LA REVOCA DELLE DIMISSIONI presentate da neo-genitori

Alberto Borella, Consulente del lavoro in Chiavenna (So)

Con la nota n. 862 del 08.05.2024 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ritorna su una questione già affrontata con le note n. 5296 del 5 giugno 2019, n. 5534 del 13 giugno 2019 e n. 4113 del 26 novembre 2020, ma mai compiutamente disciplinata dal legislatore ovvero la possibilità di revocare le dimissioni rassegnate durate il c.d. periodo protetto. L’art. 26 del D.lgs. n. 151 del 14 settembre 2015 prevede come regola generale che sia le dimissioni che la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro debbano essere presentate, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro, comunicazione che il sistema provvede quindi ad inoltrare al datore di lavoro. Viene comunque previsto che entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo di cui al comma 1 il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale con le medesime modalità. Si tratta di una possibilità prevista dalla legge che prescinde da qualsiasi valutazione di merito o da una indagine sui motivi a monte del cambio di idea del lavoratore. Un ripensamento che, nonostante il breve arco temporale di esercizio della facoltà (7 giorni), comporta di norma un pregiudizio alle possibili scelte imprenditoriali connesse alla cessazione del rapporto con il dimissionario, dato che di fatto si costringe l’azienda a posticipare le proprie valutazioni di una settimana. Per quanto riguarda invece la risoluzione consensuale del rapporto e la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il periodo protetto, vige una procedura diversa che è regolata dall’art. 55, comma 4, del D.lgs. n. 151 del 26 marzo 2001 dove si prevede che sia le dimissioni che la risoluzione consensuale devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro. Come già si è accennato il D.lgs. n. 151/2001 non regolamenta una successiva revoca delle dimissioni rassegnate durante il c.d. periodo protetto. Tantomeno risulta applicabile quanto previsto dell’art. 26 del D.lgs. n. 151/2015 per le dimissioni presentate in via telematica. In questa situazione la Direzione centrale coordinamento giuridico dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nella premessa che le dimissioni costituiscono un atto unilaterale recettizio, la cui efficacia – nella fattispecie di cui all’art. 55, comma 4, del D.lgs. n. 151/2001 – è sospensivamente condizionata al provvedimento di convalida dell’Ispettorato territorialmente competente fornisce riscontro ad alcune richieste di chiarimento concernenti le modalità e le tempistiche relative alle modalità di esercizio della revoca delle dimissioni rassegnate durante il periodo protetto, identificando nello specifico tre diverse casistiche.

1. Dimissioni “cartacee” presentate all’azienda, trasmesse all’Ispettorato Territoriale del Lavoro competente ma non ancora convalidate. In questo caso la nota non rileva ostacoli alla “revoca” delle dimissioni presentate all’azienda. Del resto parliamo di un atto che, in assenza di convalida, risulta ex lege inefficace. Nulla del resto impedisce al lavoratore, nelle more del procedimento, di rinunciare alla convalida semplicemente non presentendosi alla convocazione presso l’Ispettorato del Lavoro. Andrebbe qui invece segnalata e risolta una diversa problematica, che riguarda proprio i tempi del procedimento di convalida che deve concludersi entro 45 giorni dalla richiesta del lavoratore. E già capite che per una azienda dover aspettare fino ad un mese e mezzo per avere la certezza che il rapporto è validamente concluso rappresenta un problema non da poco, anche solo in ottica di ricerca di un sostituto o della valutazione di soluzioni alternative. Chiaramente una situazione fortemente penalizzante per i datori di lavoro.

2. Risoluzione del rapporto già avvenuta a fronte di dimissioni regolarmente convalidate. Parliamo ora di una situazione dove le dimissioni cartacee presentate all’azienda risultano non solo trasmesse all’Ispettorato Territoriale del Lavoro competente ma anche dallo stesso già convalidate. La nota propone un primo distinguo per la circostanza in cui il rapporto risulti già concluso, sostenendo che ove le dimissioni presentate siano state regolarmente convalidate all’esito della verifica della genuinità della scelta compiuta dalla lavoratrice/lavoratore e abbiano prodotto l’effetto della risoluzione del rapporto di lavoro, le stesse non potranno più essere oggetto di revoca unilaterale da parte dell’istante e il rapporto di lavoro potrà riprendere unicamente con il consenso del datore di lavoro. In questi casi, una volta tanto, si tutela la buona fede del datore di lavoro sulla base del fatto che il rapporto risulta già concluso. Eventuali vizi del consenso dovranno essere accertati in sede giudiziaria secondo le regole generali.

3. Risoluzione del rapporto non ancora avvenuta nonostante la presenza di dimissioni regolarmente convalidate. Diversa la situazione ove, al contrario, il rapporto non risultasse già cessato. In questa fattispecie, considerato che a detta dell’INL, non vi sono elementi impeditivi a che le dimissioni siano oggetto di revoca in un momento … successivo alla convalida ma antecedente alla decorrenza delle dimissioni stesse e quindi alla risoluzione del rapporto, nella nota si ritiene possibile la revoca che però dovrà necessariamente transitare da un esame istruttorio da parte dell’Ispettorato che, “valutata attentamente la fondatezza delle motivazioni addotte, provvederà all’annullamento del relativo provvedimento”, e potrà programmare “gli eventuali accertamenti ispettivi a tutela della lavoratrice/del lavoratore interessati, qualora si ritenga che nei confronti degli stessi possano essere stati adottati comportamenti datoriali discriminatori o comunque illeciti”. La posizione espressa nella nota non convince del tutto, in primis riguardo alla asserita assenza, nel caso in esame, di elementi impeditivi a che le dimissioni siano oggetto di revoca. Onestamente si fa fatica a comprendere che differenza faccia il fatto che la revoca avvenga prima o dopo l’effettiva cessazione del rapporto dato che la norma prevede esplicitamente che il provvedimento di convalida da parte della ITL è la condizione di efficacia di un atto unilaterale recettizio. L’iter si conclude proprio con la convalida e non è affatto irrilevante che lo stesso INL riconosca che il D.lgs. n. 151/2001 non regolamenta la revoca delle dimissioni rassegnate durante il periodo protetto. Non lo fa la legge e l’Ispettorato si arroga il potere di disciplinare la fattispecie? La norma, di fatto, lascia aperta la sola possibilità di ricorrere alla tutela giurisdizionale per vizi della volontà (per errore, violenza o dolo) o per incapacità transitoria d’intendere o di volere e l’Ispettorato si attribuisce il diritto di intervento su un atto che ha concluso l’iter previsto dalla legge per considerarlo definitivo? L’Ispettorato ha completato la propria indagine accertando l’atto quale genuino e frutto di una libera scelta del genitore e non, al contrario, imposto dal datore di lavoro per ragioni riguardanti la situazione familiare dell’interessato, ma ne rivendica la competenza a ripetere l’indagine e a rettificare il proprio provvedimento?

Permettetemi di esprimere la mia perplessità sulla legittimità di tutto questo dato che oggi, nei fatti, si prevede con una semplice “nota” il diritto del lavoratore di revocare le dimissioni a convalida avvenuta purché ciò avvenga in un momento antecedente alla decorrenza delle dimissioni come notificata al datore di lavoro. In pratica l’azienda – che pur è in possesso della convalida delle dimissioni firmata dall’Ispettorato e che per questo la legge ne dichiara la piena efficacia – non solo resta ostaggio di quei 45 giorni concessi dalla solita burocrazia all’ITL per procedere alla convalida (rispetto ai 7 giorni concessi al lavoratore per la revoca delle dimissioni ordinarie), ma addirittura, anche a convalida ricevuta, dovrà considerare il rischio di prendere accordi con un eventuale sostituto fino a cessazione del rapporto con il dimissionario. Ma vi è di più. L’Ispettorato ritiene sufficiente per l’annullamento del precedente provvedimento un nuovo esame istruttorio – e vi ricordo che uno lo ha già svolto, dando il proprio via libera, in sede di convalida! – durante il quale valutare attentamente la fondatezza delle motivazioni addotte. Si sostiene infatti che eventuali accertamenti ispettivi a tutela della lavoratrice/del lavoratore interessati, verranno svolti solo qualora si ritenga che nei confronti degli stessi possano essere stati adottati comportamenti datoriali discriminatori o comunque illeciti. In tale contesto sarebbe interessante capire quali motivazioni (non è quindi ammesso un semplice “ho cambiato idea”) l’Ispettorato considererà sufficienti per emettere un provvedimento di revoca. Difficile che possa riferirsi ad una accertata incapacità transitoria d’intendere o di volere sia perché ha già ascoltato la lavoratrice in prima istanza (nessuno si è accorto a suo tempo di una incapacità e si vuole sostenerne la sussistenza a distanza di tempo?) ma anche perché, per il principio della vicinanza della prova, spetta alla stessa dimostrare tale incapacità, non essendo possibile basarsi esclusivamente sulle dichiarazioni della lavoratrice. Più probabile quindi che si farà riferimento ai classici vizi della volontà. Escludiamo da subito il dolo che nulla ci azzecca con le rassegnate dimissioni. Così come è da escludere la possibilità di un errore sulla portata delle proprie azioni, salvo che il funzionario della ITL non abbia evidentemente svolto al meglio il proprio compito in sede di convalida. Rimane solo l’accertamento di una violenza che però presuppone venga provata a suo tempo una costrizione di tipo morale e/o psichico concretizzatasi nella minaccia di un male notevole e ingiusto, coercizione da parte datoriale che oggi sarebbe cessata per i più svariati motivi. Ma se rimane solo l’ipotesi violenza perché parlare di eventuali accertamenti? Per concludere non può non essere sottolineata la palese differenza tra la revoca delle dimissioni “normali”, che di fatto sono una autonoma manifestazione di volontà del lavoratore con il solo onere di transitare per la procedura telematica, e la revoca delle dimissioni presentate nel periodo protetto quale atto finale di un procedimento amministrativo, prevedente l’intervento di un organo terzo la cui decisione impatta su un altro soggetto, l’azienda, che sta legittimamente confidando della validità del recesso. Si auspica quantomeno che, per i motivi esposti, il provvedimento di revoca di cui discutiamo contenga una rigorosa e puntuale motivazione, oltre all’indicazione dell’organo a cui poter ricorrere.


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