“Il lavoratore che presti la propria attività nella giornata di domenica, ha diritto, anche nell’ipotesi di differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, ad essere in ogni caso compensato, per la sua particolare penosità, con un quid pluris”. Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 31712 del 10 dicembre 2024.
IL LAVORO DOMENICALE E IL RIPOSO COMPENSATIVO.
È doveroso, prima di entrare nel merito della sentenza oggetto di analisi, riprendere un po’ quello che è l’excursus normativo con riferimento all’attività prestata di domenica e il riposo compensativo. L’art. 9 del Decreto legislativo n. 66/2003 stabilisce a chiare lettere che “Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all’articolo 7 (11 ore di riposo giornaliero). Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a quattordici giorni”. Il primo comma dell’articolo 9 prevede quindi che ogni lavoratore ha il diritto di fruire di un riposo settimanale della durata di 24 ore, consecutive alle 11 ore di riposo giornaliero, di norma coincidente nella giornata della domenica. Tal riposo spetta ogni sette giorni di lavoro e può essere calcolato come media in un periodo non superiore a quattordici giorni. Quindi, se facessimo un esempio, colui che ha prestato attività lavorativa per sette giorni consecutivi (da lunedì a domenica) avrebbe diritto a fruire di due riposi settimanali nella settimana successiva, uno relativo alla settimana interamente lavorata e l’altro relativo alla settimana successiva a quella interamente lavorata. L’articolo 9 prosegue al comma 21 , individuando le eccezioni alla fruizione del riposo settimanale consecutivo al risposto giornaliero, mentre il comma 3 disciplina proprio la fattispecie del riposo settimanale cadente in una giornata diversa dalla domenica. Nello specifico il comma 3 stabilisce che il riposo settimanale può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e può essere attuato “mediante turni per il personale interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare” ovvero addetto alle attività aventi le seguenti caratteristiche: a) operazioni industriali per le quali si abbia l’uso di forni a combustione o a energia elettrica per l’esercizio di processi caratterizzati dalla continuità della combustione ed operazioni collegate, nonché attività industriali ad alto assorbimento di energia elettrica ed operazioni collegate; b) attività industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni tecniche; c) industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza riguardo alla materia prima o al prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e della loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano materie prime di facile deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge in non più di 3 mesi all’anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si compiano alcune delle suddette attività con un decorso complessivo di lavorazione superiore a 3 mesi; d) i servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ad esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità; e) attività che richiedano l’impiego di impianti e macchinari ad alta intensità di capitali o ad alta tecnologia; f) attività di vendita al minuto ed attività affini (art. 7, L. n. 370/1934); g) attività di vendita in genere (artt. 11,12, e 13, D.lgs. n. 114/1998) e di stabilimenti termali (art. 3, L. n. 323/2000). Il comma 4 conclude precisando che sono fatte salve le disposizioni speciali che consentono la fruizione del riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica, nonché le deroghe previste dalla Legge n. 370/1934. Insieme al Decreto legislativo n. 66/2003 interviene in materia di lavoro domenicale e riposo settimanale proprio la Legge n. 370/1934. L’articolo 1 stabilisce infatti che “al personale che presta la sua opera alle dipendenze altrui è dovuto ogni settimana un riposo di 24 ore consecutive, salvo le eccezioni stabilite dalla presente legge”. L’articolo 3 prosegue chiarendo che “il riposo di 24 ore consecutive deve essere dato la domenica, salvo specifiche eccezioni”, mentre l’articolo 17 prevede che, nel caso di lavoro espletato di domenica, è dovuto il riposo prescritto dall’ultimo comma dell’articolo 16 della medesima legge, che recita: “al personale occupato per tutta o una parte della domenica spetta, oltre al riposo per il periodo residuo, un riposo di durata uguale alle ore di lavoro eseguite nella domenica e, in ogni caso, non inferiore a 12 ore consecutive”. Il riposo compensativo deve quindi avere una durata uguale alle ore di lavoro eseguite nella domenica, con garanzia comunque di un riposo non inferiore a 12 ore consecutive. Da questo quadro normativo di riferimento discende: – in primo luogo, che il lavoro “straordinario” nella giornata di domenica può portare, eccezionalmente (ex art. 1, L. n. 370/34, comma 1), alla fruizione di un riposo compensativo di durata inferiore alle 24 ore (pari a 12 ore); – in secondo luogo, che il riposo compensativo sarà giustificato solamente per l’equivalente delle ore di lavoro eseguite nella domenica; il lavoratore sarà quindi obbligato a completare nei giorni successivi l’orario normale previsto e non svolto.
COSA DICE LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
Per un’analisi completa, riprendiamo alcune disposizioni in tema di riposo settimanale e lavoro prestato di domenica, contenute dai prevalenti contratti collettivi nazionali di lavoro.
LA SENTENZA N. 31712 DEL 10 DICEMBRE 2024.
I fatti in causa Protagonisti della vicenda sono due lavoratori, inquadrati al II e al III livello del CCNL Multiservizi, che avevano presentato ricorso contro la società datrice di lavoro per il mancato pagamento della maggiorazione della retribuzione per il lavoro svolto di domenica. I giudici di merito di primo e secondo grado avevano condannato la società al pagamento della maggiorazione in quanto il CCNL applicato al rapporto di lavoro, che prevedeva il diritto al riposo compensativo per i lavoratori impiegati di domenica, non indennizzava i sacrifici incidenti sulla serie di interessi umani e familiari compromessi dal lavoro domenicale, tramite una maggiorazione con carattere di ristoro, non necessariamente di ordine economico, ma comunque sopportata dal lavoratore occupato la domenica. I motivi di ricorso Avverso la sentenza della Corte di Appello, due sono stati i motivi di ricorso presentati. Con il primo motivo la società ricorrente deduceva la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 ss c.c., art. 30 e 40 del CCNL di categoria, dell’art. 36 Cost. e dell’art. 2109 c.c., sostenendo che erroneamente il giudice di merito non avesse tenuto conto che, nella fattispecie in esame, doveva attribuirsi preminenza alla volontà collettiva, perché il diritto dei lavoratori turnisti a essere compensati della particolare penosità del lavoro svolto può essere soddisfatto non solo mediante l’erogazione di un supplemento di paga specificatamente riferito a tale prestazione, ma anche con l’attribuzione di vantaggi e benefici contrattuali di diversa natura. Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamentava la violazione degli artt. 1362 ss c.c., art. 38 del CCNL di categoria, art. 36 Cost. e dell’art. 2109 c.c., sostenendo che erroneamente la Corte non avesse valutato, procedendo alla liquidazione in via equitativa, che il CCNL prevede espressamente che le maggiorazioni retributive devono essere calcolate sulla sola paga base e non sulla retribuzione. L’intervento della Cassazione Per i giudici di legittimità entrambi i motivi di ricorso sono infondati. Partendo dal primo motivo di ricorso, secondo la Corte di Cassazione, i giudici di merito hanno chiarito che occorre evitare il c.d. “tranello concettuale” rappresentato dalla mera traslazione del giorno di riposo, che non comporta alcun “quid pluris” in termini di vantaggio economico o indennizzo di altra natura per il lavoratore occupato di domenica, così come, su base mensile, il riposo settimanale a scalare per i lavoratori turnisti. Secondo i giudici di legittimità, la pronuncia della Corte di Appello si pone perfettamente in linea con l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “il lavoro prestato nella giornata di domenica, anche nell’ipotesi del differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, deve essere in ogni caso compensato con un quid pluris che, ove non previsto dalla contrattazione collettiva, può essere determinato dal giudice e può consistere anche in benefici non necessariamente economici, salvo restando l’applicabilità della disciplina contrattuale collettiva più favorevole”. Pertanto “il lavoratore che presti la propria attività nella giornata di domenica, ha diritto, anche nell’ipotesi di differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, ad essere in ogni caso compensato, per la sua particolare penosità, con un quid pluris”. Inoltre, sul tema della volontà delle parti sociali, la Corte di Cassazione ritiene che il fatto che la contrattazione collettiva non preveda espressamente alcuna maggiorazione in forma indennitaria o salariale, non si identifica come volontà delle parti collettive di escludere la possibilità di attribuire i vantaggi suppletivi previsti in via generale dall’ordinamento per i lavoratori domenicali. Con riferimento al secondo motivo di ricorso, anch’esso ritenuto infondato, i giudici di legittimità hanno ritenuto che “la valutazione equitativa del danno è suscettibile di rilievi in sede di legittimità, sotto il profilo della motivazione, solo ove difetti totalmente la giustificazione che quella statuizione sorregge o si discosti dai dati di comune esperienza o sia radicalmente contradditoria2 , atteso che l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa […] è espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c. e dà luogo non già al giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa”. Quindi, il ricorso è stato interamente rigettato.
ALCUNI BREVI CENNI GIURISPRUDENZIALI
La sentenza in oggetto offre spunto per riproporre una carrellata di sentenze della Corte di Cassazione proprio in tema di prestazione resa durante il riposo settimanale. A partire dalla Cassazione Sezioni Unite n. 1607/1989, si è consolidato l’indirizzo secondo il quale, nel caso di lavoro prestato nel settimo giorno senza riposo compensativo, al lavoratore spetta: • la retribuzione (con le relative maggiorazioni connesse alla maggiore penosità della prestazione); • il risarcimento del danno subito a causa dell’usura psico-fisica che il lavoro nel settimo giorno comporta e ciò, naturalmente, ad un titolo del tutto autonomo rispetto a quello del compenso per la maggiore “penosità” del lavoro. Sempre in tema di lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, occorre tenere distinto il danno da usura psicofisica, conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro, dall’eventuale ulteriore danno biologico che invece si concretizza in un’infermità determinata da una continua attività lavorativa non seguita da riposi settimanali. Nella prima evenienza, il danno può essere presunto sull’an; il relativo quantum è indennizzabile mediante ricorso a maggiorazioni o compensi previsti dal contratto collettivo o individuale per altre voci retribuite3 . L’attribuzione patrimoniale di natura risarcitoria spetta per la perdita definitiva del riposo, ove cioè non fruito neppure in un arco temporale maggiore di sette giorni. La fattispecie di prestazione di lavoro domenicale senza riposo compensativo non può essere equiparata a quella del riposo compensativo goduto oltre l’arco dei sette giorni, atteso che una cosa è la definitiva perdita del riposo, agli effetti sia dell’obbligazione retributiva che del risarcimento del danno per lesione di un diritto alla persona, altra il semplice ritardo della pausa di riposo; e, in questa seconda ipotesi, il compenso sarà dovuto a norma dell’art. 2126 c.c., comma 2, che espressamente gli attribuisce natura retributiva, fermo restando il risarcimento del danno subito, per effetto del comportamento del datore di lavoro, a causa del pregiudizio del diritto alla salute o di un altro diritto di natura personale4 . La prestazione di attività lavorativa per oltre sei giorni, nel regime normativo antecedente il D.lgs. n. 66/2003, comporta, salvo che la contrattazione collettiva applicabile non preveda specifiche forme di remunerazione del riposo settimanale usufruito oltre il settimo giorno o che il datore di lavoro non dimostri l’esistenza di una specifica remunerazione per tale prestazione, il diritto del lavoratore a una percentuale di maggiorazione della retribuzione giornaliera per ogni giorno di lavoro prestato oltre il sesto5 . Da ultimo, proprio con riferimento al tema riproposto dalla sentenza oggetto di analisi, il lavoro prestato nella giornata di domenica, anche nell’ipotesi di differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, deve essere in ogni caso compensato con un quid pluris che, ove non previsto dalla contrattazione collettiva, può essere determinato dal giudice e può consistere anche in benefici non necessariamente economici, salva restando l’applicabilità della disciplina contrattuale collettiva più favorevole6 .