La Proposta del Mese – RIFORMA DEL LAVORO SPORTIVO. BENE MA SI POTEVA FARE MEGLIO!

Bruno Olivieri, Consulente del Lavoro in Pescara

E non è necessario perdersi in astruse strategie, tu lo sai, può ancora vincere chi ha il coraggio delle idee. (R. Zero, “Il coraggio delle idee”)

Dopo l’emanazione della Legge 23 marzo 1981, n. 91, che ha per la prima volta ha disciplinato il lavoro sportivo nel settore professionistico, e del D.M. 15 marzo 2005, che ha ampliato la platea dei lavoratori (sportivi) destinatari delle tutele assicurative e previdenziali finanziate con l’obbligo di contribuzione alla gestione FPLS (gestione ex Enpals ), con l’entrata in vigore del D.lgs. n. 36 del 28 febbraio 2021 si posa un’altra pietra miliare in tema di lavoro sportivo giacché il 1° luglio 2023 sancisce l’entrata in vigore di una rinnovata disciplina normativa con cui il lavoro nel settore dilettantistico trova la sua prima vera qualificazione normativa. La suspense indotta dall’avvento della riforma e dai cambiamenti che ne sarebbero derivati è stata tanta, intensa (nei pro e nei contro), alimentata da un lungo e “tecnicamente” travagliato percorso di riqualificazione dell’intero settore sportivo (non solo in ambito lavoristico) intrapreso con l’emanazione della Legge delega 8 agosto 2019, n. 86, attuata attraverso 5 decreti attuativi, di cui il D.lgs. n. 36 del 28 febbraio 2021 specificamente dedicato alla riforma del lavoro sportivo. Che il settore sportivo avesse bisogno di un “riordino” era cosa nota. Questa esigenza è emersa in modo più impellente nel periodo post pandemia da Covid19 in cui i dati rilevati dalla richiesta di bonus e una tantum ha dato (concreta) contezza non solo di quanti operatori sportivi “attivi” ci fossero nel settore dilettantistico ma soprattutto di quanti svolgessero quell’attività come lavoro e non come mero passatempo o per mera passione, ovvero fossero dei veri e propri lavoratori degni della rispettiva tutela. Inoltre, come accennato, la riforma è stata occasione per dare finalmente un nome e un volto al lavoro nel settore dilettantistico, superandone la dicotomia con il settore professionistico e soprattutto ridefinendo il concetto di professionalità sulla base della “qualità” (qualificazione) e non solo della “quantità” (abitualità) della prestazione resa. Bene ma si poteva fare meglio! Una riforma del lavoro sportivo sostanzialmente positiva per gli anzidetti motivi, ma che, viste le tante proroghe che si sono succedute per la sua effettiva operatività, a mio modesto parere, doveva tecnicamente concretizzarsi, oltre che in un organico convogliamento della previgente disciplina normativa nel nuovo testo di legge, soprattutto in un più funzionale coordinamento tra regolamentazione tecnica (delle Federazioni) e quella giuslavoristica, riducendo al minimo tanti dubbi che la riforma ad oggi, ad oltre un anno dalla sua entrata in vigore, si porta dietro, lasciando spazio ancora a tanti dubbi e incertezze. Nei contributi forniti nella rubrica “la proposta del mese” si è soliti formulare un’idea di come si debba modificare una disposizione scopo a cui ci atterremo nel finale, senza presunzione ma con mero spirito costruttivo. Nella consapevolezza che le questioni affrontate riguardino complessità di natura non meramente tecnica, chi scrive ha ritenuto utile nel contempo fare luce su alcune zone d’ombra.

LA QUALIFICAZIONE DI “NECESSITÀ” DELLE MANSIONI DELIBERATE DALLE FEDERAZIONI

L’art. 25 del D.lgs. n. 36/2021 definisce lavoratore sportivo, indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico:

• l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che (…) esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo a favore di un soggetto dell’ordinamento sportivo iscritto nel Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche, nonché a favore delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate, degli Enti di promozione sportiva, delle associazioni benemerite, anche paralimpici, del CONI, del CIP e di Sport e salute S.p.a. o di altro soggetto tesserato;

• ogni altro tesserato, ai sensi dell’articolo 15, che svolge verso un corrispettivo a favore dei soggetti di cui al primo periodo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti tecnici della singola disciplina sportiva, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva. In relazione alla prima categoria nulla da aggiungere, il testo normativo è molto chiaro facendo riferimento a tutti i soggetti in possesso di una qualifica tecnica riconosciuta nell’ordinamento sportivo. In relazione alla seconda categoria la qualifica “sportiva” del lavoratore fa riferimento a due requisiti imprescindibili: 1. il tesseramento ex art. 15 del D.lgs. n. 36/2021, quale atto formale con il quale la persona fisica diviene soggetto dell’ordinamento sportivo ed è autorizzata a svolgere attività sportiva con una associazione o società sportiva; 2. lo svolgimento di mansioni qualificate come necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, sulla base dei regolamenti tecnici della singola disciplina sportiva, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva. Sulla regolamentazione delle “mansioni necessarie” il D.lgs. n. 120/2023 (correttivo bis) interviene inserendo il nuovo comma 1 ter dell’art. 25 del D.lgs. n. 36/2021, che dispone quanto segue: Le mansioni necessarie (..) per lo svolgimento di attività sportiva, sono approvate con decreto dell’Autorità di Governo delegata in materia di sport, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali (e rese note con) elenco tenuto dal Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri e include le mansioni svolte dalle figure che, in base ai regolamenti tecnici delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate, anche paralimpiche, sono necessarie per lo svolgimento delle singole discipline sportive e sono comunicate al Dipartimento per lo sport, attraverso il CONI e il CIP per gli ambiti di rispettiva competenza, entro il 31 dicembre di ciascun anno. In mancanza, si intendono confermate le mansioni dell’anno precedente. Come si evince chiaramente dal testo normativo, viene data piena discrezionalità alle Federazioni Sportive Nazionali e Discipline Sportive Associate, anche paralimpiche (escludendo gli Enti di promozione sportiva) di definire il profilo di “necessità” senza specifici criteri tecnici di riferimento, con il risultato di una grande eterogeneità negli elenchi finora approvati per specifica disciplina sportiva (primo elenco pubblicato il 26 gennaio 2024 con successivo aggiornamento del 25 giugno 2024), quindi con una qualificazione di “indispensabilità tecnica” valutata su parametri del tutto soggettivi. Ora l’intento non è quello di entrare nel merito della “mansione” deliberata e sull’indispensabilità di quella prestazione, ma di comprendere se l’elencazione abbia presunzione relativa o assoluta nella qualificazione giuridica di un rapporto lavorativo, visto che l’elencazione è dirimente nella qualificazione di lavoratore sportivo ai sensi dell’art. 25 e della conseguente applicabilità dello specifico impianto normativo, anche sotto il profilo impositivo e delle tutele, previsto dal D.lgs. n. 36/2021. Riterrei irrilevante la questione sulle mansioni ontologicamente sportive, mentre qualche riflessione in più la farei su quelle “sportive per destinazione” e non per naturale fattezza, ad esempio quella dei meccanici, laddove la stessa fosse oggetto di un rapporto di lavoro autonomo, anche nella forma delle collaborazioni coordinate e continuative.

LA QUESTIONE DEI MAESTRI DI SCI E DEGLI ISTRUTTORI PROFESSIONALI DI VELA

 L’art. 25, c. 1 del D.lgs. n. 36/2021 esclude esplicitamente dal novero dei lavoratori sportivi coloro che forniscono prestazioni nell’ambito di una professione la cui abilitazione professionale è rilasciata al di fuori dell’ordinamento sportivo e per il cui esercizio devono essere iscritti in appositi albi o elenchi tenuti dai rispettivi ordini professionali. La formulazione dell’ultimo periodo del suddetto comma ha fatto emergere non poche perplessità, ad oggi ancora presenti, sulla qualificazione dei maestri di sci e degli istruttori professionali di vela che sono gli unici operatori sportivi con un albo professionale istituito per legge, rispettivamente ai sensi della Legge n. 81 dell’8 marzo 1991 (principi fondamentali per la legislazione delle regioni in materia di ordinamento della professione di maestro di sci) e degli articoli 49 quinquies e sexies del D.lgs. n. 171/2005 (codice della nautica – Istruttore professionale di vela):

• Art. 3, L. n. 81/1991 L’esercizio della professione di maestro di sci è subordinata alla iscrizione in appositi albi professionali regionali tenuti, sotto la vigilanza della regione, dal rispettivo collegio regionale dei maestri di sci;

• Art. 49 quinquies, c. 2, D.lgs. n. 171/2005 L’iscrizione e la permanenza nell’elenco nazionale degli istruttori professionali di vela di cui all’articolo 49-sexies è condizione per l’esercizio della professione e per l’uso del titolo. Entrando nel merito del contenuto della loro prestazione, la loro “professionalità” si concretizza nelle seguenti specifiche competenze:

• Art. 2, L. n. 81/1991 È maestro di sci chi insegna professionalmente, anche in modo non esclusivo e non continuativo, a persone singole ed a gruppi di persone, le tecniche sciistiche in tutte le loro specializzazioni;

• Art. 49 quinquies È istruttore professionale di vela colui che, in cambio di un corrispettivo o una retribuzione, insegna le diverse tecniche della navigazione a vela e istruisce alla pratica velica nelle acque marittime e in quelle interne anche per la preparazione dei candidati agli esami per il conseguimento delle patenti nautiche. Nell’ambito dello sci esiste una netta differenziazione tra attività di insegnamento (attività ordinistica riservata ai maestri di sci) e quella di insegnamento della tecnica, della preparazione demandata, invece, all’allenatore di sci, professione regolamentata dalla Federazione Sportiva di riferimento (in particolare dal regolamento per la Scuola Tecnici Federali di Sci Alpino di emanazione esclusiva della FISI). Diversamente per l’istruttore di vela l’attività di insegnamento “pratico” costituisce attività ordinistica insieme a quello “accademico”. Detto ciò, preso anche atto di quella che è l’oggetto della specifica disciplina “ordinistica” delle suddette professioni, il nocciolo della questione sta nel valutare se, nella sostanza, la loro abilitazione debba o meno essere considerata al di fuori dell’ordinamento sportivo, quindi, se possano o meno essere qualificati come lavoratori sportivi ai sensi dell’art. 25 del D.lgs. n. 36/2021.

Al momento non abbiamo “fondata” certezza, ma di certo, nel dover valutare l’appartenenza del maestro di sci all’ordinamento sportivo, non potremmo non tenere in considerazione il fatto che il regolamento per la Scuola Tecnici Federali di Sci Alpino richiede appunto il titolo di “maestro” quale prerequisito per ottenere l’attestato di Idoneità di Allenatore di I Livello, e che quindi non esista una simbiotica connessione tra qualifica professionale e disciplina sportiva tecnicamente intesa. Pertanto, non ci si può che augurare che arrivi presto un chiarimento a riguardo, a supporto di maggiore certezza nell’inquadramento contrattuale e contributivo dei suddetti lavoratori.

LA “VARIEGATA” GESTIONE CONTRIBUTIVA DEI DIPENDENTI DEGLI ENTI SPORTIVI

Altra importante novità introdotta con l’entrata in vigore del D.lgs. n. 36/2021 riguarda l’inquadramento contributivo dei lavoratori sportivi subordinati che, dal 1° luglio 2023, sono iscritti, indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, al Fondo Pensione dei Lavoratori Sportivi che si sostituisce al previgente Fondo Pensione Sportivi Professionisti (afferente al FPLS gestione ex Enpals). Un enorme passo in avanti giacché sancisce la nascita di una specifica gestione contributiva per i lavoratori sportivi subordinati (non più in “comodato” presso la gestione ex ENPALS), competente dell’erogazione delle prestazioni per le tutele previste dai commi da 2 a 5 dell’art. 33 c. e dal c. 1 dell’art. 35 del D.lgs. n. 36/2021. Resta tuttavia da sottolineare che le suddette disposizioni si applicano unicamente ai lavoratori subordinati con qualifica sportiva, escludendo, quindi dalla gestione Fondo Pensione dei Lavoratori Sportivi tutti i lavoratori dipendenti che svolgono mansioni “complementari” allo svolgimento della disciplina sportiva che quindi continuano ad essere inquadrati nella gestione ex Enpals. Si definiscono complementari le prestazioni tecnicamente funzionali allo svolgimento di una disciplina sportiva, ovvero imprescindibilmente collegate a quest’ultima che, seppur concettualmente si riflettono in modo simmetrico al richiamato principio di “necessità” che caratterizza le mansioni richiamate negli elenchi di cui all’art. 25, c. 1 ter del D.lgs. n. 36/2021, tuttavia afferiscono a prestazioni non qualificabili come “sportive” ai sensi dell’art. 25, c.1 del D.lgs. n. 36/2021, ovvero quelle svolte da:

• addetti presso impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi;

• impiegati dipendenti da società sportive;

• operai dipendenti da società sportive;

• massaggiatori presso società sportive;

• professionisti la cui abilitazione professionale è rilasciata al di fuori dell’ordinamento sportivo e per il cui esercizio devono essere iscritti in appositi albi o elenchi tenuti dai rispettivi ordini. Come precisato dalla circolare Inps n. 88 del 31 ottobre 2023 sono inoltre esclusi dalla contribuzione al Fondo Previdenziale per i Lavoratori Sportivi gli apprendisti sportivi che sono invece iscritti al FPLD (almeno fino al conseguimento della qualifica). Dal quadro sopra delineato emerge che un lavoratore dipendente di un ente sportivo potrà essere soggetto ad un diversificato inquadramento contributivo a seconda della prestazione svolta e indipendentemente dal fatto che la qualificazione giuridica e la natura dell’attività principale svolta dal datore di lavoro sia la medesima. Infatti, stante anche le indicazioni fornite dalla circolare Inps n. 88 del 31 ottobre 2023, se da un lato il datore di lavoro sarà contributivamente classificato con codice statistico contributivo (CSC) 1.18.08, l’inquadramento del lavoratore sarà diversificato in base alla qualifica assegnata, come di seguito schematizzato:

(clicca qui per la tabella)

La suddetta elencazione credo mostri in modo abbastanza eloquente che principale difficoltà “tecnica” nel corretto inquadramento e gestione di un lavoratore del settore sportivo sia la contemporanea convivenza di due gestioni che interessano separatamente da un lato i lavoratori sportivi ex art. 25 del D.lgs. n. 36/2021 e gli apprendisti ex art. 30 del D.lgs. n. 36/2021, dall’altro tutti gli altri “addetti” alle cosiddette mansioni complementari. Quindi l’auspicio di una “unificazione” delle gestioni contributive sarebbe non solo una semplificazione tecnica, riducendo la possibilità di errori, ma soprattutto risolverebbe anche l’ulteriore problema dell’inquadramento contributivo di quei lavoratori dipendenti che svolgono mansioni “sportive per destinazione” e non per naturale fattezza. Riprendendo l’esempio del meccanico, si risolverebbe il dubbio se inquadrarlo come lavoratore sportivo in forza della qualifica data dalla Federazione (come impiegato iscritto al Fondo Previdenziale per i Lavoratori Sportivi) piuttosto che come addetto agli impianti e circoli sportivi in forza della natura della mansione (come operaio iscritto al FPLS gestione ex Enpals).


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