CESSIONE D’AZIENDA DISSIMULATA: reintegrazione dei lavoratori presso la cessionaria

di Emilia Scalise, Consulente del lavoro in Milano

 

Tutela reale per il personale licenziato a seguito di procedura di licenziamento collettivo ex lege n. 223/1991, art. 4, per vizio generico di motivazione e cessione dissimulata: il rapporto di lavoro prosegue con la cessionaria. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 33492 del 14 novembre 2022 a seguito delle pronunce del tribunale di Castrovillari prima e della Corte di Appello di Catanzaro poi.

Il caso di specie vede coinvolti lavoratori licenzia- ti a seguito della procedura di licenziamento collettivo ai sensi dell’art. 4 della Legge n. 223/1991. In particolare, in data 23 maggio 2016, la Società, che per comodità chiameremo Alfa, avviava procedura di licenziamento collettivo per crisi aziendale. In data 28 giugno 2016 veniva sottoscritto accordo sindacale con il quale si dava atto che la Società Alfa intendeva procedere all’interruzione dell’attività di produzione con conseguente risoluzione della totalità dei rapporti di lavoro in essere. La Società Alfa, in data 21 luglio 2016 procedeva, quindi, alla trasmissione delle lettere di licenziamento al personale dipendente, licenziamenti che erano stati poi tempestivamente impugnati.

Successivamente in data 5 agosto 2016 veniva costituita la Società, che anche qui per facilità chiameremo Beta, per lo svolgimento dell’attività di fabbricazione di materassi.

In data 18 agosto 2016 la Società Alfa e la Società Beta sottoscrivevano apposita scrittura privata di cessione d’azienda in affitto (la Società Alfa era esercente di attività di fabbrica- zione dei materassi e rivestimenti di materassi). La Corte di Appello, in conformità alla sen- tenza di primo grado, dichiarava inefficaci i licenziamenti intimati, poiché l’omissione in sede di avvio della procedura di licenziamento collettivo da parte del datore di lavoro circa la volontà di procedere alla cessione dell’attività aziendale inficiava l’intero iter della procedura di licenziamento stesso.

In particolare, si configurava cessione dissimulata dal momento che:

  • l’attività di produzione della Società Alfa non era mai realmente cessata, ma era pro- seguita presso la cessionaria in presenza del- la medesima identità di oggetto sociale;
  • la cessionaria utilizzava stessi stabilimenti e beni aziendali della cedente;
  • la cessionaria svolgeva l’attività con gli stessi clienti e fornitori della

Pertanto, secondo la Corte di Appello, i rap- porti di lavoro dovevano considerarsi in essere al momento della stipula del contratto di affitto d’azienda e gli stessi dovevano proseguire presso la cessionaria Società Beta ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui all’art. 2112 del codice civile.

La Società Alfa promuoveva così ricorso sulla base di due principali motivi.

In primo luogo, la ricorrente sosteneva la falsa applicazione da parte dei giudici dell’articolo 2112 del codice civile facendo leva sul fatto che la cessione d’azienda presuppone la contemporanea esistenza di cedente e cessionario, circo- stanza mancante nel caso di specie, dal momento che la cedente era cessata di fatto in data 29 luglio 2016 mentre la cessionaria era stata costituita solo il 5 agosto 2016. La ricorrente, inoltre, rilevava come il passaggio dei lavoratori alle dipendenze della cessionaria presupponga l’esistenza di un rapporto di lavoro all’atto del trasferimento: nel caso in esame i rapporti di lavoro erano già stati risolti all’atto di stipula del contratto di affitto di azienda.

Da ultimo, la Società Alfa deduceva altresì la violazione dell’art. 18 della Legge n. 300/1970, criticando la statuizione di illegittimità del licenziamento collettivo per motivazione generica e per difetto di prova: secondo la ricorrente, infatti, nelle more dell’articolo 18, l’ipotesi di illegittimità della procedura di licenziamento collettivo non è tutelabile con la reintegra. La Cassazione rigettava il primo motivo di ri- corso ritenendolo inammissibile in quanto l’intera operazione di licenziamento colletti- vo, di cessazione dell’attività e di affitto di azienda era stata avviata con l’intento di eludere la disciplina contenuta all’articolo 2112 del codice civile. Pertanto, i giudici di merito accolgono la ratio decidendi della Corte di Appello, che aveva dichiarato inefficaci i licenziamenti poiché intimati in violazione dell’obbligo di comunicazione previsto dall’articolo 4, comma 3 della Legge n. 223/1991 essendo stata nascosta la reale finalità datoriale di cessione dell’attività aziendale.

Viene di conseguenza meno l’altro motivo di ricorso, in quanto, secondo la Cassazione, non può trovare accoglimento non confrontandosi con la ratio decidendi della sentenza di secondo grado che aveva dichiarato inefficace il licenziamento per vizio generico di motivazione.

Con questa pronuncia giurisprudenziale, la Cassazione, quindi, ribadisce nuovamente il principio secondo cui è inefficace il licenzia- mento collettivo per omessa comunicazione in sede di avvio della procedura, qualora la società, pur cessando ogni attività, non indichi le reali finalità della procedura di riorganizzazione, omettendo di menzionare la propria volontà di procedere alla cessione dei propri beni produttivi ad altra newco.


Scarica l'articolo