E non è necessario perdersi
in astruse strategie,
tu lo sai, può ancora vincere
chi ha il coraggio delle idee.
(R. Zero, “Il coraggio delle idee”)
Il recente restyling del Codice delle pari opportunità operato dalla Legge n. 162 del 5 novembre 2021 ci offre lo spunto per tornare a parlare di discriminazione in ambito lavorativo e, nello specifico, per quanto riguarda
l’accesso al part-time.
Un tema peraltro affrontato altre volte sulle pagine di questa Rivista.1
Ci imbattiamo spesso in contratti collettivi che disciplinano l’accesso al lavoro parziale ponendo assurdi paletti all’utilizzo di questa tipologia contrattuale.
Analizziamo alcune di queste clausole rappresentative di un errore di fondo.
Nel Ccnl Terziario, Distribuzione e Servizi (ConfCommercio) la preoccupazione degli estensori è quella di vietare la stipula di rapporti che prevedano orari troppo “ridotti” stabilendo che:
… la prestazione individuale sarà fissata fra datore di lavoro e lavoratore in misura non inferiore ai seguenti limiti:
Aziende che occupino complessivamente fino a 30 dipendenti
a) 16 ore, nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario settimanale … … Potranno essere realizzati contratti di
lavoro a tempo parziale della durata di 8 ore settimanali per la giornata di sabato o domenica cui potranno accedere,
studenti, lavoratori occupati a tempo parziale presso altro datore di lavoro, nonché giovani fino a 25 anni di età compiuti … … La prestazione lavorativa giornaliera fino a 4 ore non potrà essere frazionata nell’arco della giornata.
È singolare come nelle premesse dell’art. 80 del Ccnl si ribadisca, pomposamente, che le parti ritengono che:
… il rapporto di lavoro a tempo parziale possa essere considerato mezzo idoneo ad agevolare l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro … … Il rapporto di lavoro a tempo parziale ha la funzione di consentire: flessibilità della
forza lavoro in rapporto ai flussi di attività nell’ambito della giornata, della settimana, del mese o dell’anno; risposta ad esigenze individuali dei lavoratori, anche già occupati.
Come dire che da un lato il part-time è un mezzo per realizzare le aspirazioni lavorative di coloro che non possono garantire una prestazione lavorativa a tempo pieno, ma al contempo si ritiene che un orario inferiore alle
16 ore non possa interessare in alcun modo il lavoratore/la lavoratrice ma sia funzionale solo ai (miserabili) interessi dell’azienda. E si pensa pure che a nessuno interessi lavorare due ore il mattino e due il pomeriggio. Il mondo del lavoro, questo sconosciuto.
Nel Ccnl Edili Industria invece l’intento è vietare il ricorso in maniera massiva a rapporti a tempo parziale.
Ecco che quindi si legge che:
… le parti stabiliscono che un’impresa edile non può assumere operai a tempo parziale per una percentuale superiore al 3% del totale dei lavoratori occupati a tempo indeterminato.
Resta ferma la possibilità di impiegare almeno un operaio a tempo parziale, laddove non ecceda il 30% degli operai a tempo pieno dipendenti dell’impresa … … Sono in ogni caso esenti dai limiti quantitativi di cui ai commi 7 e 8 i contratti a part-time stipulati con personale impiegatizio, con personale operaio non adibito alla produzione ad esclusione degli autisti, con personale operaio di livello 4 …
Anche qui la contraddizione sta nel fatto che all’art. 78 del Ccnl si dice che: … Il rapporto di lavoro a tempo parziale … potrà essere attuato con riferimento a tutti i giorni lavorativi della settimana (part-time orizzontale), nonché a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese, dell’anno (part-time verticale) conformemente ai principi di seguito elencati:
a) volontarietà di entrambi le parti del rapporto, salvo diverse previsioni della legge;
b) compatibilità con le esigenze funzionali ed organizzative dell’ufficio, unità produttiva e dell’azienda nel suo
complesso, nonché con i contenuti professionali della mansione svolta; … Anche in questo accordo traspare il preconcetto (direi tutto delle oo.ss. dei lavoratori) che troppi part-time equivalgano a sfruttamento dei lavoratori.
Tutte queste limitazioni, previste dagli accordi collettivi, sono sempre state denunciate da chi scrive come illegittime in riferimento alla Direttiva 97/81/CE del Consiglio Europeo del 15 dicembre 1997 relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES, citando a supporto i seguenti principi:
Clausola 1: oggetto
Il presente accordo quadro ha per oggetto:
a) di assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale;
b) di facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale su base volontaria e di contribuire all’organizzazione flessibile dell’orario di lavoro in modo da tener conto dei bisogni degli imprenditori e dei lavoratori.
1. Per quanto attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a
meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive.
1. Nel quadro della clausola 1 del presente accordo e del principio di non- discriminazione tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno:
a) gli Stati membri, dopo aver consultato le parti sociali conformemente alla legge o alle prassi nazionali, dovrebbero identificare ed esaminare gli ostacoli di natura giuridica o amministrativa che possono limitare le possibilità di lavoro a tempo parziale e, se del caso, eliminarli;
b) le parti sociali, agendo nel quadro delle loro competenze a delle procedure previste nei contratti collettivi, dovrebbero identificare ed esaminare gli ostacoli che possono limitare le possibilità di lavoro a tempo parziale e, se del caso, eliminarli.
È talmente chiaro che non credo proprio serva commentare oltre.
In tema di discriminazione assume rilevanza anche il D.lgs n. 198 dell’11 aprile 2006 dove possiamo leggere:
Art. 1 … La parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli dell’occupazione, del lavoro e della retribuzione … L’obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività.
Art. 10 … il Comitato (nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici – NdA) … promuove la rimozione … degli ostacoli che limitano l’uguaglianza tra uomo e donna nella progressione professionale e di carriera, lo sviluppo di misure per il reinserimento della donna lavoratrice dopo la maternità, la più ampia diffusione del lavoro a tempo parziale e degli altri strumenti di flessibilità a livello aziendale che consentano una migliore conciliazione tra vita lavorativa e impegni familiari …
Art. 25 … 1. Costituisce discriminazione diretta, ai sensi del presente titolo, qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, nonché l’ordine di porre in essere un atto o un comportamento, che produca un effetto pregiudizievole discriminando le candidate e i candidati, in fase di selezione del personale, le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga.
2. Si ha discriminazione indiretta … quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento, compresi quelli di natura organizzativa o incidenti sull’orario di lavoro, apparentemente neutri mettono o possono mettere i candidati in fase di selezione e i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di
particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso …
2-bis. Costituisce discriminazione … ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio
dei relativi diritti, pone o può porre il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni:
a) posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;
b) limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;
c) limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.
Non credo di svelare nessun arcano dicendo che il part-time è una tipologia di contratto di lavoro a cui accede con più frequenza – per l’ovvia volontà necessitata dal ruolo della donna nella famiglia – il personale femminile che quello maschile. Nei fatti quindi qualsiasi limitazione in termini di orario minimo o di percentuali massime di contratti part-time, colpisce più le persone di un sesso che dell’altro, ostacolandone le legittime ambizioni di accedere al mondo del lavoro o di contribuire, anche solo in parte, al benessere e alla prosperità familiare.
In questo quadro sempre più contraddistinto dalla eliminazione di ogni ostacolo di tipo legislativo, amministrativo o burocratico all’acceso al part-time – tipologia contrattuale da intendersi strumento di realizzazione dello scopo dichiarato in molti provvedimenti (da ultimo il D.lgs n. 105/2022) ossia la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata – è auspicabile che venga codificato il principio che non può essere messo e ammesso alcun limite al lavoro parziale. Da chicchessia.
E poiché pare che i contratti collettivi nazionali non riescano a comprendere questo principio, è necessario intervenire a livello di normativa, prevedendo che:
Qualsiasi previsione di natura giuridica, amministrativa o pattizia, anche se prevista dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del D.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015, che limiti, anche solo di fatto, la possibilità di accesso al lavoro mediante un contratto di lavoro a tempo parziale è da considerare illegittimamente apposta e quindi soppressa di diritto.
1. A. Borella, Part-time e Ticket licenziamento: poniamo fine ad una discriminazione, in questa Rivista, settembre 2021, pag. 41.