DUBBI E CONTRASTI dopo la prima condanna dell’RLS

Nina Catizone, Consulente del Lavoro in Torino

Dal 25 settembre 2023, il mondo della sicurezza sul lavoro sta vivendo discussioni a non finire a proposito del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. Non era mai accaduto che per un infortunio sul lavoro fosse condannato l’RLS. Basti pensare che, sotto il vigore del D.lgs. n. 626/1994, la Cassazione arrivò a dire che né l’RSPP, né l’RLS “devono rispondere in quanto tali delle misure prevenzionali da adottare”. Con il D.lgs. n. 81/2008, la Cassazione ha cominciato e continua, tuttora, a ritenere l’RSPP responsabile di un infortunio ogni qual volta l’infortunio sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare. Ma mai aveva dichiarato colpevole l’RLS. Colpo di scena con la sentenza n. 38914 del 25 settembre 2023. Tutto è accaduto in un’azienda durante operazioni di stoccaggio: un dipendente, dopo avere trasportato mediante un carrello elevatore un carico di tubolari in acciaio, sceso dal carrello elevatore ed arrampicatosi su uno scaffale per meglio posizionare il carico, viene schiacciato sotto il peso dei tubolari che gli rovinano addosso. Condannato dai magistrati di merito per omicidio colposo il datore di lavoro, in particolare per aver consentito che il dipendente, assunto con mansioni e qualifica di impiegato tecnico, svolgesse di fatto anche le funzioni di magazziniere, senza averne ricevuto la corrispondente formazione, comprensiva dell’addestramento all’utilizzo del carrello elevatore. Ma condannato anche il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza per aver concorso a cagionare l’infortunio mortale mediante condotte consistite nell’aver omesso di sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti per l’uso dei mezzi di sollevamento e di informare i responsabili dell’azienda dei rischi connessi all’utilizzo da parte dell’infortunato del carrello elevatore. Dobbiamo, quindi, desumerne che le sorti dell’RSPP e dell’RLS si sono ricongiunte, ma ora sotto il segno della responsabilità? Certo, nel caso specifico, l’RLS è stato condannato, e invece l’RSPP assolto già in primo grado. Ma per il semplice fatto che già prima dell’infortunio l’RSPP aveva segnalato al datore di lavoro la necessità di formare i lavoratori con particolare riguardo all’utilizzo del muletto. Non pochi hanno mosso alla Cassazione critiche palesemente infondate. Come quella consistita nel sostenere che le “attribuzioni” riconosciute all’RLS dall’art. 50, D.lgs. n. 81/2008 non sarebbero obblighi, ma mere “facoltà”, visto che l’inadempimento di tali attribuzioni non è nemmeno sanzionato. Basta avvedersi che l’art. 50, co. 2 parla distintamente di “funzioni” e di “facoltà” dell’RLS, e in tal modo dimostra di non includere le “funzioni” tra le “facoltà” e, non per nulla, una sola delle tredici attribuzioni previste dall’art. 50, co. 1, quella della lettera o), è formulata con un “può”. E basta rendersi conto che neanche l’RSPP -pur se contravviene ai compiti indicati nell’art. 33 del D.lgs. n. 81/2008- incorre in sanzioni ivi contemplate. Eppure, l’RSPP pacificamente incorre nella responsabilità a titolo di omicidio colposo o lesione personale colposa per gli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi compiti. E il parallelo con l’RSPP ci fa pure capire quanto sia irrilevante il fatto che nel nostro caso il datore di lavoro sapesse perfettamente che l’in fortunato non era formato. Da sempre la Cassazione insegna che l’RSPP non può addurre a propria discolpa la circostanza che il datore di lavoro inottemperante fosse già a conoscenza del rischio specifico. Perché il datore di lavoro non avrebbe potuto ignorare una indicazione proveniente dall’RSPP, e se lo avesse fatto ne avrebbe comunque risposto in via esclusiva. Ma c’è un ulteriore argomento che ha spinto taluni a tranquillizzare gli RLS. Leggiamo le sentenze di merito che hanno portato alla condanna dell’RLS. Sia dalla pronuncia del Tribunale di Trani, sia dalla pronuncia della Corte d’Appello di Bari, emerge una circostanza di cui la Cassazione non parla minimamente. Ma una circostanza ricca d’implicazioni: “l’R.L.S. faceva parte del consiglio di amministrazione”. Agevole è rendersi conto che l’individuazione dell’RLS in un membro del consiglio di amministrazione genera un palese conflitto d’interessi atto a mettere in crisi l’adempimento delle sue attribuzioni. Il fatto è, però, che nella sentenza del 25 settembre 2023 la Cassazione proprio non parla della qualità di membro del consiglio di amministrazione, e fonda la condanna esclusivamente sulla qualità di RLS. Perché questa svolta? La Cassazione lo dice: non perché sostenga che l’RLS sia un “garante della sicurezza” inteso come titolare di un dovere di protezione e di controllo finalizzati ad impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, ma perché ritiene che l’RLS abbia, con la sua condotta inottemperante, contribuito causalmente alla verificazione dell’evento ai sensi di quell’art. 113 c.p. in forza del quale “nel delitto colposo, quando l’evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone, ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso”. Non nascondiamoci che, tra le molteplici ricadute del principio affermato dalla Cassazione, ve ne sono alcune particolarmente insidiose, e non so quanto note agli RLS e alle stesse imprese. Si pensi all’attribuzione indicata per prima dall’art. 50, co. 1, lettera a), TUSL: quella di accedere “ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni”. Ne consegue che l’RLS dovrebbe occuparsi della sicurezza, non soltanto nei locali aziendali, ma in tutti i luoghi di lavoro, e dunque, in ogni luogo nel quale il lavoratore deve o può recarsi per provvedere ad incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività e, dunque, anche a tutela dei lavoratori distaccati presso la sede di un’altra azienda. Non a caso, in rapporto agli appalti intra-aziendali, l’art. 26 TUSL, nel comma 3, prevede che l’RLS accede ai dati esposti dal datore di lavoro committente nel DUVRI e, nel comma 5, terzo periodo, attribuisce all’RLS la facoltà di richiedere i dati relativi ai costi della sicurezza indicati nei singoli contratti di subappalto, appalto e somministrazione. E non a caso, nell’ambito dei cantieri, il TUSL stabilisce che i datori di lavoro delle imprese esecutrici mettono a disposizione degli RLS copia del PSC e del POS almeno dieci giorni prima dell’inizio dei lavori (art. 100, co. 4), e prima dell’accettazione del PSC e delle modifiche significative apportate consultano gli RLS e gli forniscono eventuali chiarimenti sul contenuto del piano, con facoltà degli RSL di formulare proposte al riguardo (art. 102). Di qui un’esigenza richiamata dall’art. 50, co. 2, primo periodo, D.lgs. n. 81/2008: che l’RLS disponga dei mezzi necessari per l’esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli. Più che mai ci chiediamo: il principio affermato nella sentenza del 25 settembre 2023 sarà confermato in futuro?


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