L’Autore riprende un suo precedente scritto del 2015 per fare il punto sulla normativa e sull’evoluzione giurisprudenziale sul tema della mediazione in materia condominiale. Tema di particolare interesse ove si consideri che tra le materie previste dall’art. 5 del D.lgs. n. 28 del 2010 la materia di condominio riveste una particolare importanza per l’alta conflittualità e per la gestione complessa della procedura che vede come protagonisti coinvolti molte parti – “i condomini”- il cui voto è determinante in assemblea in caso di intervento alla procedura di mediazione.
Ciò premesso, meritano di essere richiamate in apertura le considerazioni dell’Autore che sottolinea come il procedimento di mediazione sia una strada che molti professionisti stanno percorrendo, seguendo corsi di formazione e di aggiornamento, sostenuti anche dalle indicazioni che provengono proprio dalla giurisprudenza. “La mediazione e la negoziazione – quest’ultima prevalentemente nel settore della famiglia – sono strumenti oramai utilizzati da molti professionisti ed in alcuni casi con soddisfazione”. Evidenzia, altresì, l’Autore come le cause in materia condominiale siano complesse e che per affrontarle meglio può essere di aiuto prevedere, alla riunione assembleare, la presenza di un facilitatore per aiutare i condomini a comprendere il ruolo del mediatore e le potenzialità del procedimento di mediazione.
Ritiene – così sempre l’Autore – che un uso corretto e proficuo della mediazione sia oramai indispensabile soprattutto in vista del massiccio passaggio di competenze dal tribunale ai GOP (Giudici Onorari di Pace) che avverrà nell’ottobre 2021 e nel 2025 per la materia condominiale.
In base all’art. 5, co. 1-bis del D.lgs. n. 28/2010 sono incluse, fra le materia soggette al previo esperimento del procedimento di mediazione – quale condizione di procedibilità della domanda – anche le controversie in materia di condominio.
Per tali si intendono quelle individuate dall’art. 71-quater disp. att. c.c.: sono quelle derivanti da violazione o errata applicazione delle disposizioni di cui al Libro III, TItolo IV, Capo II (Del condominio e degli edifici) del codice e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni per l’attuazione del codice (ovvero tutte le controversie afferenti agli artt. da 1117 a 1139 c.c. nonché alle previsioni in tema di condominio regolate dalle disposizioni di attuazione al codice civile). La legge prevede, oltre ai casi di mediazione obbligatoria, che il Giudice possa, anche in grado di appello, disporre, al ricorrere delle condizioni di legge, l’esperimento del procedimento di mediazione a pena di improcedibilità della domanda (così Legge n. 98/2013).
Le parti saranno obbligate ad intraprendere un percorso di mediazione nelle more del processo (si è creata così una nuova condizione di procedibilità “sopravvenuta” per ordine del Giudice). La mancata attivazione del procedimento di mediazione comporta l’emissione di una sentenza che dichiara la improcedibilità della domanda. Anche la mancata partecipazione alla mediazione, ricorda l’Autore, determina conseguenze rilevanti dato che – a norma del D.lgs. n. 28/2010 – dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il Giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, co. 2 c.p.c.. Sempre il Giudice condanna la parte costituita che, nel caso di mediazione obbligatoria non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, a versare all’entrata del Bilancio dello Stato una somma corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Sin qui il richiamo alle norme di maggiore interesse e che sono state oggetto di attenzione da parte delle Corti. L’Autore passa poi in rassegna alcune questioni affrontate in sede di giudizio.
Secondo Trib. Firenze, sez. II, Civile, 19 marzo 2014 l’ordine di tentare la mediazione si può ritenere correttamente eseguito (condizione di procedibilità, dunque, soddisfatta) (i) solo a condizione che le parti partecipino personalmente, assistite dai loro avvocati, all’incontro di mediazione, e che (ii) le parti abbiano esperito un tentativo di mediazione effettivo (v. Trib. Firenze, sez. Spec. Impresa, 7 marzo 2014) e non una mera sessione informativa (App. Ancona 23 maggio 2018).
La domanda di mediazione in materia condominiale deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato. La legittimazione attiva e passiva è conferita all’amministratore, in qualità di legale rappresentante del condominio, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’art. 1136, co. 2, c.c., vale a dire che la deliberazione è valida se è approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
L’Autore ritiene che non sia necessaria alcuna delibera nelle controversie in cui l’amministratore è convenuto personalmente, ossia nei procedimenti relativi alla revoca giudiziale e in quelli concernenti la sua responsabilità, né nelle procedure di nomina giudiziale, in quanto si tratta di procedimenti di volontaria giurisdizione e perciò esclusi dalla mediazione. Il testo riporta comunque alcune pronunzie della Corti di merito (Trib. Padova, 3 dicembre 2014; App. Palermo, 29 luglio 2016; Trib. Vasto, 4 maggio 2017; Trib. Macerata, 10 gennaio 2018).
Secondo alcune Corti di merito, invece, il procedimento di mediazione deve essere esperito prima di avviare l’azione giudiziale per la revoca dell’amministratore di condominio.
La Corte di Cassazione (Cass., 8 gennaio 2018, n. 1237, ord.) sostiene, infine, che l’art. 5, co. 4, lett. f), D.lgs. n. 28/2010 è inequivoco nel disporre che il meccanismo della condizione di procedibilità, di cui ai co. 1-bis e 2, non si applica ai procedimenti in camera di consiglio, essendo proprio il giudizio di revoca dell’amministratore di condominio un procedimento camerale plurilaterale tipico.
Si segnala Trib. Milano (sentenza n. 836/2018) che ha fornito un’interpretazione elastica sul tema in epigrafe: secondo il Giudice è facoltà del mediatore disporre un rinvio per la convocazione dell’assemblea, anche quando ad avviare il procedimento è il condominio. Sul punto l’Autore sottolinea come “la soluzione milanese conferisce una chance in più alla mediazione quando l’amministratore ha depositato l’istanza di mediazione senza prima ottenere la delibera dell’assemblea – non è facile ottenere la maggioranza richiesta dall’art. 71-quater – e non è stato chiesto/disposto un rinvio del primo incontro per consentire la convocazione dell’assemblea condominiale”.
Sul piano operativo, l’Autore evidenzia che (i) se la delibera autorizza l’amministratore a prendere parte alla mediazione, il relativo procedimento seguirà il suo corso, (ii) mentre in caso di delibera di diniego alla partecipazione o nel caso in cui non venga raggiunta la maggioranza necessaria, il condominio non parteciperà al procedimento di mediazione, rischiando però la condanna prevista dall’art. 8, co. 4-bis, D.lgs. n. 28/2010 salvo che riesca a dimostrare che è stato deliberato di non partecipare alla mediazione per un “giustificato motivo”.
Inoltre, l’Autore prende in esame il caso in cui nell’ambito del procedimento di mediazione il mediatore formula una proposta da sottoporre alle parti: tale proposta va sottoposta all’assemblea ed approvata con la maggioranza di cui all’art. 1136, co. 2, c.c., vale a dire con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata.
La proposta deve essere, per legge, comunicata per iscritto alle parti le quali devono fare pervenire al mediatore, per iscritto ed entro 7 giorni, l’accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata. Ma nel caso del condominio – così l’Autore – il termine di 7 giorni è “evidentemente troppo breve per riuscire a convocare l’assemblea ed approvare la delibera”, quindi l’art. 71-quater ha disposto che il mediatore fissi il termine per la proposta di conciliazione tenendo conto della necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare.
Una soluzione proposta per velocizzare la procedura di mediazione è la seguente: fornire all’Amministratore nella delibera assembleare di incarico per la partecipazione al procedimento di mediazione anche le indicazioni sul comportamento da tenere sia nell’ambito del primo incontro sia nel caso si decida di portare avanti la mediazione e, eventualmente, anche la facoltà di accettare una proposta avente determinati requisiti.
Il condomino assente, astenuto o dissenziente può impugnare le delibere in epigrafe chiedendone l’annullamento nel temine perentorio di 30 giorni. La comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione entro i trenta giorni dalla deliberazione (o dalla ricezione del verbale contenente la deliberazione) impedisce la decadenza per una sola volta; quindi, sottolinea l’Autore, in caso di fallimento della conciliazione, la domanda giudiziale dovrà, sempre a pena di decadenza, essere proposta nei trenta giorni successivi al deposito – presso la segreteria dell’organismo adito per la mediazione – del processo verbale di cui ai co. 4 e 5 dell’art. 11, D.lgs. n. 28/2010. Sul punto si veda anche la Corte di Cassazione, a sezioni unite, che ha chiarito che, impedita la decadenza con la domanda di mediazione se il tentativo di conciliazione fallisce, la domanda può essere “proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale negativo di conciliazione” (Cass. SS.UU., sentenza n. 17781/2013), il termine, quindi, decorre nuovamente nella sua interezza.