In data 29.07.2022 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto legislativo n. 105/2022. Il decreto, entrato in vigore il 13 agosto 2022, introduce
Inoltre, viene incrementata di un mese la durata complessiva del diritto al congedo parentale spettante al genitore solo e anche lo smart working acquisisce nuove regole di accesso prioritario per le lavoratrici e i lavoratori con figli di età inferiore a 12 anni.
Come è noto, il decreto è stato adottato in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1158, relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza. Il fine è quello di “conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare”, promuovendo il miglioramento della conciliazione tra i tempi della vita lavorativa e quelli dedicati alla vita familiare.
Già con la L. n. 92/2012 (c.d. Legge Fornero) c’era stata una timida apertura al riequilibrio di genere nei carichi di cura familiare, ma con il D.lgs. n. 80/2015 il baricentro era tornato ad essere la tutela della maternità. Come precisato, le disposizioni in materia di congedi, permessi e altri istituti oggetto del decreto in esame e che di seguito analizzeremo, “salvo che non sia diversamente specificato, sono direttamente applicabili anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni; questo in un’ottica di piena equiparazione dei diritti alla genitorialità e all’assistenza.
Preliminarmente, giova ricordare che il decreto, che si compone di 10 articoli, ha modificato i seguenti provvedimenti: • D.lgs. n. 151/2001 (di seguito anche T.U.);
L’intervento più corposo è stato sicuramente effettuato sul D.lgs. n. 151/2001; sono stati, infatti, modificati gli articoli relativi al congedo parentale, al divieto di licenziamento, alle sanzioni ed è stato introdotto un articolo specifico relativo al congedo di paternità introdotto in via sperimentale dalla Legge Fornero e reso strutturale dalla Legge di Bilancio 2022 (Legge n. 234 del 30 dicembre 2021). Preliminarmente il Legislatore ha dato la definizione di “congedo di paternità”, distinguendo tra
Con riferimento al congedo di paternità obbligatorio (ex art. 27-bis), resta confermata la durata massima del congedo obbligatorio fissata in 10 giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare, anche in via non continuativa, nell’arco temporale che va dai 2 mesi precedenti ai 5 mesi successivi al parto (fino al 12.08.2022 era possibile solo nei 5 mesi successivi al parto), sia in caso di nascita, sia in caso di morte perinatale del bambino. Inoltre, a differenza del passato, è stato anche previsto che nel caso di parto plurimo la durata del congedo passa a 20 giorni lavorativi. Con l’entrata in vigore del decreto in esame, il lavoratore padre non potrà, invece, più fruire del giorno di congedo facoltativo (fruibile in accordo con la madre ed in sostituzione di un’altrettanta giornata del congedo obbligatorio di maternità alla stessa spettante) stante l’abrogazione dell’articolo 1, comma 134, della Legge 30 dicembre 2021, n. 234. Il congedo è fruibile dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice e ne può fruire anche il padre adottivo o affidatario. Parimenti, il congedo è riconosciuto anche al padre che fruisce del congedo di paternità ai sensi dell’art. 28, D.lgs. n. 151/2001 (congedo di paternità alternativo). Per l’esercizio del diritto, il padre comunica in forma scritta al datore di lavoro i giorni in cui intende fruire del congedo, con un anticipo non minore di cinque giorni, ove possibile in relazione all’evento nascita, sulla base della data presunta del parto, fatte salve le condizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva.
Pertanto, a differenza della previgente disciplina:
Come già precisato si tratta di un congedo aggiuntivo, rispetto al congedo di paternità alternativo, disciplinato dall’art. 28 T.U., che spetta al padre in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre, in alternativa al congedo di maternità. Entrambi i congedi di paternità sono indennizzati (indennità giornaliera a carico dell’Inps pari al 100% della retribuzione per il congedo di paternità obbligatorio e, pari all’80% della retribuzione per il congedo di paternità alternativo) e sono coperti da contribuzione utile ai fini pensionistici.
Dall’entrata in vigore del D.lgs. n. 105/2022 vige il divieto di licenziamento del padre lavoratore, qualora lo stesso fruisca dei congedi di cui agli articoli 27-bis (congedo obbligatorio) e 28 (congedo alternativo). Il divieto opera per tutta la durata del congedo stesso e fino al compimento di un anno di età del bambino (art. 54, c. 7, T.U.).
Altre novità importanti, riguardano il congedo parentale dei lavoratori dipendenti. In primo luogo, si deve evidenziare la modifica dei periodi indennizzabili, che ora sono i seguenti:
Restano, invece, immutati i limiti massimi individuali e di entrambi i genitori previsti dall’articolo 32 del T.U. ossia:
Con riferimento ai casi di adozione nazionale ed internazionale e di affidamento, si precisa che l’indennità del 30% è dovuta, sempre per il periodo massimo complessivo di 9 mesi, entro i 12 anni dall’ingresso del minore in famiglia e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età. Al genitore solo, sono ora riconosciuti 11 mesi (e non più 10 mesi) continuativi o frazionati di congedo parentale, di cui 9 mesi (e non più 6 mesi) sono indennizzabili al 30% della retribuzione. La novella normativa precisa che per genitore solo deve intendersi anche il genitore nei confronti del quale sia stato disposto, ai sensi dell’articolo 337-quater del codice civile, l’affidamento esclusivo del figlio. Nel caso di affidamento esclusivo del figlio, l’altro genitore perde il diritto al congedo non ancora utilizzato.
Allo stesso modo, ai genitori di minori con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della Legge 5 febbraio 1992, n. 104, che hanno diritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale ai sensi dell’art. 33 T.U., è dovuta un’indennità pari al 30% della retribuzione, per tutto il periodo di prolungamento (3 anni – art. 34, comma 2, T.U.). Come già avveniva in passato, per i periodi di congedo parentale ulteriori ai 9 mesi indennizzabili per entrambi i genitori o per il genitore solo, è dovuta, fino al dodicesimo anno (e non più fino all’ottavo anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento), un’indennità pari al 30% della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.
Altra novità in materia di congedo parentale attiene la maturazione dei ratei. Così come previsto dal riscritto art. 34, comma 5, D.lgs. n. 151/2001 i periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all’effettiva presenza in servizio, salvo quanto diversamente previsto dalla contrattazione collettiva.
Restando sempre in tema di congedo parentale, il Legislatore ha, altresì, previsto che le lavoratrici ed i lavoratori iscritti alla Gestione Separata, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, hanno diritto ad un trattamento economico per congedo parentale per un periodo pari a tre mesi ciascuno entro i primi dodici anni di vita del bambino. I periodi spettanti non sono trasferibili all’altro genitore. Entro lo stesso termine, i genitori hanno diritto, in alternativa tra loro, ad ulteriori tre mesi di congedo. I trattamenti economici per congedo parentale, ancorché fruiti in altra gestione o cassa di previdenza, non possono complessivamente superare tra entrambi i genitori il limite complessivo di nove mesi.
Con riferimento al congedo straordinario di cui all’art. 42. comma 5. D.lgs. n. 151/2001, pari a 2 anni nell’arco della vita lavorativa, è stata prevista l’equiparazione, ai fini della concessione dello stesso, del convivente di fatto (di cui all’art. 1, c. 36, della L. n. 76/2016) al coniuge ed alla parte di un’unione civile. È stato, inoltre, ridotto da 60 a 30 giorni il termine – decorrente dalla richiesta – entro cui il lavoratore ha diritto alla fruizione del congedo. Altra novità di rilievo attiene il requisito della convivenza; ora il diritto al congedo spetta anche nel caso in cui la convivenza sia stata instaurata successivamente alla richiesta di congedo.
Le lavoratrici autonome e le libere professioniste hanno ora diritto all’indennità giornaliera di maternità anche per i periodi antecedenti i 2 mesi prima del parto “nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, sulla base degli accertamenti medici di cui all’articolo 17, comma 3” del T.U. L’indennità per i periodi antecedenti i 2 mesi prima del parto è, pertanto, erogabile in presenza di un accertamento medico della ASL, come previsto dal rinvio all’articolo 17, comma 3, dello stesso T.U. Il Decreto legislativo n. 105/2022 innova anche la disciplina dei congedi parentali per i soli lavoratori autonomi di cui al Capo XI del T.U., riconoscendo il diritto al congedo parentale anche ai padri lavoratori autonomi. Dalla nuova formulazione deriva il diritto a 3 mesi di congedo parentale per ciascuno dei genitori, da fruire entro l’anno di vita (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) del minore.
Come scritto in premessa, sono state apportate modifiche anche alla L. n. 104/1992; nello specifico il novellato art. 33, comma 3, della Legge n. 104/1992, individua tra i titolari del diritto anche la parte di un’unione civile e il convivente di fatto e stabilisce che “Fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l’assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro”. Viene, dunque, superato il principio del “referente unico dell’assistenza”, in base al quale, nel previgente sistema, a esclusione dei genitori – per i quali è sempre stata prevista tale facoltà – non poteva essere riconosciuta a più di un lavoratore dipendente la possibilità di fruire dei giorni di permesso per l’assistenza alla stessa persona in situazione di disabilità grave.
Il decreto in esame, modifica anche il D.lgs. n. 81/2015; in conseguenza di tale modifica (art. 8, comma 4) viene ora riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, in caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti, oltre che il coniuge, la parte di un’unione civile o il convivente di fatto.
È stato previsto che i datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici e dai lavoratori • con figli fino a dodici anni di età
La stessa priorità è riconosciuta da parte del datore di lavoro alle richieste dei lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della Legge 5 febbraio 1992, n. 104 o che siano caregivers ai sensi dell’articolo 1, comma 255, della Legge 27 dicembre 2017, n. 205.
Infine, il decreto è intervenuto anche in materia di sanzioni; ne sono state previste di due diverse tipologie.
Per i casi di rifiuto, opposizione o ostacolo all’esercizio del diritto al congedo di paternità obbligatorio, all’esercizio del diritto al congedo straordinario, nonché nel caso poi di inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli del D.lgs. n. 151/2001 • 39: riposi giornalieri della madre
Se, invece, i casi di rifiuto, opposizione o ostacolo all’esercizio del diritto attengono il congedo di paternità obbligatorio, il congedo straordinario (art. 42, co. 5, T.U.), i diritti di cui all’articolo 33, L. n. 104/92, i diritti di assenza dal lavoro per congedo di paternità alternativo, riposi giornalieri della madre (art. 39 T.U.), riposi giornalieri del padre (art. 40 T.U.), riposi parti plurimi (art. 41 T.U.), riposi e permessi per i figli con handicap grave (art. 42 T.U.) e adozioni e affidamenti (art. 45 T.U.) e il diritto alla fruizione del lavoro agile e sono rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del
D.lgs. n. 198/2006, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, tali violazioni impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
Infine, la lavoratrice o il lavoratore che richiedano di fruire del lavoro agile o della trasformazione a part time non possono essere sanzionati, demansionati, licenziati, trasferiti o sottoposti ad altra misura organizzativa aventi effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro. Qualunque misura adottata in violazione di tali diritti è da considerarsi ritorsiva o discriminatoria e, pertanto, nulla.