Fondazione CDL Milano: gli incontri di AccadeMIa – DISUGUAGLIANZE E INCLUSIONE: A CHE PUNTO SIAMO?

Luciana Mari e D. Morena Massaini , Consulenti del Lavoro in Milano

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L’incontro organizzato dall’AccadeMIa di Fondazione Consulenti del Lavoro di Milano ha messo a confronto esperti, istituzioni e aziende sul tema della diversità e inclusione. Emergono convergenze significative e anche sfide concrete nell’implementazione di politiche efficaci.

Lo scorso 9 giugno, ospite di InPlace presso lo spazio IlluMI di Milano, l’AccadeMIa della Fondazione Consulenti del Lavoro di Milano ha dato vita, in collaborazione con l’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Milano e l’ANCL Up di Milano, ad un nuovo incontro dedicato a un tema di estrema attualità: Disuguaglianze e inclusione – A che punto siamo e qual è l’attuale visione delle imprese straniere e italiane? L’incontro si inserisce in una serie di appuntamenti che hanno preso il via sul finire del 2023 e che si propongono come riflessioni sul mondo del lavoro che cambia: dialoghi che spaziano dal diritto alla filosofia, dalla sociologia all’economia, dall’etica alla libertà. L’evento di giugno incarna perfettamente lo spirito di AccadeMIa: quello di essere un luogo di incontro, riflessione e crescita professionale, dove il confronto e il dialogo costruttivo tra diverse expertise genera conoscenza pratica e spendibile nel quotidiano lavorativo.

IL CUORE DELLE POLITICHE DEI

Quando parliamo di diversità, equità e inclusione, non stiamo semplicemente discutendo di strategie aziendali o di adempimenti normativi. Stiamo parlando di un cambiamento culturale profondo che trasforma il modo stesso di concepire il lavoro e le relazioni umane nelle organizzazioni.

Lo scorso 9 giugno, ospite di InPlace presso lo spazio IlluMI di Milano, l’AccadeMIa della Fondazione Consulenti del Lavoro di Milano ha dato vita, in collaborazione con l’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Milano e l’ANCL Up di Milano, ad un nuovo incontro dedicato a un tema di estrema attualità: Disuguaglianze e inclusione – A che punto siamo e qual è l’attuale visione delle imprese straniere e italiane? L’incontro si inserisce in una serie di appuntamenti che hanno preso il via sul finire del 2023 e che si propongono come riflessioni sul mondo del lavoro che cambia: dialoghi che spaziano dal diritto alla filosofia, dalla sociologia all’economia, dall’etica alla libertà. L’evento di giugno incarna perfettamente lo spirito di AccadeMIa: quello di essere un luogo di incontro, riflessione e crescita professionale, dove il confronto e il dialogo costruttivo tra diverse expertise genera conoscenza pratica e spendibile nel quotidiano lavorativo.

IL CUORE DELLE POLITICHE DEI

Quando parliamo di diversità, equità e inclusione, non stiamo semplicemente discutendo di strategie aziendali o di adempimenti normativi. Stiamo parlando di un cambiamento culturale profondo che trasforma il modo stesso di concepire il lavoro e le relazioni umane nelle organizzazioni.

Siamo oggi mossi dalla consapevolezza che il dibattito sul tema delle politiche DEI non si può non affrontare: occorre riflettere sul valore dell’azione di pratiche inclusive che possono rappresentare una strategia vincente per le imprese. Può significare accedere a nuovi mercati, stimolare l’innovazione e contribuire alla stabilità sociale. Al contrario, non valorizzare pienamente il capitale umano potrebbe limitare gravemente il potenziale di crescita. Due concetti, un’unica visione Le politiche DEI rappresentano molto più di un insieme di linee guida: sono la manifestazione concreta di una visione. Diversità e inclusione sono concetti strettamente interconnessi:

• La diversità riflette le caratteristiche uniche di ogni individuo – etnia, età, genere, orientamento affettivo, convinzioni, esperienze personali, abilità cognitive e fisiche

• L’inclusione è la strategia che consente di riconoscere e valorizzare queste differenze, creando ambienti dove ogni persona possa sentirsi genuinamente accolta e rispettata. Una trasformazione necessaria ma complessa I dati ci dicono che le organizzazioni che abbracciano autenticamente queste politiche registrano maggiore innovazione, creatività e soddisfazione dei clienti. Diverse imprese stanno lavorando per garantire equità e abbattere ogni forma di discriminazione, creando ambienti in cui ciascuno possa esprimere appieno il proprio potenziale. Tuttavia, sarebbe ingenuo non riconoscere le sfide. Nonostante la crescente sensibilità sul tema, molte organizzazioni faticano ad attuare un reale cambiamento, probabilmente ostacolate da consuetudini radicate o pregiudizi inconsci. L’implementazione delle politiche DEI potrebbe incontrare resistenze culturali e richiede investimenti significativi in formazione e consulenze. Il dibattito del nostro tempo Non dimentichiamolo: viviamo in un momento storico in cui queste politiche sono al centro di dibattiti accesi, con posizioni che spaziano dall’entusiasmo più convinto alla critica più severa. È proprio per questo che AccadeMIa ha deciso di stimolare riflessioni e dibattiti su questo tema. L’obiettivo dell’incontro è stato quello di esplorare insieme le sfumature, le complessità e le opportunità che le politiche DEI offrono. Come si possono superare, ove esistenti, le resistenze culturali mantenendo un dialogo costruttivo? Quali strumenti di monitoraggio – indicatori di performance, dashboard integrate, sistemi di valutazione – permettono di misurare realmente l’impatto delle iniziative? Le politiche DEI, quando implementate con autenticità e continuità, non si limitano a migliorare l’ambiente di lavoro: trasformano la cultura aziendale, rendendola più resiliente, più innovativa e più capace di attrarre e trattenere i migliori talenti. Una cultura aziendale inclusiva favorisce il benessere dei dipendenti, riduce turnover e assenteismo e facilita la collaborazione e la fiducia tra colleghi. Esaurita questa breve introduzione al tema, a seguire un report dell’incontro del 9 giugno u.s.

DALLA TEORIA ALLA REALTÀ: LE VOCI DEI PROTAGONISTI

L’incontro di AccadeMIa ha rivelato un quadro sorprendentemente onesto e financo disincantato sulla realtà delle politiche di diversità e inclusione nelle aziende italiane. A partire dalle basi teoriche fino ad arrivare alle esperienze concrete sul campo, è emerso un racconto corale che sfida molti luoghi comuni. Il Professor Gheno, Psicologo e Professore in psicologia delle risorse umane presso l’Università Cattolica di Milano e membro del comitato scientifico di Fondazione CDL Milano, ha aperto i lavori con una provocazione che ha dato il tono a tutto l’evento: “La diversità è la cosa più normale che esista in natura – due cose perfettamente uguali non esistono – eppure è una delle cose che ci crea maggiori difficoltà.” Il docente di psicologia delle risorse umane ha messo il dito nella piaga di quello che ha definito il “paradosso della diversità”: nelle aziende cerchiamo costantemente i “diversi” – li chiamiamo talenti quando ci piacciono – ma poi scopriamo che sono difficili da gestire proprio perché non sono come gli altri. La sua proposta è radicale: abbandonare il termine “uguaglianza” per abbracciare quello di “equità”, ovvero l’idea che soggetti diversi possano godere di trattamenti non uguali ma equivalenti negli esiti. Questa riflessione teorica ha trovato un’eco immediata nelle parole dell’avvocato Falasca di DLA Piper, che ha individuato con precisione il momento in cui le politiche di inclusione hanno iniziato a perdere la loro forza propulsiva: “Quando abbiamo trasformato l’impegno alla sostenibilità in un adempimento da inserire nel bilancio.” Quello che era una conquista culturale è diventato troppo rapidamente un obbligo normativo, generando paradossalmente la reazione opposta che stiamo vedendo oggi negli Stati Uniti. Per Falasca il punto è chiaro: l’inclusione deve essere prima di tutto una questione culturale, con norme che accompagnano piuttosto che imporre. Quando il sistema normativo corre troppo avanti rispetto ai cambiamenti della società, il risultato è inevitabilmente una reazione di rigetto. Questa analisi si conferma nel racconto del dott. Potito di Nunzio, Presidente dell’Ordine CDL Milano e di Fondazione CDL Milano, che ha svelato le difficoltà concrete incontrate nell’organizzare l’evento stesso. “È stato difficile organizzare questo evento. Di diversità ne parlano tanti – troppi – ma quando si tratta di applicarla concretamente, la storia cambia,” ha spiegato senza giri di parole. Le multinazionali invitate – italiane, americane, europee – hanno risposto tutte allo stesso modo: “Preferiamo non esporci.” Il motivo? L’onda lunga della politica americana postTrump, che ha inviato un messaggio chiaro alle aziende chiedendo di dichiarare di aver “messo al bando le politiche DEI.” Il risultato è un paradosso stridente: tutti ne parlano, nessuno vuole esporsi. Eppure, come ha dimostrato il dott. Mora, Direttore della Direzione Generale Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Lombardia, quando le politiche di diversità vengono implementate con un approccio pragmatico e business-oriented, i risultati arrivano. “Il risultato viene meglio a chi sa valorizzare la diversità,” ha spiegato portando dati concreti: un numero elevato di imprese lombarde ha aderito alla certificazione della parità di genere, sostenute da una dote economica cospicua messa in campo dalla Regione. L’approccio lombardo punta sulla funzionalità aziendale: l’obiettivo non è limitarsi a una certificazione, ma dimostrare che la diversità è un vantaggio competitivo. Particolarmente significativo il lavoro sul modello di impresa inclusiva per la disabilità, dove si è partiti dalla constatazione che il rispetto della Legge n. 68/99 viene vissuto dalle aziende come un “balzello” per arrivare a proporre progetti concreti di finanziamento a fondo perduto per favorire l’inclusione di persone con disabilità. La testimonianza aziendale è arrivata dalla dott.ssa Cattapan, Responsabile Coordinamento Estero Risorse Umane e Diversity Manager di Banca Mediolanum, che ha raccontato un percorso iniziato nel 2021 con una filosofia precisa: “Cerchiamo di parlare più del valore che dà la diversità piuttosto che delle disparità.” Il caso Mediolanum è emblematico perché mostra sia i successi che i limiti delle politiche DEI: sulla carta l’azienda è perfettamente equilibrata rispetto alla presenza in azienda di uomini e donne, ma la realtà è che più l’inquadramento sale, più le donne spariscono dai ruoli apicali. La strategia adottata – investire sul middle management femminile e formare i responsabili – ha portato alla certificazione di parità di genere per tutte le società italiane del gruppo nel maggio 2024, ma non senza difficoltà burocratiche significative. Anche l’esperienza internazionale del gruppo Mediolanum offre spunti interessanti: dall’Irlanda, dove la diversità culturale ha portato a creare uno spazio per la preghiera quotidiana per i colleghi musulmani, alla Germania, dove un manager evitava riunioni a porte chiuse con colleghe donne per paura di denunce per molestie. È proprio da quest’ultimo esempio che la dott.ssa Cattapan ha lanciato una riflessione provocatoria: “Rispetto alle iniziative su diversità e inclusione, forse qualche eccesso c’è stato? Si è forse perso un po’ il buon senso nell’approcciare questa tematica?”

CONCLUSIONI: ALLA RICERCA DI UN EQUILIBRIO SOSTENIBILE

L’incontro organizzato dalla Fondazione Consulenti del Lavoro ha messo in luce un panorama complesso e sfaccettato sul tema della diversità e inclusione, rivelando tanto punti di convergenza quanto approcci differenti tra i vari attori coinvolti. Emerge con chiarezza un consenso trasversale su alcuni principi fondamentali. Tutti i relatori concordano sul fatto che la cultura deve precedere la norma: dalle parole del Professor Gheno sul “paradosso della diversità” che richiede fatica e gradualità, alle riflessioni dell’Avvocato Falasca sui rischi dell’overregulation, fino all’esperienza pratica di Mediolanum che ha privilegiato la formazione interna prima della comunicazione esterna. Un secondo punto di convergenza riguarda il riconoscimento della complessità intrinseca del tema. Sia il dott. di Nunzio che la dott.ssa Cattapan evidenziano come le politiche DEI, se mal gestite, possano creare divisioni anziché inclusione. Tutti riconoscono che gestire la diversità “costa fatica” – psicologica, organizzativa ed economica – e che chi non lo ammette parte già svantaggiato. Infine, emerge unanime la necessità di un approccio business-oriented: da Regione Lombardia che punta sul “vantaggio competitivo della diversità” a Mediolanum che sceglie la “positività” come valore guida, tutti concordano che la diversità deve essere percepita come ricchezza e opportunità, non come obbligo etico. Nonostante le diverse sfumature, tutti i relatori convergono su un messaggio finale: la necessità di superare gli eccessi ideologici per abbracciare un approccio più pragmatico e sostenibile. La riflessione della dott.ssa Cattapan sugli “eccessi” che hanno fatto “perdere il buon senso”, le preoccupazioni di Falasca sull’eccesso normativo e l’esperienza del dott. di Nunzio con le aziende che “preferiscono non esporsi” disegnano un quadro dove l’entusiasmo iniziale lascia spazio a una fase di consolidamento più matura. La sintesi emersa dall’incontro può essere riassunta in una formula: diversità come valore, inclusione come processo, equità come obiettivo. Un approccio che combina gradualità nell’implementazione, focus sul business case, investimento nella formazione, supporto soprattutto alle PMI e misurazione dei risultati. Come ha efficacemente concluso il dott. di Nunzio: “La diversità non si impone, si coltiva”. Una frase che racchiude il senso di un percorso che richiede tempo, pazienza e soprattutto la capacità di trovare equilibri sostenibili tra ideali e realtà, tra innovazione e tradizione, tra diritti individuali e coesione sociale. L’incontro ha dimostrato che, al di là delle differenze di approccio, esiste uno spazio comune per costruire politiche di diversità e inclusione efficaci, purché si mantenga salda la bussola del pragmatismo e del buon senso. Clicca qui per il video integrale dell’evento.

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