DERIVE E APPRODI DI UNA PROFESSIONE CHE SFUGGE

Andrea Merati, Consulente sistemi di gestione aziendale

Contenuto dell'articolo

Quest’estate, tra il piacere dei libri precedentemente accantonati e il disprezzo dei lagnosi lavori che richiedevano di essere terminati, sono andato anche a frugare nelle cose accatastate durante l’anno (sono rimasto scolasticamente orientato: Capodanno è rigorosamente il primo di settembre). Tra gli ultimi ingressi individuai il convegno “Professionisti, alla ricerca di un equilibrio tra tradizione e innovazione”, che mi diede da pensare. Riprendo ora la riflessione, alla quale mi ancoro per due approdi interessanti (li acquisisco entrambi identicamente dal sito della Fondazione Consulenti del Lavoro di Milano).

PRIMO APPRODO

L’orientamento strategico rivela un quadro ambivalente con segnali di rinnovamento ma carenze nell’implementazione di approcci strutturati. Solo una minoranza ha adottato modelli che denotano una spiccata propensione per l’innovazione (sviluppo di nuove aree di servizio, anche attraverso la collaborazione e l’aggregazione con altre realtà, presenza di processi strutturati per conoscere le esigenze della clientela, sviluppo di percorsi di carriera strutturati per il personale di studio, …) […] Leggo che, noi professionisti, siamo poco orientati all’innovazione, alla condivisione, al cliente e alla crescita culturale; praticamente degli Ankylosauri, gli esseri più lenti del Cretaceo: lunghi tra sei e otto metri, sei-otto tonnellate di peso, velocità massima 5 km/h, dotati di corazza ossea che ricopriva tutto il corpo, inclusa la testa, praticamente dei muretti semoventi.

SECONDO APPRODO Come evidenziato da Riccardo Bellocchio, “aleggia una palpabile incertezza sulle azioni da intraprendere nonostante la maggior consapevolezza del ruolo essenziale dei Consulenti del lavoro nel sostenere le decisioni dei clienti”. I dati mostrano, infatti, quanto segue:

• Il 21% degli studi afferma che le opportunità di crescita e sviluppo carriera sono tra i principali elementi ricercati dai professionisti nel proprio lavoro

• Solo il 9% degli studi indica le tecnologie innovative e gli strumenti digitali come uno dei principali elementi ricercati dai professionisti nel proprio lavoro

• Un terzo non è interessato a sviluppare nuovi canali commerciali (rete di vendita) o non si esprime in merito

• Approccio “decisamente timido” verso digitale e intelligenza artificiale

Leggo che, voi consulenti del lavoro, avete un problema anchilosante ancora più preoccupante, proprio non ci credete nell’innovazione, nella tecnologia e nell’avvicinamento al cliente. Sì, lo so, non siete tutti così, ma sembra che il numero sia consistente. Sì, lo so, è uno studio basato solo su 1.656 studi professionali dei quali i consulenti del lavoro sono solo una parte; però la voce del vostro Segretario del Consiglio dell’Ordine provinciale di Milano è molto orientata e precisa. Sì, lo so, è facile parlare, pontificare e scrivere, ma poi nella pratica c’è da fare, mica da far filosofia gratuita; però mi sa che, se non ci mettiamo a progettare il nostro futuro, riconoscendo i nostri errori per risolverli, creando programmi di innovazione (magari sottraendoci al fascino dell’One Man Band – Uomo orchestra, per chi non ama l’idioma inglese o ha un radicato attaccamento al Basso Medioevo) e studiando nuovi argomenti, finiremo come l’Ankylosauro: estinti.

SOLUZIONI?

Niente di certo o infallibile, però si può avviare qualche azione pratica suggerita dal metodo Kaizen. Senza dubbio alcuno, è necessario iniziare dando una svecchiata al lavoro quotidiano, comprendendo come vengono gestite davvero pratiche, e-mail, telefonate e scadenze (il davvero in corsivo significa dedicandoci tempo vero); proseguendo con la standardizzazione delle procedure ricorrenti (creando documenti che siano di riferimento per tutti). In questo modo dovrebbero emergere le attività inutili, ridondanti, duplicate o, addirittura, non necessarie. In seconda istanza, sarebbe opportuno creare una gestione condivisa delle informazioni e dei documenti, tramite una digitalizzazione orientata alla standardizzazione della denominazione dei file e dei documenti, nonché dell’alberatura del sistema di salvataggio personale e generale (quanto fa perdere tempo e crea omissioni, cercare documenti con nomi bizzarri o nella cartella Pluto che sorride di un collega influenzato). Per concludere, si richiede di coinvolgere tutto il gruppo di lavoro (che dovrebbe evolvere in squadra ma, per questo, andate ad ascoltare su YouTube quelli che ce l’hanno fatta) nella responsabilizzazione rispetto ai compiti da svolgere e nella gestione del proprio tempo. A favore, potrebbero essere molto utili dei bei corsi di formazione specifici (comprendo che la formazione sulle tecniche di difesa dagli attacchi frontali dei contributi Inps sia importante ma, se lo studio non funziona, poi bisogna passare alle tecniche di sutura delle ferite da inefficienza). Il metodo è sempre meglio iniziare ad approcciarlo per piccoli temi o in singole aree critiche: cercare di risolvere tutto in una volta, è l’errore primario che il Kaizen decreta come deprecabile. Rimanere uguali a quello che si è, risulta sempre molto comodo e rassicurante, ma aumenta il rischio di addormentarsi, per poi svegliarsi quando il film è finito, la stufa a legna si è spenta e già sentiamo il raspino in gola dell’influenza che sta per invadere i polmoni.

Scarica il file

Scarica l'articolo (PDF)