La presenza di un’elencazione di condotte riconducibili al licenziamento per giusta causa da parte della contrattazione collettiva non preclude l’autonoma valutazione del giudice di merito.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione Sezioni Unite con l’Ordinanza n. 36861 del 15 dicembre 2022, pronunciata a conferma della decisione con cui la Corte di Appello aveva ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa che una società aveva comminato ad un proprio dipendente.
Nello specifico, la Corte di Appello aveva ritenuto fondati i fatti contestati al lavoratore mediante apposita procedura disciplinare, consistenti nei seguenti addebiti:
– reiterati colloqui telefonici intercorsi con un ex dipendente della società, indagato nell’ambito di un processo penale, fornendo a costui informazioni commerciali sensibili al fine di consentirgli di compiere operazioni illecite a danno della società stessa;
– comportamenti volti ad accelerare l’evasione di pratiche segnalate dall’ex dipendente prima della loro naturale scadenza, con l’intento di favorire i clienti che ne avevano avanzato richiesta;
– ritiro di misuratori di energia senza rilevare la presenza di evidenti segni di manomissione sugli stessi e senza darne comunicazione alle strutture preposte secondo procedure aziendali in vigore.
Il soccombente ha resistito con controricorso alla società per Cassazione sulla base di tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso il soccombente lamentava l’utilizzo da parte della Corte territoriale delle intercettazioni telefoniche, essendo il processo penale ancora in fase di indagini preliminari.
Con il secondo motivo di ricorso il soccombente denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 2106 del Codice Civile, relativo all’obbligo di fedeltà, e all’art. 7 della Legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), in quanto la Corte territoriale ha omesso di considerare nella sua ricostruzione “ogni indagine e considerazione circa il pregiudizio reale ed effettivo arrecato all’azienda”.
Infine, con l’ultimo motivo di ricorso, il soccombente deduceva nuovamente la violazione dell’art. 7 della Legge n. 300/1970 in concomitanza con l’articolo 25 del Ccnl di categoria applicato dalla società, secondo il quale la sanzione disciplinare ricadente nel licenziamento per giusta causa sarebbe applicabile solo “a fatti gravissimi, connotati da rilevanza penale, o fatti che abbiano provocato all’azienda grave nocumento morale e/o materiale”.
Con riferimento a quest’ultimo motivo di ricorso, la Corte di Cassazione ha ribadito il concetto secondo cui l’elencazione fornita dalla contrattazione collettiva è meramente esemplificativa e non preclude l’autonoma valutazione del giudice di merito in ordine all’idoneità di un grave inadempimento o di un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile, che possa far venir meno il rapporto fiduciario
tra datore di lavoro e lavoratore.
In particolare, la Corte stessa rammenta, come in tema di licenziamento per giusta causa, la modesta entità del fatto addebitato non vada riferita solo alla tenuità del danno patrimoniale subito dal datore di lavoro, dovendosi valutare anche la condotta assunta dal prestatore di lavoro con riferimento a futuri comportamenti, nonché all’idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e ad incidere sull’elemento essenziale della fiducia sotteso al rapporto di lavoro.
Pertanto, secondo la Cassazione, al di là dell’effettivo pregiudizio arrecato, ai fini della valutazione circa la proporzionalità tra il licenziamento e l’addebito contestato al lavoratore, rilavano anche l’intensità dell’elemento soggettivo (in tal caso chiaramente intenzionale) e la delicatezza delle mansioni svolte (nel caso di specie il lavoratore è addetto all’installazione e disinstallazione dei misuratori di energia elettrica), che richiedono il massimo affidamento da parte del datore di lavoro circa la capacità del prestatore di lavoro di operare secondo criteri di assoluta trasparenza e rispettando le procedure aziendali destinate proprio ad impedire tentativi di frode in danno all’azienda.