“Il datore convenuto in giudizio perché inadempiente alla prescrizione formale (di comunicazione del diritto di precedenza) […], se ha proceduto all’assunzione di altri lavoratori, sarà comunque tenuto al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1218 c.c., così come in ogni altro caso di assunzione di soggetti diversi in violazione del diritto di precedenza”.
L’ISTITUTO DEL DIRITTO DI PRECEDENZA NEL CONTRATTO A TERMINE
Come noto, il Decreto legislativo n. 81/2015 ha previsto, all’articolo 24, l’obbligo in capo al datore di lavoro di comunicare per iscritto al lavoratore assunto con contratto a termine il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate entro i successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a tempo determinato. Nello specifico, l’articolo 24 stabilisce che, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il lavoratore che nell’esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi, ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine. Tale diritto di precedenza spetta alle medesime condizioni: – alle lavoratrici che hanno fruito del congedo di maternità durante l’esecuzione del contratto a termine, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine. A tal fine, la previsione normativa precisa che il congedo di maternità di cui al Capo III del D.lgs. n. 151/2001, e successive modificazioni, usufruito nell’esecuzione di un contratto a tempo determinato presso lo stesso datore di lavoro, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza; – ai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali, per le medesime attività stagionali. Ai fini del relativo esercizio, il diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato per iscritto nella lettera di assunzione e può essere esercitato, a condizione che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà: – entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro per la generalità dei lavoratori, ivi incluse le lavoratrici che hanno fruito del congedo di cui al Capo III del D.lgs. n. 151/2001; – entro 3 mesi nel caso di lavoratori assunti con contratto a termine per attività stagionali. Il diritto di precedenza si estingue una volta trascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto. Seppur il Legislatore abbia disciplinato in maniera puntuale il diritto (e l’obbligo) di precedenza, nulla però è stato previsto in termini di tutela per il lavoratore e con riferimento al regime sanzionatorio in caso di violazione di tale obbligo da parte del datore di lavoro.
L’ORDINANZA N. 9444 DEL 9 APRILE 2024
In tema di tutela a favore del lavoratore è intervenuta la Cassazione con l’ordinanza n. 9444 del 9 aprile 2024. Nello specifico, i giudici di legittimità si sono espressi con riferimento alle conseguenze derivanti dalla mancata indicazione del diritto di precedenza nella lettera di assunzione. I fatti in causa vedono protagonista un lavoratore assunto con contratto a termine per attività stagionale, il quale non aveva esercitato per iscritto il diritto di precedenza, in assenza di apposita clausola all’interno del proprio contratto di assunzione. La Corte d’Appello, riformando la pronuncia di primo grado, respingeva la richiesta di risarcimento del danno per violazione dell’obbligo di comunicazione del diritto di precedenza avanzata dal lavoratore, dal momento che lo stesso Legislatore non aveva previsto alcun regime sanzionatorio. Contestualmente però, i giudici di merito avevano ritenuto che tale violazione determinasse l’impossibilità da parte del datore di lavoro di eccepire la decadenza dei termini per l’esercizio del diritto di precedenza. La Cassazione, con l’ordinanza in questione, contesta parzialmente la decisione della Corte di Appello. Infatti, secondo i giudici di legittimità, seppur il Legislatore non abbia previsto alcuna sanzione in presenza di mancata comunicazione scritta del diritto di precedenza, dalla violazione di un obbligo formale deriva pur sempre un inadempimento a una disposizione di legge: “la norma impone al datore di lavoro l’obbligo di «richiamare espressamente» nell’atto scritto – che al momento dell’assunzione del lavoratore contiene la clausola appositiva del termine – il diritto dello stesso ad essere assunto, una volta cessato il rapporto a tempo determinato, con precedenza rispetto ad altri lavoratori che il datore intenda assumere nei successivi dodici mesi; per la mancanza di tale contenuto formale la disposizione non prevede, così come nel caso in cui non risulti dall’atto scritto l’apposizione del termine, la conseguenza che la clausola sia «priva di effetto» ex comma 4, art. 19, D.Lgs. n. 81 del 2015, così realizzando l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ab origine; tuttavia, sempre di inadempimento ad uno specifico obbligo si tratta, non ritenendo il legislatore evidentemente sufficiente che la conoscibilità del diritto di precedenza derivi dalla circostanza che esso sia previsto dalla legge”. Da tale inadempimento, quindi, discende a favore del lavoratore un diritto al risarcimento del danno, laddove il datore di lavoro abbia proceduto con l’assunzione di lavoratori a tempo indeterminato: “l’inadempimento alla prescrizione formale imposta al datore di lavoro è, infatti, idonea a pregiudicare lo stesso esercizio del diritto di precedenza da parte del lavoratore, laddove il datore proceda comunque a nuove assunzioni; con la conseguenza che, sul piano civilistico del rapporto di lavoro il datore convenuto in giudizio perché inadempiente alla prescrizione formale non potrà opporre il difetto di manifestazione di volontà del lavoratore e, se ha proceduto all’assunzione di altri lavoratori, sarà comunque tenuto al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1218 c.c., così come in ogni altro caso di assunzione di soggetti diversi in violazione del diritto di precedenza”. Viene, invece, accolta dagli Ermellini la posizione della Corte di Appello con riferimento ai termini di decadenza: il datore di lavoro non può opporre al lavoratore la decadenza dal diritto di precedenza nel momento in cui lo stesso non abbia adempiuto ad un obbligo previsto dalla legge.
ULTERIORI RIPERCUSSIONI LEGATE ALLA VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI PRECEDENZA
Sicuramente tale sentenza produce effetti non solo con riferimento alla violazione del diritto di precedenza per i contratti a termine, ma anche in presenza di violazioni che riguardano altre fattispecie in cui sussiste un diritto di precedenza, quali a titolo esemplificativo: – riassunzione di un lavoratore a seguito di licenziamento per GMO entro 6 mesi in caso di nuova assunzione per la stessa qualifica (art. 15, comma 6, L. n. 264/1949); – riassunzione entro i dodici mesi successivi alla cessione dell’azienda o ramo di essa (art. 47, L. n. 428/1990). Come anzidetto, in caso di violazione del diritto di precedenza, sul piano sanzionatorio, il Legislatore non ha previsto alcunché. Tuttavia, l’Ispettorato del lavoro si è espresso nel merito. Infatti, in caso di violazione di tale obbligo, gli ispettori possono esercitare il loro potere di disposizione (ex art. 14, D.lgs. n. 124/2004): si tratta di un potere esercitabile discrezionalmente dal corpo ispettivo ogni qualvolta sussistano violazioni di legge non coperte da sanzioni amministrative o penali. Il provvedimento che discende da tale potere impone l’obbligo di ottemperare entro un termine perentorio, decorso il quale, scatta una sanzione civile pari a minimo 500€ e massimo 3.000€. Non solo, con il D.lgs. n. 150/2015, all’art. 31, il Legislatore ha precisato che non spettano agevolazioni legate all’assunzione, laddove la stessa assunzione avvenga in violazione di un diritto di precedenza. Tale aspetto è stato recentemente rimarcato con il D.l. n. 19/2024 (convertito con modificazioni dalla L. n. 56/2024), mediante il quale il Legislatore, all’art. 29, comma 1 del Decreto, ricorda che tra i vari requisiti necessari per il riconoscimento di benefici normativi e contributivi è previsto anche il rispetto degli obblighi di legge. In conclusione, la violazione del diritto di precedenza, in qualunque fattispecie lo stesso si manifesti, può determinare ripercussioni a discapito del datore di lavoro, pur in assenza di apposito regime sanzionatorio da parte della legge.