CODICE DISCIPLINARE e sanzioni previste dal modello di organizzazione gestione e controllo

Sabrina Pagani, Consulente del Lavoro in Milano

IL FATTO

Nell’ambito di un procedimento disciplinare, la Società Autostrade per l’Italia contestava ad un dipendente con mansioni di esattore di avere chiuso manualmente la sbarra chiudi-pista e “(..) fatto falsamente figurare che la pista Z59 della stazione di Bologna Casalecchi risultasse attiva, nonostante la sbarra fosse abbassata ed il transito veicolare impedito; di avere riaperto la sbarra (che aveva chiuso alle ore 02:50) alle ore 03:45, soltanto dopo l’intervento dell’operatore della viabilità; di essere rimasto inattivo per 55 minuti (dalle ore 02.50 alle ore 03.45) all’interno della cabina; di avere con il suo comportamento creato disagi all’utenza e minato la sicurezza della circolazione (..)” e di aver agito “contravvenendo ai doveri lavorativi e in violazione dei principi di correttezza e buona fede”. Il dipendente forniva le proprie giustificazioni, la Società non le accoglieva e intimava al dipendente il licenziamento per giusta causa, ritenendo leso il vincolo fiduciario per aver quest’ultimo disatteso volontariamente le disposizioni impartite dall’azienda, al fine di trarne vantaggio. Avverso il provvedimento, il lavoratore ricorreva dapprima dinanzi al Tribunale di Bologna, che rigettava l’impugnativa del licenziamento per giusta causa, e poi dinanzi alla Corte di Appello di Bologna che, a sua volta respingeva il reclamo proposto dal lavoratore, confermando la sentenza di primo grado. Il lavoratore impugnava quindi la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione.

LE QUESTIONI GIURIDICHE

Le questioni giuridiche affrontate dalla sentenza sono essenzialmente due (Cass. sez. Lavoro, 12 febbraio 2024, n. 3883). La prima, e riteniamo più interessante, riguarda la differente finalità delle previsioni disciplinari e sanzionatorie del codice disciplinare aziendale, basate anzitutto sulle previsioni del Ccnl applicato, rispetto a quelle contemplate dal Modello di Organizzazione Gestione e Controllo ai sensi della L. n. 231/2001 in conseguenza di comportamenti in violazione dello stesso, e il rapporto tra questi due differenti corpi normativi. La seconda riguarda la corretta interpretazione delle specifiche previsioni disciplinari e sanzionatorie del Ccnl applicato. Nessuna eccezione sui fatti, che sono pacificamente acquisiti anche da parte ricorrente. Precisava il ricorrente che il Ccnl Autostrade, all’art 36, lett. i), prevede la sanzione espulsiva del licenziamento in relazione a “la mancata applicazione volontaria delle disposizioni impartite dall’azienda al fine di trarre vantaggio per sè o per l’azienda stessa”, mentre all’art. 36, n.8) prevede la sanzione conservativa della sospensione per il lavoratore che non applichi, nell’espletamento della attività, le prescrizioni impartite dall’azienda attraverso direttive e disposizioni interne (ordini di servizio, regolamenti e procedure interne, codice etico, etc.). Il Modello di Organizzazione Gestione e Controllo, adottato dalla Società ai sensi del D.lgs. n. 231 del 2001, cioè per definire prevenire gestire ed escludere rischi e forme di responsabilità amministrativa dell’ente per i reati commessi nell’interesse o vantaggio dell’ente medesimo da soggetti in posizione apicale o da persone sottoposte alla altrui direzione o vigilanza, contemplava, nella versione ratione temporis applicabile al tempo dei fatti, 3 livelli di violazione in ordine crescente di gravità (“1.Violazioni del Modello che non hanno comportato esposizione a rischio o hanno comportato modesta esposizione a rischio; 2. Violazioni del Modello che hanno comportato una apprezzabile o significativa esposizione a rischio. 3. Violazioni del Modello che hanno integrato un fatto penalmente rilevante”) cui corrispondevano differenti sanzioni: “per le violazioni di cui ai numeri 1 e 2 della sezione 9.1. potranno essere comminati i provvedimenti disciplinari conservativi, previsti all’articolo 36 del CCNL applicato”; “per le violazioni di cui al numero 3 della sezione 9.1. potranno essere comminati i provvedimenti disciplinari risolutivi, previsti all’articolo 37 del citato CCNL”. Tesi del lavoratore ricorrente era che la condotta contestatagli quale “mancata applicazione volontaria delle disposizioni impartite dall’azienda al fine di trarre vantaggio per sé o per l’azienda stessa” ai sensi del Modello, avrebbe potuto produrre una sanzione espulsiva solo se il “vantaggio” fosse stato conseguito come effetto di un illecito penale. Così non essendo, secondo il ricorrente la condotta addebitatagli (chiusura manuale della sbarra e conseguente inoperosità) avrebbe dovuto essere correttamente ricondotta alle previsioni del Modello 231 che prevedono una sanzione conservativa, in quanto non integranti una fattispecie di reato.

L’INTERPRETAZIONE DELLA CORTE

Con riguardo al rapporto tra le disposizioni di carattere disciplinare previste dal Ccnl e quelle previste dal Modello 231, la Corte precisa che “(…) il sistema disciplinare per la violazione delle misure e delle procedure previste dal Modello deve essere armonizzato e coordinato con le disposizioni normative e contrattuali che regolano l’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro, a cominciare dal principio di predeterminazione delle infrazioni e delle sanzioni, enunciato dall’art. 7 St. Lav., con il connesso onere di adeguata pubblicità preventiva delle condotte punibili, dal rispetto delle garanzie procedimentali e del canone di proporzionalità (..)” Ancora ”(…) In stretto coordinamento con tali previsioni contenute nel Sistema disciplinare del Modello, il codice disciplinare del contratto collettivo contempla le “violazioni del Modello di organizzazione, gestione e controllo (d.lgs. 231/2001) che hanno comportato una esposizione a rischio”, punibili con la sanzione conservativa della sospensione (art. 36 n. 8) e “le violazioni significative del Modello di organizzazione, gestione e controllo (d.lgs. 231/2001) che hanno anche integrato un’ipotesi penalmente rilevante”, punibili con il licenziamento senza preavviso (art. 36, lett. i) (..)”. Nel caso di specie, la contestazione mossa al lavoratore non ha ad oggetto condotte integranti o, comunque, connesse a violazioni del Modello di organizzazione, come tali legate alla specifica mappatura dei rischi di reato e alle contromisure predisposte in base al d.lgs. 231 del 2001, non essendo sufficiente, a tal fine, la generica contestazione al dipendente di avere “creato disagi all’utenza e minato la sicurezza della circolazione”. L’addebito concerne unicamente la violazione degli obblighi imposti al dipendente dalle norme del codice civile, del contratto collettivo e del codice etico per avere agito “contravvenendo ai doveri lavorativi e in violazione dei principi di correttezza, lealtà e buona fede”. Precisa la Corte che “appaiono perciò infondati gli argomenti spesi da parte ricorrente e volti a sostenere la riconducibilità della condotta posta in essere alle citate previsioni del contratto collettivo formulate esclusivamente in termini di violazione del Modello di organizzazione. Chiarita la diversa portata e finalità delle due previsioni normative, anche quando siano sovrapponibili in talune espressioni letterali, la Corte si sofferma sulla corretta interpretazione e applicazione da parte dell’azienda delle specifiche previsioni del Ccnl Autostrade che contemplano le condotte sanzionabili con il licenziamento. Infatti, posto che ai sensi del già richiamato art 36, lett. i) la condotta espulsiva sarebbe giustificata da una “mancata applicazione volontaria delle disposizioni impartite dall’Azienda al fine di trarre vantaggio per sé o per l’Azienda stessa”, la Corte ritiene che “il vantaggio” a cui deve tendere il lavoratore per l’applicazione di detta sanzione non può solo coincidere con gli effetti della mancata applicazione delle disposizioni aziendali, ma deve rappresentare un risultato ulteriore ed esterno ad essa, un quid pluris concettualmente separato dall’azione. Sarebbe “errata la lettura della disposizione contrattuale che identifichi il “ fine di trarre vantaggio per sé o per l’Azienda” nella inoperosità del dipendente che consegue alla indebita chiusura della pista” e inapplicabile la sanzione espulsiva, dovendosi ricondurre il comportamento del lavoratore a differente condotta sanzionabile prevista dal Ccnl, per la quale sono previste misure conservative. Per tali ragioni, la Corte cassa la sentenza impugnata, rinvia alla Corte d’appello, in diversa composizione, affinché quest’ultima proceda ad un nuovo esame della fattispecie, invitandola ad uniformarsi ai principi richiamati dalla giurisprudenza di legittimità.


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