L’ILLUSIONE DEL CONTROLLO TOTALE
Mi è capitato spesso di conoscere imprenditori che, con passione e dedizione, hanno costruito la loro azienda a partire da zero. Sono persone abituate a fare tutto: prendere decisioni strategiche, controllare i dettagli operativi, risolvere i problemi dei clienti e persino supervisionare il lavoro quotidiano del loro team di collaboratori. In sostanza, passa tutto da loro. In questi casi possiamo dire di essere di fronte ad un “accentramento gestionale”, ovvero alla situazione in cui tutte le principali decisioni e azioni aziendali sono concentrate nelle mani del fondatore dell’impresa (o di poche altre persone). Secondo questo modello, la gestione e il controllo delle operazioni quotidiane sono svolte da un’unica persona, le risorse vengono allocate solo dopo l’approvazione del leader, le responsabilità decisionali non sono distribuite tra i vari livelli dell’organizzazione, ma focalizzate in un’unica area centrale. Sebbene questo approccio possa talvolta sembrare vantaggioso (può evitare disallineamenti ed eventuali conflitti interni, favorire una maggiore uniformità nelle decisioni, una miglior coerenza nella gestione e una più rapida risposta alle situazioni critiche), in realtà non è privo di importanti effetti collaterali. Cosa accade, infatti, quando l’azienda cresce? Quando le attività si moltiplicano, i clienti aumentano, il mercato di riferimento cambia e i progetti si fanno più complessi? In molti casi, l’accentramento gestionale può determinare alcuni rischi, quali, per esempio, il sovraccarico decisionale: quando tutto passa dall’imprenditore, ogni suo minuto della giornata è occupato da problemi operativi, col rischio di trascurare ciò che è più strategico per il business. Inoltre, se tutte le decisioni cruciali devono passare attraverso di lui, il suo carico di lavoro aumenta in modo esponenziale, spesso portando a stress e burnout. Portare il lavoro a casa ogni sera, rispondere a mail a tutte le ore e sentirsi l’unico responsabile del successo dell’azienda può portare a tensione crescente, esaurimento e, nel tempo, perdita di motivazione. In sostanza, se l’imprenditore (o il manager accentratore) è l’unico a prendere decisioni su ogni singolo aspetto (dalla strategia di marketing alla gestione delle risorse umane, fino alla pianificazione finanziaria), questo approccio lo condurrà a lavorare molte più ore di quanto sarebbe sostenibile, con il rischio che alcune decisioni possano venire prese senza la necessaria lucidità. In sostanza, l’accentratore rischia di non aver tempo per concentrarsi sugli aspetti strategici e si ritrova a “spegnere incendi” quotidianamente, il che toglie energie a tutto ciò che ha a che fare con lo sviluppo e la crescita dell’azienda. Un altro effetto critico dell’accentramento è il rischio che il team di collaboratori non cresca: se i dipendenti capaci tendono ad essere prevalentemente “guidati” piuttosto che responsabilizzati, a lungo andare finiscono per eseguire meccanicamente i loro compiti, perdendo l’occasione di sviluppare le competenze necessarie per gestire autonomamente situazioni complesse. Quando ogni decisione (anche di carattere operativo) è presa ai vertici, i collaboratori tendono a ridurre l’iniziativa e aspettano istruzioni prima di agire, il che crea un ambiente di lavoro meno proattivo, riducendo la motivazione e limitando le opportunità di crescita e innovazione all’interno del team. Facciamo un esempio: in un’azienda che opera nel settore dei servizi, il manager che sta a capo dell’unità commerciale centralizza ogni decisione riguardante le relazioni con i clienti, le strategie di vendita e le varie operazioni quotidiane; questo modo di gestire rischia di impedire al team di collaboratori di sviluppare approcci personalizzati e flessibili per rispondere alle esigenze dei clienti. I venditori, di conseguenza, possono sentirsi limitati nell’adattare la loro strategia di vendita alle diverse situazioni, e forzati a seguire rigidamente e in ogni occasione procedure predefinite, con l’effetto di risultare poco creativi e poco reattivi nel rispondere alle esigenze immediate del mercato di riferimento. Accentrare eccessivamente può portare anche una diminuzione dell’efficienza aziendale: se tutte le decisioni devono essere sottoposte al vaglio del vertice i tempi di risposta si dilatano con conseguente rallentamento dell’esecuzione delle attività quotidiane e ritardi nei processi operativi. Se il leader si ammala o è in ferie (o semplicemente ha bisogno di “staccare”), molte attività rischiano di fermarsi. Le azioni, anche quelle più semplici, si bloccano o vengono sospese e, in un mercato in rapido cambiamento, questa frenata può essere fatale: la concorrenza, più snella e veloce nel dare risposte, può trarne sicuro vantaggio. Sulla base di quanto detto finora, è fondamentale che imprenditori e manager sappiano bilanciare il controllo centralizzato con una certa dose di delega. Delegare non significa “scaricare” il lavoro su altri, né perdere il controllo della situazione e dell’azienda. Al contrario, è un modo per sviluppare dei collaboratori autonomi e capaci di sostenere l’azienda anche in assenza del leader. Un manager che delega è come un direttore d’orchestra: non suona ogni strumento, ma coordina i musicisti per creare la funzionale armonia.
LA DELEGA: COS’È E COME FUNZIONA
La delega è un concetto chiave nella gestione aziendale e può essere definita come il processo mediante il quale un manager (o imprenditore) assegna a un collaboratore (o a un team) la responsabilità di portare a termine un compito, di raggiungere un obiettivo o prendere una decisione specifica. Non si tratta di un semplice trasferimento di lavoro, ma di un atto di fiducia e di empowerment verso chi riceve il compito. Delegare significa riconoscere ai propri collaboratori le competenze necessarie per gestire determinate aree di attività, dando loro l’opportunità di crescere professionalmente e di contribuire attivamente al successo dell’azienda. Perché la delega funzioni in modo efficace, è necessario rispettare un processo strutturato che include alcune fasi cruciali, come per esempio, l’identificazione del compito (o dell’obiettivo) da delegare: il primo passo è capire quali attività è utile e necessario che vengano delegate. In genere, si tratta di compiti operativi (o gestionali) che per essere svolti non richiedono necessariamente l’intervento diretto del leader. Fondamentale è la selezione del collaboratore (o del team) a cui delegare un progetto, cioè saper scegliere la persona “giusta” per lo svolgimento dei compiti e il raggiungimento degli obiettivi ad esso connessi. È opportuno che i criteri di scelta siano riferiti a competenze, esperienza, motivazione e livello di autonomia possedute dal collaboratore. Quando un responsabile deve assegnare un compito, il primo fattore da considerare è se il collaboratore possieda le abilità, le conoscenze e l’esperienza necessaria per portarlo a termine. In assenza di adeguata competenza, il rischio che il lavoro venga mal eseguito è elevato e, anche se il leader fornisce supporto e indicazioni precise, i risultati potrebbero essere deludenti. Se un manager delega la gestione di un progetto complesso ad un collaboratore che ha esperienza e competenza nel settore, è altamente probabile che la delega possa funzionare bene in quanto il collaboratore saprà cosa fare, come farlo e quando farlo. Tuttavia, è importante che la persona a cui viene delegato un compito non solo abbia la competenza necessaria per svolgerlo al meglio, ma anche la voglia di affrontarlo con impegno e passione. La motivazione è ciò che fa la differenza tra una persona che fa il minimo indispensabile e una che si dedica al compito con spirito di iniziativa e dedizione. Supponiamo che un manager decida di delegare un progetto a un collaboratore che, pur essendo competente in materia, non è particolarmente motivato a realizzarlo: può essere che tale collaboratore non abbia alcun interesse per il progetto affidatogli o non percepisca un incentivo adeguato per portarlo avanti con convinzione ed entusiasmo. In una situazione del genere, anche se il collaboratore è in grado di svolgere il compito affidatogli, è probabile che non riuscirà a dare il meglio di sé, di conseguenza, la qualità del proprio lavoro potrebbe risentirne e, inoltre, anche l’assunzione di responsabilità rispetto al risultato finale potrebbe venir meno. La delega efficace implica che il collaboratore si faccia carico fino in fondo del risultato che dovrà essere prodotto e che affronti con determinazione le eventuali sfide connesse al progetto e prenda decisioni in autonomia, pur mantenendo aggiornato il proprio responsabile degli sviluppi del proprio lavoro. Se il collaboratore non è disposto ad assumersi la responsabilità necessaria, di fronte alle difficoltà, potrebbe cercare di rifugiarsi in alibi per giustificare il mancato risultato mettendo a rischio l’esito complessivo del progetto. Viceversa, quando un collaboratore è motivato e si sente responsabilizzato, se qualcosa va storto, cercherà soluzioni, farà il possibile per superare gli ostacoli e sarà disposto a assumersi fino in fondo la responsabilità, sia del successo che degli eventuali insuccessi. Questo atteggiamento, oltre ad aumentare le probabilità di riuscita, rafforza la relazione di fiducia tra leader e collaboratore. Il noto modello della Leadership Situazionale di Kenneth Blanchard fornisce un quadro utile per comprendere come adattare lo stile di leadership in base alla combinazione di competenza, motivazione e responsabilità del collaboratore. Secondo Blanchard, non esiste un solo stile di leadership valido in ogni situazione. Un leader deve essere in grado di individuare il livello di maturità (cioè la competenza e la motivazione) di un collaboratore e adottare lo stile di gestione più appropriato in funzione di questi parametri. Pertanto, la delega è appropriata nel caso in cui sia la competenza che l’impegno del collaboratore (rispetto al compito affidato) siano elevate. Tuttavia, perché la delega funzioni davvero, è necessario che il leader non solo comprenda i livelli di competenza e motivazione, ma sappia anche come stimolare un forte senso di responsabilità, sapendo motivare e dare fiducia ai propri collaboratori. Un fattore importantissimo è la comunicazione chiara delle aspettative: il leader deve essere chiaro riguardo agli obiettivi, ai tempi e ai risultati attesi. È cruciale che il collaboratore comprenda pienamente le aspettative e le risorse disponibili a sua disposizione per completare il compito con successo e che acquisisca la corretta consapevolezza di quel mix di autonomia e responsabilità a lui richiesti. Il responsabile può fare in modo che la delega risulti più coinvolgente e gratificante dando al collaboratore l’opportunità di partecipare alla definizione degli obiettivi, coinvolgendolo in prima persona nella stesura delle basi del progetto. Un imprenditore che, per ipotesi, gestisce un’agenzia di marketing digitale decide di delegare la creazione di una campagna pubblicitaria a un responsabile del proprio team. Prima di dare la delega, sarà utile che l’imprenditore si assicuri che il collaboratore che la dovrà ricevere capisca quali sono i KPIs (indicatori chiave di performance) da raggiungere e come misurare il successo della campagna. La comunicazione dovrà risultare chiara riguardo ai tempi, al budget disponibile e alla direzione creativa da seguire. Avvenuta la delega, è opportuno che il leader sia disponibile a fornire al collaboratore il supporto se necessario per risolvere eventuali problemi in corso d’opera ed intervenire in caso di necessità, offrendo anche la propria disponibilità a fornire il proprio feedback in merito all’andamento del progetto delegato e garantendo il necessario monitoraggio. È importante però che venga evitata ogni sorta di micro-gestione, cioè il controllo e monitoraggio eccessivo di ogni singolo aspetto del progetto che è stato delegato. Il monitoraggio deve essere equilibrato, in modo da consentire al collaboratore di agire in modo autonomo permettendogli di prendere le decisioni con il necessario senso di responsabilità: il collaboratore deve percepire la delega come una sfida positiva e come un’opportunità di crescita, non come l’ennesimo incarico che alimenta uno stato di sovraccarico già presente.
I RISCHI
Quando un responsabile delega un’attività solo perché non gli piace o non è più di tanto interessato a svolgerla in prima persona (nonostante necessiti di essere svolta), abbiamo a che fare non con una delega strategica e professionalmente attribuita, ma con una sorta di “scaricabarile” che rischia di compromettere sia il morale del team sia la qualità del lavoro di chi la riceve. Se i collaboratori colgono che si tratta solo di un modo che il responsabile utilizza per “liberarsi” di compiti indesiderati, possono sentirsi svalutati, sfruttati e sottovalutati: questi sentimenti possono portarli, di conseguenza, ad operare senza la necessaria motivazione. Il “capo” può essere percepito come approfittatore e come persona per nulla interessata al lavoro del proprio team, con conseguente deterioramento del rapporto di fiducia e di collaborazione. Se ciò è unito ad una situazione di carico di lavoro elevato, nel lungo periodo, può condurre anche a burnout e riduzione della produttività. Quando invece la delega non è accompagnata dal positivo riconoscimento per il lavoro svolto dal team che l’ha assunta, i collaboratori possono sentirsi sfruttati e privati di una concreta occasione di visibilità e crescita: questo può portare a una riduzione dell’impegno e, nel lungo termine, a un turnover elevato. Per esempio, se un imprenditore delega la gestione di un evento aziendale ad un team di collaboratori, ma, una volta realizzato l’evento, si prende tutto il merito del successo ottenuto, senza riconoscere il positivo contributo del team, è altamente probabile che i membri del gruppo di lavoro si sentano poco valorizzati e possano cercare altre opportunità lavorative più gratificanti. Come evitare questi problemi? Per prevenire gli effetti negativi di una delega mal gestita, un responsabile dovrebbe anzitutto essere consapevole delle proprie motivazioni che sottostanno alla decisione di delegare, come per esempio l’intento di ottimizzare i processi operativi, la volontà di valorizzare le competenze dei collaboratori, l’opportunità di fruire di più tempo per sviluppare strategie di successo per la crescita dell’azienda. Chi delega dovrebbe inoltre valutare le capacità e i carichi di lavoro dei collaboratori, bilanciare i compiti, distribuire equamente le attività meno piacevoli tra i membri del team, evitando di concentrare il lavoro “scomodo” su una sola persona, stabilendo obiettivi e priorità, spiegando chiaramente il perché della delega ed evidenziando anche il valore aggiunto che ciascun collaboratore può apportare all’interno del progetto delegato, oltre che, come si è detto, monitorare lo stato d’avanzamento, fornendo feedback costruttivi e attribuendo i giusti riconoscimenti. Seguendo questi principi, la delega può diventare un’opportunità di crescita per i collaboratori e una strategia vincente per l’azienda, senza generare effetti negativi sul morale o sul clima lavorativo.
I BENEFICI
Quando la delega è gestita correttamente, offre una serie di benefici sia per il leader che per l’intera organizzazione, come:
1. Aumento della produttività: la delega permette al leader di concentrarsi sui compiti strategici e sulle decisioni cruciali, mentre le attività operative vengono gestite in autonomia dai collaboratori, il che porta ad una maggiore efficienza e ad una migliore distribuzione del carico di lavoro all’interno dell’organizzazione.
2. Sviluppo delle competenze: delegare è anche un modo per formare i collaboratori, perché permette loro di assumersi maggiori responsabilità, sviluppare nuove competenze e acquisire esperienza in ruoli di leadership: tutto ciò, a sua volta, può incentivare la motivazione e migliorare il morale del team.
3. Empowerment e motivazione: la delega è un atto di fiducia, quando un leader delega un compito ad un collaboratore gli dà l’opportunità di dimostrare il proprio valore e di crescere professionalmente; tale senso di empowerment aumenta la motivazione e l’impegno del collaboratore.
4. Flessibilità e adattabilità: quando il carico di lavoro è distribuito tra più persone, l’organizzazione è più flessibile e in grado di adattarsi ai cambiamenti; la delega consente ai team di rispondere più rapidamente alle sfide, perché le decisioni sono decentrate.
5. Migliore focus sui compiti strategici: delegando le attività operative, i manager possono concentrarsi maggiormente sulla visione strategica dell’azienda, sulla crescita a lungo termine e sulla definizione di politiche aziendali efficaci, la qual cosa porta a una gestione più orientata al futuro.
6. Prevenzione del burnout: delegare riduce il carico di lavoro e il rischio di burnout per il leader perché, attraverso una corretta distribuzione delle attività, migliora la gestione del tempo e la concentrazione sulle priorità. In sintesi, la delega è una competenza fondamentale per ogni manager e imprenditore che desideri ottimizzare le risorse aziendali e promuovere una cultura di responsabilità e crescita. Nonostante i rischi legati a un’errata gestione, quando è fatta in modo strategico, tale operazione può migliorare la produttività, motivare i dipendenti e alleggerire il carico di lavoro del leader. L’importante è che venga eseguita con attenzione: la chiave è scegliere il collaboratore “giusto”, essere chiari nel precisare le aspettative e fornire il corretto supporto, monitorando e dando opportuni feedback. In questo modo, i benefici della delega possono trasformarsi in vantaggi duraturi per l’intera organizzazione.
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
Gary A. Yukl– (2019) – Leadership Organizations – Ninth Edition.
Paul Hersey e Kenneth Blanchard– (1982) – Leadership Situazionale – Sperling & Kupfer.
PI Studio – (2023) – Il potere della delega: come liberare il potenziale dei tuoi collaboratori- Amazon.