurezza

Nina Catizone, Consulente del Lavoro in Torino

Tutt’altro che facile, al di là delle apparenze, è comprendere se e come nel quadro della riforma del lavoro sportivo siano protette la sicurezza e la salute dei lavoratori sportivi dal D.lgs. 29 agosto 2023, n. 120, contenente “disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 28 febbraio 2021, nn. 36, 37, 38, 39 e 40”. Si tratta di un quesito che dobbiamo affrontare sulla scorta degli artt. 32 e 33, D.lgs. n. 36/2021. L’art. 32, intitolato “controlli sanitari dei lavoratori sportivi”, si occupa nei primi sei commi dei “lavoratori sportivi di cui all’art. 25”. Dal suo canto, l’art. 33 è intitolato “sicurezza dei lavoratori sportivi e dei minori”. E per fortuna, si è provveduto a correggere l’originario art. 32, comma 2, nel punto in cui si richiamava il D.lgs. n. 81/2008 con il nome di “decreto legislativo 30 maggio 2018, n. 81”.

La norma più impegnativa è quella dettata dal nuovo art. 33, comma 1, D.lgs. n. 36/2021: “per tutto quanto non regolato dal presente decreto, ai lavoratori sportivi si applicano le vigenti disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in quanto compatibili con le modalità della prestazione sportiva”. Dove naturalmente tra le vigenti disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, assume un ruolo determinane, pur se non esclusivo, il D.lgs. n. 81/2008. Solo che il TUSL si applica, sì, ma a due condizioni. La prima è che non si tratti di aspetti regolati dal D.lgs. n. 36/2021, ma ancor più dirompente -al di là dei primi superficiali commenti finora pubblicati- potrebbe essere la seconda: che la disposizione del TUSL risulti compatibile con le modalità della prestazione sportiva.

È subito il caso di notare che si tratta di una compatibilità in qualche modo affiorata già in alcune precedenti pronunce giurisprudenziali attinenti alla responsabilità penale per la morte o la lesione di un atleta o di un terzo nel mondo dello sport: ad esempio, in Cass., 26 maggio 2015, n. 22037 (“l’attività sportiva del gioco del calcio -benché non assimilabile alle discipline qualificabili come sport estremi, ovvero all’automobilismo od al motociclismo od all’alpinismo- è comunque attività pericolosa, in ragione dei coessenziali rischi per l’incolumità fisica dei giocatori dalla stessa derivanti”), o in Cass., 28 febbraio 2018, n. 9160 (“il responsabile di una società sportiva, che ha la disponibilità di impianti ed attrezzature per l’esercizio delle attività e discipline sportive, è tenuto a garantire l’incolumità fisica degli utenti e ad adottare quelle cautele idonee ad impedire il superamento dei limiti di rischio connaturati alla normale pratica sportiva”). Certo è, a nostro avviso, che la compatibilità con le modalità della prestazione sportiva non può dipendere da valutazioni arbitrarie e aprioristiche. Ecco perché riteniamo irrinunciabile una guardinga valutazione dei rischi, e, dunque, quell’obbligo indelegabilmente posto a carico del datore di lavoro dagli artt. 17 e 28, D.lgs. n. 81/2008 di analizzare i rischi e di individuare le misure di prevenzione contro tali rischi. Una valutazione che nel nostro caso dovrà motivare l’eventuale inadempimento di una misura preventiva o protettiva in quanto incompatibile con le modalità della prestazione sportiva e che non potrà non essere soggetta a un vaglio critico da parte dell’organo di vigilanza e del magistrato. Non dimentichiamo mai quell’insegnamento impartito dalla ormai celebre sentenza sulla nube tossica del 12 luglio 2023, n. 30175, ove si afferma “la responsabilità del datore di lavoro quando, per un errore nell’analisi dei rischi o nell’identificazione di misure adeguate, non sia stata adottata idonea misura di prevenzione”. E non dimentichiamo quel che pone in luce Cass., 13 dicembre 2019, n. 50427 nel confermare la condanna  dell’amministratore delegato di una s.p.a. esercente piste da sci: “il gestore ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti sulla pista di slittino, avuto riguardo ai luoghi in cui essa è ubicata e alla casistica concretamente verificabile in relazione all’utilizzo della pista medesima, e deve adottare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione per tutelare la salute e fa la sicurezza degli utenti”.

Di notevole rilievo è, altresì, l’apposita disciplina dettata dagli artt. 32 e 33, D.lgs. n. 36/2021 in tema di sorveglianza sanitaria. Quanto ai lavoratori sportivi, contempla, sì, l’adozione di un apposito decreto che disciplini i controlli medici nei loro confronti e la possibile istituzione di un’apposita scheda sanitaria, ma intanto si preoccupa di far “salvi gli obblighi di cui all’art. 41, D.lgs. n. 81/2008”, e dispone che “l’idoneità alla mansione, ove non riferita all’esercizio dell’attività sportiva, sia rilasciata dal medico competente, il quale utilizza la certificazione rilasciata dal medico sportivo”. Dove il legislatore, facendo salvi gli obblighi di cui all’art. 41, D.lgs. n. 81/2008, richiama per forza di cose le nuove norme sulla sorveglianza sanitaria dettate nel D.l. Lavoro convertito dalla Legge 3 luglio 2023, n. 85. Di qui un’implicazione da tenere ben presente: che il datore di lavoro è tenuto a nominare il medico competente anche ai fini della valutazione dei rischi inerenti all’attività sportiva. D’altra parte, ricordiamo che la sorveglianza sanitaria del medico competente è obbligatoria nei casi riconducibili nell’ambito dell’art. 41, comma 1, D.lgs. n. 81/2008, e, pertanto: “a) nei casi previsti dalla normativa vigente, nonché dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all’articolo 6; b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi”. Ne consegue che, facendo salvi con riguardo ai lavoratori sportivi gli obblighi di cui all’art. 41, D.lgs.

n. 81/2008 globalmente richiamato, gli artt. 32 e 33, D.lgs. n. 36/2021 includono l’attività sportiva tra i casi di sorveglianza sanitaria obbligatoria del medico competente. Con una limitazione attinente al giudizio di idoneità. Rilevo, infatti, che l’art. 41, D.lgs. n. 81/2008, al comma 6, obbliga il medico competente ad esprimere per iscritto, sulla base delle risultanze delle visite mediche, un giudizio sull’idoneità del lavoratore visitato alla mansione specifica. Al riguardo, però, l’art. 33, comma 1, secondo periodo, D.lgs. n. 36/2021 conferma che “l’idoneità alla mansione è rilasciata dal medico competente”. Ma esige che non si tratti dell’idoneità riferita all’esercizio dell’attività sportiva, e impone al medico competente di utilizzare la certificazione rilasciata dal medico sportivo.


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