Andrea Musti analizza lo strumento della videosorveglianza in bilico tra necessità di sicurezza e privacy
L’Autore dell’articolo in analisi propone una riflessione sul tema della videosorveglianza sui luoghi di lavoro, partendo dalla fase di verifica attuata dagli organismi accreditati a tale funzione. A tal proposito, i poteri dell’Autorità Garante sono stabiliti dalle direttive europee e dalle norme recepite dal nostro ordinamento; in linea generale sono orientati a predisporre “… i controlli per verificare se i trattamenti sono effettuati nel rispetto della disciplina applicabile”. L’autorità garante può esercitare il proprio controllo sul trattamento dei dati personali attraverso tre strumenti: – l’accertamento ispettivo presso il datore di lavoro che permette l’accesso a tutti i luoghi e a tutte le banche dati in cui viene svolto il trattamento; – la richiesta di informazioni e di esibizione dei documenti; – le attività ispettive. L’analisi proposta si basa su un caso concreto, ovvero “una segnalazione presentata ai sensi dell’art. 144 del Codice privacy da Filcams Cgil Roma-Lazio nei confronti di una nota azienda di abbigliamento internazionale presente con diversi punti vendita su tutto il territorio nazionale, per illecito trattamento dei dati personali di ben 543 Lavoratori-Interessati attraverso sistemi di videosorveglianza ubicati nei luoghi di lavoro anche per esigenze di sicurezza sul lavoro”. La norma in vigore prevede quanto segue: “Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali…”. “In mancanza di accordi, gli impianti e gli strumenti di cui al primo comma possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro…”. “Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia stata data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti ed effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal Decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196”.
Analizzando le disposizioni emerge che è necessario il verificarsi di tre condizioni per la corretta gestione degli impianti di videosorveglianza: l’esistenza di ben definite esigenze aziendali (organizzative e produttive, sicurezza del lavoro, tutela del patrimonio aziendale); la necessità di un accordo con le OO.SS., o in assenza di tale accordo, l’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro territorialmente competenze (o dell’Ispettorato Nazionale in caso di imprese multilocalizzate in diverse regioni); infine è necessario consegnare ai lavoratori l’informativa sulle modalità d’uso degli strumenti ai sensi del Codice privacy. Nel corso dell’analisi del caso proposto, vengono messe in luce alcune interessanti osservazioni. L’occasionalità della prestazione lavorativa non lascia spazio di elusione dell’applicabilità della disciplina dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori: “per l’Autorità Garante restano assoggettate alla disciplina della protezione di dati personali anche le zone di passaggio dove i lavoratori transitano anche solo occasionalmente (zone di carico e scarico merci, ingressi pedonali, accessi all’azienda, etc.”). Il datore di lavoro che si limita a consegnare un’informativa al Lavoratore-Interessato (terzo comma dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori), seppure in coerenza con quanto disposto dal Codice privacy (art. 13 GDPR), non opera azioni sufficienti per esentarlo da responsabilità. Allo stesso modo quando il datore di lavoro ottiene il preventivo consenso del lavoratore alla installazione di apparecchiature di videosorveglianza non si può considerare esente da responsabilità poiché la base giuridica del trattamento non è il consenso dell’interessato, ma piuttosto l’obbligo sancito dalla Legge come già richiamato più sopra. Infine, qualora il datore di lavoro-Titolare del trattamento provvede all’installazione di impianti di controllo a distanza senza accordo sindacale o senza autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro, mette in atto un’azione penalmente rilevante (art. 171, D.lgs. n. 196/2003, come modificato dall’art. 15, comma 1, lett. f del D.lgs. n. 101/2018): “Le violazioni degli artt. 2, 5, 6 e 15 primo comma lett. a) sono punite… con l’ammenda da euro 154 a euro 1549 o con l’arresto da 15 giorni ad un anno”. Non nuoce sottolineare che il reato viene commesso con la semplice installazione dell’impianto anche se inattivo, poiché secondo il Legislatore rileva “la mera minaccia (messa in pericolo) del bene giuridico tutelato, non essendo richiesta invece la effettiva lesione dello stesso” (cfr. Cass. Pen., n. 45198/2016): non è sufficiente la giustificazione che si sente spesso accampare dal Datore di lavoro-Titolare del trattamento che dichiara di avere solo posizionato le telecamere come deterrente, ma di tenere l’impianto spento. Nel caso da cui prende spunto l’articolo, il datore di lavoro è stato considerato colpevole e sono state comminate le sanzioni previste dalla norma. Nella redazione di questa sintesi, ho ritrovato parecchie analogie con situazioni reali che ho potuto vivere assistendo i clienti. In effetti, non è sempre facile far comprendere al datore di lavoro, quanto tale norma già sancita dallo Statuto dei Lavoratori sia di assoluta e primaria importanza. Di contro, devo rilevare, come sia una necessità molto sentita per il datore di lavoro la protezione del proprio patrimonio e del frutto dell’attività e come, in particolari contesti economici, come ad esempio la vendita al dettaglio o i servizi alla persona effettuati in saloni o negozi di facile accesso, ciò diventi un problema di non facile soluzione, aggirabile tuttavia con una chiara e semplice applicazione delle norme previste.
* Sintesi dell’articolo pubblicato in Modulo24 Contenzioso Lavoro, 5/2024 pag. 60 dal titolo La videosorveglianza come strumento di prevenzione degli infortuni, momento sinergico tra sicurezza sul lavoro e privacy.