IL PUNTO – LEGALITÀ E SICUREZZA al centro delle nostre riflessioni

Potito di Nunzio, Presidente del Consiglio dell’Ordine provinciale di Milano

Come annunciato nel numero di marzo di questa Rivista, il 5 aprile u.s. si è tenuto a Milano, in collaborazione con Regione Lombardia che ha ospitato l’evento, il convegno sul tema “Legalità, sicurezza e appalti nel lavoro che cambia”, temi sui quali da sempre la Categoria si interroga e sui quali hanno dato un contributo importante anche le istituzioni, in primis, il Ministro del Lavoro, Marina Calderone che, per la prima volta da che si è insediata al Ministero, ha fatto visita alla città e ci ha onorato della sua presenza al Convegno (nel prossimo numero di questa Rivista pubblicheremo una sintesi degli interventi. Il materiale e l’intero convegno possono essere visti cliccando qui Fondazione Cdl Milano). Durante il convengo si è discusso della sicurezza e della legalità nel mondo del lavoro che cambia, evidenziando l’importanza di pratiche comportamentali condivise e la promozione della cultura della legalità. È stato sottolineato l’impatto negativo dell’illegalità sui lavoratori e sul sistema professionale, e sono state esplorate le potenziali soluzioni per contrastare le pratiche illegali. Focus, dunque, su prevenzione, controlli, contrasto e compliance, ma anche sulle azioni e le buone pratiche che soprattutto la regione Lombardia, in sinergia con la categoria dei Consulenti del lavoro e delle istituzioni tutte, sia locali che nazionali, ha messo in campo. Ho avuto modo di sottolineare, in apertura del convegno, come le forme di illegalità continuano a mettere disordine in un mercato del lavoro che ha sempre più bisogno di sicurezza e non solo economica. Certamente a Milano e in Lombardia i fenomeni sono meno accentuati rispetto ad altri territori del resto d’Italia ma anche da noi sono in lieve aumento e producono ricadute quasi tutte in danno dei soli lavoratori che si vedono privati delle più elementari norme di tutela presenti nel nostro ordinamento. Importante diventa, dunque, capire e analizzare se e quali sono le risposte fornite dal legislatore. Risposte che, lo si ribadisce, non possono essere determinate da una spinta nata dall’urgenza legata ad episodi particolarmente gravi che colpiscono l’opinione pubblica e che rischiano, dunque, di dare vita ad un quadro di interventi frammentato e, per questo, meno efficace. Prevenire e formare, informare e diffondere la cultura della legalità nel e del lavoro e nonché della sicurezza. Sono necessarie norme semplici, sistematiche, di facile comprensione e di immediata applicazione, che non diano luogo a miriadi di interpretazioni che portano solo a contenzioso certo. E soprattutto norme che tengano in debito conto la realtà produttiva italiana che è fatta soprattutto di micro e piccole imprese. In occasione del Convegno ho reso noto una parte dei dati emersi dall’indagine condotta dalla nostra Fondazione tra gli iscritti all’Ordine della provincia di Milano: per il 62,4% degli intervistati le maggiori potenzialità di illegalità si annidano nei contratti di appalto. Per il 34,5% è invece il caporalato, che risulta essere presente nelle forme più moderne anche nella nostra zona. Seguono poi a breve distanza le procedure di distacco nazionale non genuino per il 27,4% e la somministrazione irregolare per il 21,2%.

Alla domanda: quali fenomeni si ritengono più distorsivi e pericolosi per il mercato del lavoro italiano, il 65,9% dei colleghi ritiene che sia il lavoro nero mentre il 61,9% segnala anche i contratti di lavoro irregolari. Quasi a pari merito si collocano la mancata sicurezza sul lavoro per il 57,5% e gli appalti illeciti e distacchi illeciti del 55,8%.

Alla ulteriore domanda su quali siano le pratiche illegali più diffuse: – il 70,8% degli intervistati sostiene che la pratica più diffusa di illegalità è il pagamento di trasferte non rispondenti al reale – il 69% degli intervistati segnala il fenomeno dei lavoratori assunti part time e che svolgono invece un lavoro full time – il 36,3% ritiene siano le assenze mensili non retribuite per diminuire l’imponibile previdenziale – solo il 28,3% ritiene che i contratti a termine possano essere fonte di irregolarità nella fase di assunzione – va rilevato, infine, che per il 24,3% del campione si sta diffondendo anche nel nostro territorio la contrattualizzazione di una retribuzione netta garantita. Questo fa sì che gli eventuali benefici in favore dei lavoratori non finiscano nelle loro tasche.

In ogni caso il 58,4% dei Consulenti del lavoro intervistati individuano nell’aumento delle ispezioni e dei controlli la via maestra per contrastare questi fenomeni. Seguito da attività di formazione e prevenzione per il 45%. Da sottolineare come una buona percentuale di colleghi, il 35%, ritiene che le certificazioni o le asseverazioni dei contratti possano essere uno strumento efficace per contrastare le illegalità riscontrate. Da non sottovalutare come, per il 76,5% del campione, la scelta da parte degli imprenditori di rifugiarsi nella illegalità sia dettata maggiormente dall’elevato costo del lavoro seguito dall’elevata burocrazia per il 49,1% e dagli scarsi o nulli controlli al 43,4%. Solo il 21,2% degli intervistati ritiene che il ricorso alle forme di illegalità sia frutto di una scarsa informazione. Ultima annotazione: per più della metà degli intervistati, le pratiche illegali hanno una ricaduta negativa anche sulla nostra attività professionale a beneficio di soggetti che a vario titolo operano nel mercato del lavoro offrendo soluzioni di vantaggio che ovviamente (e neanche tanto all’insaputa dei datori di lavoro) fanno cadere le imprese nelle vecchie e nuove forme di illegalità.


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