Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 27436/2017,si sono finalmente pronunciate sui profili sanzionatori della disciplina applicabile in caso di esclusione e licenziamento del socio lavoratore di cooperativa, cercando in tal modo di assicurare l’uniforme interpretazione della l. 142/2001 da parte della giurisprudenza di legittimità, rivelatasi alquanto ondivaga negli ultimi anni.
In sintesi, un primo orientamento della Sezione Lavoro – alla luce dell’art. 5, co. 2, Legge n. 142/2001 secondo cui il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione del socio – ha affermato che “il legislatore ha … previsto un rapporto di consequenzialità fra il recesso o l’esclusione del socio e l’estinzione del rapporto di lavoro, che esclude la necessità, in presenza di comportamenti che ledono il contratto sociale oltre che il rapporto di lavoro, di un distinto atto di licenziamento, così come l’applicabilità delle garanzie procedurali connesse all’irrogazione di quest’ultimo“ (Cass. n. 14741/2011; nello stesso senso: Cass. n. 2802/2015; Cass. n. 9916/2016). Queste decisioni ritengono – adottando l’interpretazione della disciplina più condivisibile ad avviso di chi scrive – che l’esclusione del socio comporti automaticamente il venir meno del rapporto di lavoro subordinato.
In senso diametralmente opposto, si è posto altro orientamento della Sezione Lavoro, secondo cui se “la delibera di esclusione del socio si fonda esclusivamente sull’intervenuto licenziamento …, una volta ritenuto quest’ultimo illegittimo, consegue che parimenti illegittima è la delibera di esclusione del socio. Pertanto Legge n. 142 del 2001, ex art. 2 … trova applicazione l’art. 18 St.Lav.“ (Cass. n. 14143/2012; di questo avviso anche: Cass. n. 6224/2014; Cass. n. 17868/2014; Cass. n. 1259/2015; Cass. n. 19918/2016). Questo orientamento riconosce ai soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato tutele analoghe a quelle previste per i lavoratori subordinati tout court, ritenendo applicabili le garanzie procedurali e la disciplina sostanziale del licenziamento, anche in caso di esclusione e contestuale licenziamento.
Non è poi mancato un ulteriore indirizzo interpretativo, espresso da Cass. n. 11548/2015, che pur affermando la sussistenza di un rapporto di consequenzialità fra l’esclusione del socio ed il recesso, incidendo la delibera di esclusione pure sul concorrente rapporto di lavoro, ha conclusivamente ritenuto applicabile l’art. 18, Legge n. 300/1970 una volta “rimosso il provvedimento di esclusione“.
Ancora più vario è stato il panorama delle opinioni nella giurisprudenza di merito, che in parte ha seguito orientamenti analoghi a quelli della Cassazione sopra citati ed in parte ha proposto ulteriori ed originali soluzioni interpretative quanto ai profili formali, sostanziali e sanzionatori relativi all’esclusione ed al licenziamento del socio lavoratore.
Ne è risultato, in definitiva, un quadro di estrema incertezza.
Due articolate e puntuali ordinanze interlocutorie del maggio 2017 (Cass. nn. 13030 e 13031/2017) hanno opportunamente ritenuto che “a fronte dei contrasti esistenti in materia nella giurisprudenza della Corte di Cassazione e dell’importanza della questione – la quale attiene alla ricostruzione dei meccanismi estintivi del rapporto e delle tutele applicabili per i moltissimi lavoratori che operano in cooperative come soci – si rende opportuno rimettere il ricorso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite della Corte“.
Il ricorso oggetto dell’ordinanza n. 13030 è stato ritenuto inammissibile dalla sentenza n. 27435, mentre le Sezioni Unite – nel pronunciarsi sul ricorso cui si riferiva l’ordinanza n. 13031 – sembrano aver optato con la sentenza n. 27436/2017 per un indirizzo interpretativo nuovo ed originale.
La questione presa in esame riguarda il caso di un socio lavoratore – al contempo escluso dalla cooperativa e da essa licenziato per giusta causa, in ragione della contestata aggressione ad un superiore gerarchico – che si era limitato ad impugnare il licenziamento, senza invece impugnare la delibera di esclusione.
In primo luogo, le Sezioni Unite affermano che “la cessazione del rapporto associativo … trascina con sé ineluttabilmente quella del rapporto di lavoro. Sicché il socio, se può non essere lavoratore, qualora perda la qualità di socio non può più essere lavoratore“. Alla luce di tale premessa, non è condivisibile l’orientamento volto sostanzialmente alla tutela giuslavoristica del socio lavoratore, la cui “impostazione determina il capovolgimento della relazione di dipendenza prefigurata dal legislatore tra l’estinzione del rapporto associativo e quella del rapporto di lavoro, che deriva dal collegamento tra essi“.
Da altro punto di vista, tuttavia, la sentenza n. 27346 rileva che “il nesso di collegamento tra rapporto associativo e rapporto di lavoro … per quanto unidirezionale, non riesce ad oscurare la rilevanza di quello di lavoro, anche nella fase estintiva“. Da questa osservazione discende la critica rivolta anche all’applicazione della sola disciplina societaria, sulla base della considerazione per cui “non mostra di tener conto di tale autonoma rilevanza l’orientamento … in base al quale, al cospetto di condotte che ledano nel contempo il rapporto associativo e quello di lavoro, sarebbe unico il procedimento volto all’estinzione di entrambi; di modo che, adottata la delibera di esclusione, risulterebbe ultroneo un distinto atto di recesso datoriale dal rapporto di lavoro“.
Date queste premesse interpretative, ne discende in punto di conseguenze sanzionatorie che “l’effetto estintivo del rapporto di lavoro derivante dall’esclusione dalla cooperativa a norma del 2° comma dell’art. 5 della Legge n. 142/2001 impedisce senz’altro, in mancanza d’impugnazione della delibera …, di conseguire il rimedio della restituzione della qualità di lavoratore“. In caso di impugnazione della delibera, può invece trovare applicazione la “tutela restitutoria, che consegue all’invalidazione della delibera, dalla quale deriva la ricostituzione sia del rapporto societario, sia dell’ulteriore rapporto di lavoro“: tale tutela è “del tutto estranea ed autonoma rispetto alla tutela reale prevista dall’art. 18 dello statuto dei lavoratori, di matrice, appunto, lavoristica“.
Chiarito che “è la -sola- tutela restitutoria ad essere preclusa qualora, insieme col rapporto di lavoro, venga a cessare anche quello associativo“, le Sezioni Unite si premurano di precisare che “l’omessa impugnazione della delibera ne garantisce … l’efficacia, anche per il profilo estintivo del rapporto di lavoro“, ma tale “effetto estintivo, tuttavia, di per sé non esclude l’illegittimità del licenziamento“, lasciando “impregiudicata l’esperibilità di tutela diversa da questa, ossia di quella risarcitoria contemplata dall’art. 8 della legge 16 luglio 1966, n. 604“.
Da tali assunti deriva, infine, l’affermazione del principio di diritto in base al quale “in tema di tutela del socio lavoratore di cooperativa, in caso d’impugnazione, da parte del socio, del recesso della cooperativa, la tutela risarcitoria non è inibita dall’omessa impugnazione della contestuale delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni, afferenti al rapporto di lavoro, mentre resta esclusa la tutela restitutoria“.
Le Sezioni Unite sembrano aver optato per una soluzione di sostanziale compromesso, che tuttavia inaugura un nuovo orientamento interpretativo, dando adito a dubbi in merito alla sua applicabilità in relazione a casi non perfettamente sovrapponibili a quello oggetto della sentenza n. 27436.
Ci si può, infatti, domandare se ed in quali termini tali principi – affermati in un caso di mancata impugnazione della delibera di esclusione e di impugnazione del solo licenziamento – possano trovare applicazione nell’ipotesi di tempestiva e contestuale impugnazione della delibera di esclusione e del licenziamento (eventualmente, ma non necessariamente effettuato), fondati sulle medesime circostanze. In altre parole, può la difesa del socio lavoratore proporre in via principale la domanda rivolta all’impugnazione della delibera per ottenere la tutela restitutoria in ambito societario ed in via subordinata la domanda relativa all’impugnazione del licenziamento per chiedere la tutela risarcitoria di matrice lavoristica ex art. 8, Legge n. 604/1966? Per tutelarsi di fronte a tale possibile duplice domanda è necessario che la cooperativa giunga all’esclusione ed al licenziamento attraverso le rispettive procedure societarie e lavoristiche e rispettando i relativi adempimenti formali?
Ed ancora i principi fissati dalle Sezioni Unite sono rilevanti anche con riferimento ai rapporti di lavoro subordinato dei soci lavoratori cui si applica la disciplina del D.lgs. n. 23/2015? Nei loro confronti risulta applicabile, in caso di mancata impugnazione della delibera di esclusione, l’art. 8 della Legge n. 604/1966 a prescindere dal requisito dimensionale o, invece, la disciplina del D.lgs. n. 23/2015, dal momento che l’art. 2, co. 1, Legge n. 142 esclude esplicitamente solo l’applicazione dell’art. 18 della Legge n. 300/1970 “ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo“? Che rilievo assume al riguardo la circostanza che nel D.lgs. n. 23/2015 permangano ipotesi in cui il licenziamento è sanzionabile con la reintegrazione nel posto di lavoro?
Si tratta di questioni che in larga parte esulavano dal caso su cui erano chiamate a pronunciarsi le Sezioni Unite (che, pertanto, non potevano in alcun modo esprimersi puntualmente ed esplicitamente al riguardo) e su cui, tuttavia, la soluzione per così dire “intermedia” adottata nella sentenza n. 27436 non aiuta a fare chiarezza e ad offrire sicuri indirizzi interpretativi.
È senza dubbio possibile ed auspicabile che la giurisprudenza di merito e di legittimità chiamata prossimamente a decidere si conformi a tale pronuncia, adottando un’interpretazione condivisa della stessa sentenza ed approdando ad un rapido consolidamento di orientamenti univoci in tema di profili formali, sostanziali e sanzionatori dell’esclusione e licenziamento del socio lavoratore di cooperativa.
Tuttavia, ad avviso di chi scrive, non è improbabile che – nonostante l’intervento delle Sezioni Unite ed alla luce delle prime pronunce di merito successive a tale intervento – tornino viceversa a manifestarsi molteplici ed ondivaghi orientamenti giurisprudenziali, in considerazione delle numerose, divergenti ed ormai radicate opzioni interpretative della disciplina della Legge n. 142 e dell’art. 2533 c.c. prospettate nei quindici anni dall’entrata in vigore dell’art. 9 della Legge n. 30/2003, che ha modificato la Legge n. 142 con riferimento alla disciplina dell’esclusione e del licenziamento del socio lavoratore.
Nel caso dovesse purtroppo realizzarsi questa seconda ipotesi, non rimane, quindi, che invocare un intervento legislativo risolutivo che sappia finalmente definire sul punto in questione una disciplina chiara e semplice. Ciò soprattutto in ragione del fatto che l’attuale situazione di grandissima e palese incertezza giuridica rischia di andare a tutto vantaggio delle false cooperative, che più facilmente proliferano in tale quadro normativo e giurisprudenziale confuso e farraginoso.
In ogni caso, oggi – a molti anni di distanza dall’approvazione e dalla successiva parziale modifica della Legge n. 142 – non pare essere ancora giunto il momento della certezza del diritto nell’interpretazione ed applicazione della disciplina dell’esclusione e del licenziamento del socio lavoratore di cooperativa. Anche il fattore tempo non è evidentemente una variabile indipendente e irrilevante per la (sempre relativa) certezza del diritto.