È una domanda che molti si pongono e ci pongono: imprenditori, manager, famiglie e lavoratori. Fare previsioni non è facile. Di sicuro non è un bel periodo e non si vede ancora la luce in fondo al tunnel. La guerra in Ucraina continua, le rappresaglie tra Palestina e Israele continuano e stanno coinvolgendo alcuni Paesi del medio oriente. Le suppliche di Papa Francesco restano inascoltate. Le elezioni americane del prossimo novembre rischiano di destabilizzare i difficili equilibri mondiali; gli attentati terroristici sono ricomparsi e, per non dispiacere gli ambientalisti, c’è anche la situazione climatica che ci sta mettendo a dura prova. Non so come e quando se ne uscirà, so solo che oltre alle tragedie umane dovute alle guerre e ai flussi migratori, anche l’economia globale (e locale) è in sofferenza. Leggevo che almeno sette imprese metalmeccaniche italiane su dieci sono penalizzate da problemi connessi ai trasporti e alla logistica e in particolare le difficoltà dei traffici marittimi che attraversano il Mar Rosso hanno un impatto negativo sui tempi e sui costi per quattro imprese su dieci (Sole 24Ore del 26 agosto 2024, Giorgio Pogliotti, pag. 5). L’Istat, con il comunicato stampa del 1° agosto 2024 ha fornito gli ultimi dati degli occupati e disoccupati (dati provvisori) di giugno 2024. A giugno 2024, rispetto al mese precedente, crescono sia gli occupati sia i disoccupati e diminuiscono gli inattivi. In sostanza, commenta l’Istat, a giugno 2024, dopo la diminuzione osservata a maggio, l’occupazione registra una crescita (+25mila unità) che coinvolge i dipendenti permanenti, saliti a 16 milioni 37mila, e gli autonomi, pari a 5 milioni 144mila; prosegue invece il calo – registrato anche nel mese precedente – dei dipendenti a termine, che scendono a 2 milioni 768mila. Il numero degli occupati – 23 milioni 949mila – è superiore di 337mila unità rispetto a quello di giugno 2023, sintesi, da un lato, dell’incremento di 465mila dipendenti permanenti e di 121mila autonomi e, dall’altro, della diminuzione di 249mila dipendenti a termine. Su base mensile, il tasso di occupazione e quello di disoccupazione aumentano, raggiungendo il 62,2% e il 7,0% rispettivamente, mentre il tasso di inattività scende al 33,0%. Dati positivi, si direbbe. Tuttavia l’Inps ci fa sapere che le ore di cassa integrazione complessivamente autorizzate nello scorso mese di luglio sono state 36,6 milioni, in leggero aumento rispetto al precedente mese di giugno (35,3 milioni), più accentuato l’aumento rispetto a luglio 2023 (28,6 milioni). Le ore di cassa integrazione ordinaria autorizzate a luglio 2024 sono state 26,1 milioni, circa il 4% la variazione congiunturale rispetto al precedente mese di giugno 2024 (25,1 milioni di ore). A luglio 2023 erano state autorizzate 18,5 milioni di ore. È come dire: continuiamo ad assumere e contestualmente fermiamo le attività con conseguente spostamento dell’obbligazione retributiva dal datore di lavoro all’Inps. Qualcosa non funziona. Certo, i dati vanno sezionati e analizzati per settori merceologici. Però se la produzione industriale non tira non possiamo solo basarci sui servizi. Da previsioni empiriche per il prossimo autunno, fatte su un campione di colleghi del nord Italia, se non cambia l’attuale scenario, si presume che ci sarà parecchio ricorso agli ammortizzatori sociali e più in generale a politiche di riduzione degli organici almeno nelle aziende di medio grandi dimensioni con ovvia ricaduta sull’indotto fatto di piccole e micro imprese.
Tra l’altro non si vede neanche l’ombra di una seria politica industriale. Aspettavamo una manovra economica che prevedesse il rientro delle aziende in Italia e non solo dei cervelli. In assenza di una uniforme politica fiscale europea oltre che del lavoro, si potrebbe mettere in atto una politica aggressiva di totale (o quasi) esenzione fiscale per un decennio per le aziende che si stabiliscono al sud del nostro Paese mettendo a loro disposizione siti di proprietà dello Stato che sono in totale abbandono (vedi, ad esempio, le nostre vecchie caserme). Certamente bisogna investire anche in infrastrutture perché ci sono ancora zone d’Italia dove è assente la connessione internet per non parlare della situazione della viabilità, dei porti e degli aeroporti. Il lavoro lo creano le aziende e non lo Stato. A quest’ultimo però spetta il compito di creare le condizioni per attrarre gli investimenti. Un’altra considerazione: ma dov’è finito lo spirito imprenditoriale italiano? Dove sono finiti gli imprenditori pronti a rischiare i loro averi mettendo a disposizione il loro genio? Anche loro sono alla ricerca del work life balance e dello smart working? Intanto assistiamo ad un pervasivo intervento dei Fondi di Private Equity che investono nelle imprese italiane creando più danni che benefici. Spesso si comportano come avventurieri al solo scopo di far fruttare al massimo i loro investimenti senza preoccuparsi dell’economia territoriale e dei danni che arrecano alle organizzazioni aziendali non avendo alcun fine imprenditoriale. E la tanto agognata semplificazione e sburocratizzazione? Chi se ne sta occupando? Sono sufficienti i soli sussidi economici alle famiglie o non sarebbe meglio spendere i soldi del PNRR per creare asili e strutture di supporto alla genitorialità? Tutti sappiamo le difficoltà delle famiglie con prole dalla chiusura delle scuole alla loro riapertura. Noi consulenti cerchiamo di tamponare spingendo le aziende nel prevedere aiuti con piani di welfare aziendale i quali, tuttavia, risultano insufficienti. Ma al di là delle considerazioni fatte, l’ottimismo non deve mai abbandonarci e ricordo a tutti che noi consulenti del lavoro possiamo aiutare imprese e famiglie a non perdere la speranza. Il nostro è un ruolo strategico e possiamo fare la differenza. Abbiamo nelle nostre mani competenza e strumenti per affrontare non solo i periodi di crisi ma anche per programmare periodi di sviluppo, gestendo il capitale umano al meglio, motivandolo e organizzandolo al fine di raggiungere gli obiettivi aziendali. Un consulente del lavoro che non si occupi solo di adempimenti ma che entri nel board delle aziende per partecipare alle scelte strategiche imprenditoriali.