CONTRATTI COLLETTIVI AZIENDALI E CONTRATTI DI PROSSIMITÀ: la Consulta circoscrive l’ambito di efficacia*

Antonella Rosati, Ricercatrice Centro Studi Unitario Ordine dei Consulenti del Lavoro Provincia di Milano - Ancl Up Milano ·

GIADA DELLA ROCCA ANALIZZA I PROFILI DI RILEVANZA COSTITUZIONALE DEI CONTRATTI COLLETTIVI DI PROSSIMITÀ

Con il presente contributo l’Autrice analizza i profili di rilevanza costituzionale dei contratti collettivi di prossimità, rispetto all’art. 39 della Costituzione, alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 52 del 28 marzo 2023.

IL CASO AFFRONTATO Un gruppo di lavoratori si è rivolto al Tribunale di Napoli invocando il pagamento di differenze retributive a loro asseritamente dovute in base alla contrattazione collettiva di categoria. In primo grado, il ricorso è stato rigettato poiché tali pretese erano precluse da un accordo sindacale aziendale, qualificato dalle parti come di prossimità, sottoscritto da un solo sindacato maggiormente rappresentativo (Sinalv Cisal) e derogatorio delle previsioni del Ccnl. In sede di impugnazione la Corte d’Appello di Napoli, ritenendo infondate le pretese dei lavoratori, ha chiesto alla Consulta di stabilire se la disciplina dell’art. 8 del D.l. n. 138 del 2011 violi l’art. 39, commi primo e quarto, della Costituzione “nella parte in cui estende l’efficacia dei contratti aziendali o di prossimità a tutti i lavoratori interessati anche se non firmatari del contratto o appartenenti a un sindacato non firmatario del contratto collettivo”.

CONTRATTI DI PROSSIMITÀ E ART. 39 DELLA COSTITUZIONE

Secondo la Corte rimettente, la disposizione sospettata di illegittimità costituzionale si porrebbe, anzitutto, in contrasto con l’art. 39, primo comma, Cost., il quale tutela la libertà dell’organizzazione sindacale. La norma, più precisamente, lederebbe detta libertà, intesa sia quale libertà del singolo lavoratore di associarsi in formazioni sindacali (costituendo organizzazioni sindacali o aderendo a organizzazioni già costituite), sia come libertà del sindacato di organizzarsi per svolgere la funzione di rappresentanza dei propri iscritti: da un lato, infatti, l’efficacia erga omnes degli accordi stipulati da un singolo sindacato violerebbe la libertà dei singoli lavoratori di aderire ad altro sindacato e di esprimere, attraverso di esso, il proprio dissenso rispetto agli accordi medesimi; dall’altro lato, sarebbe compressa la capacità del sindacato non firmatario di svolgere la propria funzione rappresentativa dei lavoratori dissenzienti1 . Inoltre, l’art. 8 del D.l. n. 138 del 2011, come convertito, violerebbe l’art. 39, quarto comma, Cost., in quanto consentirebbe la stipulazione di contratti collettivi con efficacia erga omnes in difetto della integrazione dei presupposti procedurali e soggettivi da esso previsti, quali la previa registrazione, condizionata alla previsione di un ordinamento interno a base democratica e la conseguente acquisizione della personalità giuridica2 .

LA PRONUNCIA DI INAMMISSIBILITÀ

La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 52 del 2023, dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale in quanto dall’ordinanza di rimessione non emerge se oggetto del giudizio sia “un contratto collettivo aziendale di prossimità ex art. 8 del D.L. n. 138 del 2011 dotato di quell’efficacia generale prevista dalla disposizione censurata, che il giudice a quo ritiene contrastante con gli invocati parametri, oppure un ordinario contratto aziendale, provvisto di efficacia solo tendenzialmente estesa a tutti i lavoratori in azienda, ma che non supera l’eventuale espresso dissenso di associazioni sindacali o lavoratori”. Il giudice rimettente avrebbe dovuto motivare che l’accordo aziendale rientrasse proprio nella fattispecie del contratto collettivo aziendale di prossimità, al quale la disposizione censurata assegna un’efficacia generale nei confronti di tutti i lavoratori interessati, e non fosse invece un ordinario accordo aziendale. Non è sufficiente che in giudizio venga in rilievo un accordo aziendale ordinario ma occorre che sia dedotto e ricorra un vero e proprio contratto collettivo aziendale di prossimità di cui sia invocata l’efficacia generale estesa a tutti i lavoratori in azienda. L’affermazione che l’efficacia generale degli accordi aziendali è tendenziale trova un limite nell’espresso dissenso di lavoratori o associazioni sindacali. L’accordo aziendale ha forza di legge tra le parti e la sua efficacia può essere estesa a terzi solo nei casi previsti dalla legge ed è affermato in giurisprudenza che “sarebbe illecita la pretesa datoriale aziendale di esigere il rispetto dell’accordo aziendale anche dai lavoratori dissenzienti perché iscritti ad un sindacato non firmatario dell’accordo medesimo” 3 . L’accordo aziendale ordinario, quindi, non estende la sua efficacia anche nei confronti dei lavoratori e delle associazioni sindacali che, in occasione della stipulazione dell’accordo stesso, siano espressamente dissenzienti. Il loro dichiarato dissenso non inficia la validità dell’accordo aziendale, ma incide sull’efficacia, la quale quindi, in tale evenienza, risulta non essere generale. La Corte Costituzionale ricorda che l’efficacia generale, proprio perché eccezionale, sussiste solo se ricorrono gli specifici presupposti ai quali l’art. 8 la condiziona; presupposti previsti testualmente dalla disposizione censurata e così declinati: − occorre che l’accordo aziendale sia sottoscritto da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda; − è necessario che tali specifiche intese siano sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali; − l’accordo deve risultare alternativamente finalizzato alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività; − occorre che l’accordo riguardi la regolazione delle materie inerenti all’organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento a specifici settori elencati dall’art. 8, comma 2. Tale eccezionalità è ancora più marcata in ragione della prevista possibilità, ex art. 8 comma 2-bis, che il contratto collettivo aziendale di prossimità deroghi in peius alle disposizioni di legge che disciplinano le materie suddette e le relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro. A ben vedere, essendo vasto e quasi omnicomprensivo l’elenco delle materie indicate nel testo, si fornisce un potere derogatorio quasi illimitato al livello di contrattazione collettiva aziendale e “una speciale forza normativa prevalente sulle fonti di grado superiore e bidirezionale: la norma in deroga può disporre anche in senso meno favorevole al lavoratore” 4 . Tuttavia, va considerato il quadro socio-economico in cui è avvenuto l’intervento legislativo, un quadro contrassegnato dalla crisi, in particolare dal punto di vista produttivo. Per affrontare questa situazione, si è fatto ricorso all’attenuazione della tecnica della norma inderogabile con efficacia sostitutiva, una delle tecniche storicamente fondamentali per la tutela dei lavoratori che, nel tempo, è parsa svilupparsi eccessivamente fino a costituire un serio ostacolo alla stessa evoluzione dinamica delle imprese. Una soluzione è dunque quella di prevedere appositi procedimenti che, partendo pur sempre da regole specifiche e certe del caso concreto, all’occorrenza consentano anche di discostarsi dalle norme inderogabili di più ampia dimensione5. La scelta di fornire questo ampio potere ai sindacati a livello locale e aziendale appare, sul piano pratico, convincente proprio in quanto essi saranno liberi di intervenire se e nei limiti in cui lo riterranno necessario per il “bene comune”, in particolare per il superamento di crisi aziendali e occupazionali, adeguando e plasmando gran parte della disciplina del lavoro nelle forme più idonee e più utili in ciascuna azienda o in ciascun territorio6 .

BREVI RIFLESSIONI CONCLUSIVE

Tutte le volte in cui ha trovato nei vari provvedimenti legislativi un testo manipolabile, la Corte ha manifestato una sorta di presunzione di legittimità non esplicita allo scopo di supplire al vuoto normativo lasciato dalla mancata attuazione dell’art. 39 Cost. Le ragioni storiche di questa inadempienza costituzionale, voluta dai sindacati stessi, sono conosciute; ci si chiede se oggi quelle stesse ragioni siano ancora valide, se non rientri nel bene comune non solo la libera competizione tra gruppi privati quanto anche avere un ordinamento sindacale chiaro e ordinato, con punti di riferimento certi. Preso atto che ormai l’art. 39 Cost. “sopravvive tra una formale certificazione di esistenza e una sostanziale pratica di elusione (…), un pezzo di articolo che c’è e non c’è al tempo stesso (…) tale da compromettere il vecchio ed impedire il nuovo”, il legislatore dovrebbe intervenire per “un riordino complessivo di un’area sempre più comparabile ad un’autentica giungla” 7. L’art. 39 è una stella polare non più in grado di dettare la rotta se non attraverso una sua radicata, e radicale, revisione.

* Sintesi dell’articolo pubblicato in Massimario di Giurisprudenza del Lavoro, 2023, n. 2, p. 258- 275 dal titolo La stella polare dell’art. 39 Cost. e i contratti collettivi di prossimità.

1. A. Vallebona, L’efficacia derogatoria dei contratti aziendali o territoriali, pag. 686 che prosegue: “Sicché i contratti collettivi con valida efficacia generale potrebbero essere quelli stipulati dalle RSU oppure da un gruppo di RSA o di sindacati esterni aperto alla partecipazione di tutti i sindacati e/o da loro rappresentanze aventi in azienda un numero ragionevole di iscritti, che la Corte costituzionale potrebbe individuare ad esempio nel 5% del personale”; C. Assanti-G. Pera, Commento allo Statuto dei diritti dei lavoratori, Padova, 1972, pag. 34: “tutti i sindacati hanno diritto d’essere presenti e tutti i sindacati hanno diritto che la loro eventuale posizione di maggioranza o di minoranza sia legalmente constatata, fermo il diritto della maggioranza di governare”.

2. Ex pluribus, si rinvia, per quanti ritengono costituzionalmente illegittima la previsione: M. Rusciano, L’art. 8 è contro la Costituzione, in Eguaglianza e libertà, 9 settembre 2011; G. Ferraro, L’efficacia soggettiva del contratto collettivo, in Quaderni Fond. M. Biagi, 2011, VI, 2, pag. 22; F. Scarpelli, Rappresentatività e contrattazione tra l’accordo unitario di giugno e le discutibili ingerenze del legislatore, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”, 2011, 127, pag. 12; A. Garilli, L’art. 8 della legge n. 148/2011 nel sistema delle relazioni sindacali, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”, 2012, 139, pag. 8; A. Vallebona, L’efficacia derogatoria dei contratti aziendali o territoriali, cit., pag. 685; M.C. Cataudella, L’efficacia generale degli accordi aziendali e territoriali, in Dir. lav. merc., 2012, pp. 59-72. Per la teoria opposta, E. Ghera, L’art. 39 della Costituzione e il contratto collettivo, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona, n. 202, 2014, pag. 8; A. Maresca, La contrattazione collettiva aziendale dopo l’art 8, D.L. 13 agosto 2011, n. 138, in Cuore&Critica.it, n. 138, 2011, pag. 2; E. Ales, Dal “caso Fiat” al “caso Italia”. Il diritto del lavoro di prossimità, le sue scaturigini e i suoi limiti costituzionali, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”, 2011, 134, pag. 26; A. PerulliV. Speziale, L’articolo 8 della legge 14 settembre 2011, n. 148 e la “rivoluzione di Agosto” del Diritto del lavoro, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”, 2011, n. 132 che assumono la natura gestionale delle “specifiche intese” previste dal legislatore. In generale, sull’art. 39 Cost., comma 4, si deve ricordare M. D’Antona, Il quarto comma dell’art. 39 della Costituzione, oggi, in B. Caruso-S. Sciarra (a cura di), Opere, Milano, 2000, pag. 399 ss.

3. Cass., n. 27115 del 2017.

4. E. Ghera, L’art. 39 della Costituzione e il contratto collettivo, in Biblioteca 20 Maggio, 2014, n. 1, pag. 183 che prosegue: “viene così derogato, a sua volta, il c.d. principio del favor o della inderogabilità in peius: la cui implicita enunciazione si rinviene nell’art. 2113 c.c.”.

5. In tal senso, A. Vallebona, L’efficacia derogatoria dei contratti aziendali o territoriali, pag. 684. Secondo L. Galantino, L’art. 8 della Legge N. 148 del 2011 e il ruolo della contrattazione aziendale, in Quad. Fond. M. Biagi, 2011, 2, pp. 6-7, l’art. 8 rischia di “produrre una singolare eterogenesi dei fini” (…) “molto più opportuno dunque sarebbe stato che il legislatore, con chiarezza di obiettivi, avesse proceduto in prima persona all’operazione certamente necessaria di adeguamento del diritto del lavoro al mutato contesto sociale. In tal modo si sarebbe ottenuto il duplice scopo di realizzare una regolamentazione unitaria del rapporto di lavoro su tutto il territorio nazionale e di lasciare poi spazio alla contrattazione aziendale di intervenire per l’adeguamento rispetto alle diverse esigenze produttive dei singoli territori o delle aziende”. 6. A. Vallebona, L’efficacia derogatoria dei contratti aziendali o territoriali, cit., pag. 684; R. Del Punta, Cronache da una transizione confusa (su art. 8, l. n. 148/2011, e dintorni), in Lav. dir., 2012, n. 1, pp. 31- 54, secondo cui ai fini della resistenza alla globalizzazione possano giovare – molto più dei contratti nazionali, adusi a governare situazioni di equilibrio statico – forme dinamiche di contrattazione, che muovano da problemi specifici delle singole realtà produttive e dei rispettivi mercati di riferimento.

7. F. Carinci, Al capezzale del sistema contrattuale, pp. 77-78.


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