“Il periodo di mancato preavviso deve essere escluso dal computo delle mensilità aggiuntive, delle ferie e del Tfr in quanto, essendo mancato l’effettivo servizio, il lavoratore ha diritto esclusivamente all’indennità sostitutiva del preavviso […] posto che il preavviso di licenziamento non ha efficacia reale bensì obbligatoria”.
Così esordisce la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza n. 1581 del 19 gennaio 2023. Ma andiamo con ordine.
Anzitutto è essenziale (a parer di chi scrive) riepilogare, in linea generale, la genesi legislativa e l’evoluzione giurisprudenziale che ha subito l’istituto del preavviso per meglio comprendere la portata della sentenza in commento.
Partendo proprio dal codice civile, in prima battuta l’art. 2118, che disciplina il recesso dal contratto a tempo indeterminato, stabilisce che “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità. In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro”.
Pertanto, il contraente che intende recedere dal rapporto di lavoro, ad esclusione della giusta causa e del rapporto a termine, è tenuto a rispettare un periodo di preavviso. In assenza, vige in capo al contraente recedente l’obbligo di corrispondere un’indennità sostitutiva del mancato preavviso.
Sempre il codice civile, solo due articoli dopo, disciplina all’art. 2121 il calcolo di questa indennità da corrispondersi in caso di mancato preavviso. In particolare, l’articolo 2121, intitolato “Computo dell’indennità di mancato preavviso” stabilisce quanto segue: “L’indennità di cui all’articolo 2118 deve calcolarsi computando le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti ed ogni altro compenso di carattere continuativo, con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese. Se il prestatore di lavoro è retribuito in tutto o in parte con provvigioni, con premi di produzione o con partecipazioni, l’indennità suddetta è determinata sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato”.
Dal tenore letterale della disciplina codicistica si evince che concorrono alla formazione dell’indennità sostitutiva del preavviso qualsiasi compenso di carattere continuativo percepito dal lavoratore (e di conseguenza corrisposto dal datore di lavoro) nel corso del rapporto di lavoro, ivi inclusi provvigioni, premi di produzione, partecipazioni agli utili, e con la sola esclusione delle indennità corrisposte a titolo di rimborso spese. Non solo, con riferimento proprio a questi emolumenti (premi di produzioni, provvigioni e partecipazioni agli utili), l’art. 2121 stabilisce anche l’arco temporale e la modalità di calcolo da considerare ai fini del computo della loro incidenza sull’indennità sostitutiva del mancato preavviso: si parla infatti della media degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato.
Al fine attenuare le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla cessazione del contratto in favore della parte che subisce il recesso, da un lato, ma anche con l’obiettivo di tutelare la “libertà di recesso” derivante dall’art. 2118 c.c., dall’altro, tanto la dottrina quanto la giurisprudenza hanno aperto un corposo dibattito su quale sia l’efficacia da attribuire all’istituto del preavviso. In particolare, nel corso del tempo si è stratificata una copiosa giurisprudenza che ha dato vita a due orientamenti di natura differente: un primo orientamento che associa all’istituto del preavviso un’efficacia c.d. “reale”, un altro che attribuisce un’efficacia di natura “obbligatoria”. Partendo dall’efficacia c.d. “reale”, con essa si intende che il contenuto dell’obbligazione prevista dall’art. 2118 c.c. si intrinseca nell’obbligo di preservare tutti i diritti retributivi che sarebbero maturati nel corso del periodo di preavviso lavorato e che, quindi, consiste nell’obbligo di erogare, in mancanza del preavviso, un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata nel corso del periodo di preavviso, dando rilievo anche agli emolumenti retributivi eventualmente dovuti in tale periodo1.
In contrapposizione del filone che attribuisce un’efficacia reale al preavviso, è nato un orientamento che riconosce a questo istituto una natura diametralmente opposta ossia un’efficacia di tipo “obbligatoria”. Questo orientamento, diversamente da quello precedente, sostiene che l’erogazione dell’indennità sostitutiva del preavviso interrompa immediatamente il rapporto di lavoro e quindi l’indennità sostitutiva debba esere determinata senza tener conto delle incidenze dei vari istituti contrattuali e di legge, restando così insensibile anche agli eventi (e/o anche alle migliorie) che sarebbero sopravvenuti se il preavviso fosse stato lavorato.
Appartiene proprio a questo filone giurisprudenziale la sentenza in commento. I fatti vedono in causa un dirigente che, in fase di impugnazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatogli, lamenta anche la mancata incidenza del preavviso sul trattamento di fine rapporto e la mancata incidenza dei ratei di tredicesima sulla stessa indennità sostitutiva del preavviso.
Attraverso il caso in questione, la Corte di merito ribadisce, che “Il preavviso di licenziamento non ha efficacia reale, bensì obbligatoria, e dunque qualora una delle parti receda con effetto immediato il rapporto si risolve e residua l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva” precisando quindi che “Il periodo di mancato preavviso deve essere escluso dal computo delle mensilità aggiuntive, delle ferie e del Tfr in quanto, essendo mancato l’effettivo servizio, il lavoratore ha diritto esclusivamente all’indennità sostitutiva del preavviso”.
Pertanto, secondo quanto pronunciato dalla Cassazione, per effetto della natura obbligatoria intrinseca all’istituto del preavviso, al lavoratore spetta solo l’indennità sostitutiva del preavviso ma non anche la relativa incidenza degli altri istituti contrattuali quali mensilità aggiuntive, ferie e Tfr.