L’ entrata in vigore dal 15 novembre 2023 del D.M. 24 ottobre 2023 n. 150, che ha introdotto le nuove indennità per le spese di mediazione, è l’ultimo passaggio con il quale la Riforma Cartabia è intervenuta nella procedura di mediazione, le cui prime modifiche – in tema di firma digitale, limitazione della responsabilità dei rappresentanti delle amministrazioni pubbliche e sanzioni in caso di mancata partecipazione – sono entrate in vigore il 28 febbraio 2023, per poi completarsi il successivo 30 giugno 2023, allorquando il “nuovo” D.lgs. n. 28/10, salvo per l’appunto la determinazione delle indennità, ha avuta piena e completa applicazione. Al di là di questo disorganico iter, di cui sfugge la logica e che ha voluto suddividere in tre diversi momenti l’entrata in vigore della procedura così riformata, le novità introdotte evidenziano la volontà del legislatore di considerare la mediazione come uno strumento effettivamente alternativo – e complementare – al processo civile, a poco più di dieci anni dalla sua prima versione.
La riforma ha ampliato le materie per le quali la mediazione è condizione di procedibilità in quanto il nuovo art. 5 del D.lgs. n. 28/10 aggiunge, tra le controversie per le quali occorre esperire il procedimento di mediazione prima di agire in giudizio, quelle in materia di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, contratti d’opera, contratti di rete, contratti di somministrazione, società di persone e subfornitura. Sempre in tale ottica viene valorizzata la mediazione demandata dall’art. 5-quater in quanto il giudice, anche in sede d’appello, e fino al momento della precisazione delle conclusioni, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione, il comportamento delle parti e ogni altra circostanza, può liberamente disporre la mediazione con ordinanza motivata, che peraltro diventa oggetto di specifica rilevazione statistica, così come tutte le controversie definite a seguito di tale provvedimento. La mediazione, inoltre, entra nel percorso formativo del magistrato e nella sua valutazione ex art. 11, D.lgs. n. 160/2006, in quanto la frequentazione a seminari e corsi in tema di mediazione, nonché il numero e la qualità degli affari definiti con ordinanza di mediazione o mediante accordi conciliativi, costituiscono, secondo l’art. 5-quinques, indicatori di impegno, capacità e laboriosità del magistrato.
Totalmente trasformato è il primo incontro che, nella nuova versione, prevede fin da subito l’ingresso delle parti nel merito della controversia. Il mediatore, pertanto, dopo aver esposto funzione e modalità di svolgimento della mediazione, si adopera affinché sia raggiunto un accordo, mentre le parti devono partecipare personalmente e, insieme ai legali, cooperare lealmente e in buona fede per realizzare un effettivo confronto. In altre parole viene meno la cosiddetta funzione di “filtro” riconosciuta al primo incontro, la cui rilevanza è confermata dal fatto che per il suo svolgimento l’organismo di mediazione, secondo quanto dispone il D.M. 150/2023, deve mettere a disposizione almeno due ore. Particolare importanza viene data, al comma 4 dell’art. 8, alla partecipazione personale delle parti le quali, soltanto in presenza di giustificati motivi, possono delegare un terzo, a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari alla composizione della controversia, così come i rappresentanti – o i delegati – di una persona giuridica. È interessante rilevare che il mediatore, ove necessario, può chiedere alle parti di dichiarare i poteri di rappresentanza dandone atto a verbale. Vengono, inoltre, inasprite le conseguenze in giudizio in caso di mancata partecipazione alla mediazione. Il giudice, infatti, qualora la mediazione costituisca condizione di procedibilità, condanna la parte che non ha partecipato alla procedura senza giustificato motivo ad una somma pari al doppio del contributo unificato a favore dello Stato. Inoltre il giudice, se richiesto, condanna la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione.
Infine è prevista la segnalazione alla Corte dei Conti delle Pubbliche Amministrazioni e alle Autorità di vigilanza competenti dei soggetti vigilati (es. compagnie di assicurazioni, banche, finanziarie) che non partecipano alla mediazione senza giustificato motivo. Il nuovo D.lgs. n. 28/10 risolve definitivamente, con l’art. 5-bis, il controverso dibattito in tema di opposizione a decreto ingiuntivo: posto che rimane immutato il principio in base al quale il creditore non è tenuto ad esperire preliminarmente il procedimento di mediazione qualora agisca in via monitoria, nell’eventuale opposizione l’onere di presentare la domanda di mediazione tornerà a gravare sul creditore medesimo, ovvero sulla parte che ha proposto il ricorso per decreto ingiuntivo. Viene semplificata la mediazione in materia condominiale giacché, con il nuovo art. 5-ter, l’amministratore è legittimato ad attivare il procedimento, ad aderirvi e a parteciparvi e l’assemblea sarà coinvolta nel momento in cui dovrà decidere se approvare l’accordo emerso nel corso della mediazione o la proposta conciliativa eventualmente formulata dal mediatore.
A tale ultimo riguardo la norma fa riferimento ad un verbale da sottoporre all’assemblea contenente l’accordo di conciliazione o la proposta conciliativa che, in caso di loro mancata approvazione, determinerebbero la conclusione della procedura. Invero già dalla prime procedure post riforma tale norma è apparsa di difficile – se non impossibile – applicazione essendo quanto meno inconsueto un amministratore di condominio con un mandato che gli consenta di finalizzare un accordo senza il previo consenso dell’assemblea, così come appare poco realistica una proposta conciliativa del mediatore che, laddove non approvata, dovrebbe determinare la conclusione della procedura, tanto più che nulla prevede la norma qualora in tale remota ipotesi l’assemblea, in luogo di un diniego, esprima una controproposta. È quindi agevole immaginare che la prassi, come peraltro sta già accadendo, continuerà ad essere la stessa, ovvero la formazione dell’accordo sarà preceduta dall’approvazione dell’assemblea, chiamata a deliberare sull’ipotesi emersa nel corso della mediazione e resa disponibile all’esame dei condomini – quanto meno in sintesi – già nell’ordine del giorno, e comunque riferita dall’amministratore in sede assembleare.
L’art. 6 dispone che la durata del procedimento non può essere superiore a tre mesi, decorrenti dalla data di deposito della domanda o dalla scadenza del termine fissato dal giudice per il deposito della stessa in caso di mediazione demandata, precisando che il termine è prorogabile per una sola volta di ulteriori tre mesi con accordo scritto delle parti. Posto che nulla viene previsto qualora la durata della procedura, come spesso accade, superi i sei mesi, si deve ritenere che il termine sia nella disponibilità delle parti e che, pertanto, le stesse possano concordemente derogarlo, quanto meno nel caso di mediazione anteriore al giudizio, mentre risulta molto più complesso ipotizzare un’analoga facoltà qualora la mediazione sia delegata. Viene ribadito che durante la procedura il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali, precisando che le parti possono convenire la producibilità in giudizio della relazione, che in tal caso sarà valutata dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento in conformità all’art. 116, comma primo, del codice di procedura civile.
Recependo una prassi consolidata, l’art. 8-bis prevede che gli incontri si possano svolgere da remoto e che gli atti del procedimento siano formati e sottoscritti nel rispetto delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale. Quindi, a conclusione della procedura, il mediatore forma un unico documento informatico, in formato nativo digitale, contenente il verbale e l’eventuale accordo, e lo invia alle parti per la sottoscrizione mediante firma digitale.
Naturalmente rimane ferma la possibilità che la procedura si svolga, in tutto o in parte, in presenza, e viene introdotta anche la modalità mista, ovvero con una parte in presenza insieme al mediatore e l’altra collegata telematicamente. L’art. 11-bis introduce una rilevante novità in tema di accordo di conciliazione sottoscritto dai rappresentanti delle amministrazioni pubbliche, in quanto la responsabilità contabile viene limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti.
Non meno significativo è l’estensione del gratuito patrocinio anche ai procedimenti di mediazione, con una disciplina specifica sulle condizioni reddituali di accesso, sulla presentazione dell’istanza per l’ammissione anticipata e sull’organo competente a riceverla, sul ricorso esperibile in caso di rigetto, sugli effetti dell’ammissione anticipata, sulla revoca del provvedimento di ammissione, sul compenso da riconoscere all’avvocato e, infine, sulle sanzioni e i controlli. Infine vengono introdotte ulteriori agevolazioni fiscali ed estese quelle già esistenti, ossia:
– esenzione dell’accordo di conciliazione entro il limite di valore di € 100.000
– accesso ad un credito d’imposta fino a € 600 per le indennità di mediazione e per gli onorari dei legali per ciascuna procedura di mediazione fino a un totale annuo di € 2.400 per persona fisica e € 24.000 per persona giuridica (il credito d’imposta è ridotto alla metà in caso di mancata conciliazione)
– rimborso del contributo unificato, tramite credito d’imposta fino a € 518 versato dalla parte del giudizio estinto a seguito della conclusione dell’accordo di conciliazione.
In conclusione, sebbene la “nuova” procedura non sia esente da criticità – ed è probabile che sarà oggetto di qualche ulteriore correttivo – viene delineato un sistema in cui il procedimento di mediazione si completa sempre più con il processo civile, rappresentando una fase imprescindibile di analoga dignità e rilievo.