CAMBIA LA TUTELA DELLA SICUREZZA NELLO SMART WORKING?

Nina Catizone, Consulente del Lavoro in Torino

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Proprio nel momento in cui tornano a crescere nel 2025 gli smart workers, in particolare nelle grandi imprese e nella pubblica amministrazione, si sta profilando all’orizzonte una nuova disciplina della loro sicurezza. Più che mai resta scolpito nella memoria il Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile sottoscritto all’esito di un confronto con le Parti sociali promosso dal Ministro del Lavoro il 7 dicembre 2021. Basti ricordare che, in forza dell’art. 6 di questo Accordo, “ai lavoratori agili si applica la disciplina di cui agli artt. 18, 22 e 23, della Legge n. 81/2017”, e inoltre “si applicano gli obblighi di salute e sicurezza sul lavoro di cui al D.lgs. n. 81/2008 alle prestazioni rese all’esterno dei locali aziendali”. Dunque, non solo le norme generali del TUSL (il Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro), ma addirittura più norme specifiche contenute in una apposita legge che sin dal 2017 disciplina il lavoro agile.

UNA LEGGE NATA MALE

Ammettiamolo. Questa Legge n. 81 del 2017 è nata male. Se ne accorsero già nella XI Commissione Lavoro della Camera più deputati che si dissero restii ad aumentare costi e oneri dei datori di lavoro e ad esporli a interpretazioni sfavorevoli da parte della magistratura. Non a caso, taluno auspicò causticamente, ma senza fortuna, l’“agilità” anche delle soluzioni adottate in campo prevenzionistico. E non a caso, altri evocò lo spettro della responsabilità oggettiva. Alla fine prevalse il richiamo del Presidente della Commissione all’esigenza di approvare rapidamente la legge: “pur riconoscendo la ragionevolezza delle argomentazioni addotte dai colleghi intervenuti, la necessità di giungere ad una celere approvazione del provvedimento non permette di affrontare tutti i punti che necessiterebbero di una migliore esplicitazione”. Nata male, dunque, ma addirittura vissuta peggio, a dispetto delle generose prospettive aperte dal Protocollo Nazionale del 7 dicembre 2021.

GLI OBBLIGHI DI TUTELA DEI LAVORATORI AGILI

Eppure, basta un’analisi fedele alla lettera e alla ratio della L. n. 81/2017, che non sposi pregiudizialmente le ragioni di tutela della sicurezza dei lavoratori agili ovvero di favore per le esigenze aziendali. Queste le specifiche norme dedicate dalla L. n. 81/2017 alla tutela della sicurezza dei lavoratori agili. – La norma base è quell’art. 22, comma 1, primo periodo, ove si dispone che “il datore di lavoro garantisce”, e, dunque, ha l’obbligo di garantire, “la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile”. Una norma che, oltre ad essere integrata dagli ulteriori disposti dettati nella stessa L. n. 81/2017, per forza di cose richiama gli obblighi di sicurezza contemplati dal D.lgs. n. 81/2008. – L’art. 22, comma 2, a specificazione del comma 1, primo periodo, prescrive che “il lavoratore è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali”. E dunque fornisce un’inequivoca conferma dell’obbligo del datore di lavoro di predisporre ed attuare “le misure di prevenzione per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali”. Ed anzi, a ben vedere, sottilmente confina la cooperazione del lavoratore agile al momento dell’attuazione delle misure, mentre affida in via esclusiva al datore di lavoro la loro predisposizione.

– Terza norma: l’art. 18, comma 2 prevede che “il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. – Quarta norma, l’art. 22, comma 1, secondo periodo, in forza del quale il datore di lavoro “consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro”. Dove per forza di cose spetta al datore di lavoro l’obbligo indelegabile di valutare i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori agili a norma degli artt. 17, comma 1, lettera a), e 28 D.lgs. n. 81/2008.

LA DISCIPLINA APPROVATA DAL SENATO

Si dirà: norme scritte sulla carta, ma di fatto largamente non osservate dalle imprese, né fatte osservare dagli ispettori del lavoro. Certo, però, che la risposta per ora data nel disegno di legge approvato il 22 ottobre 2025 dal Senato della Repubblica assume un peso di grande rilievo. Si tratta della Legge annuale sulle piccole e medie imprese. Tra un articolo e l’altro, a sorpresa, spunta l’art. 11 che, sotto il titolo “salute e sicurezza per le prestazioni in modalità agile,” introduce nell’art. 3, D.lgs. n. 81/2008 un comma 7-bis di questo tenore: “Per l’attività lavorativa prestata con modalità di lavoro agile in ambienti di lavoro che non rientrano nella disponibilità giuridica del datore di lavoro, l’assolvimento di tutti gli obblighi di sicurezza compatibili con tale modalità di lavoro, e in particolare di quelli che attengono all’utilizzo dei videoterminali, è assicurato dal datore di lavoro mediante la consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, di un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro, fermo restando l’obbligo del lavoratore di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali”. Il risultato appare di eccezionale rilievo. Certo, il Dossier del Servizio Studi del Senato in data 22 ottobre 2025 rileva che la novella “concerne il D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, mentre le norme già vigenti sono poste dall’articolo 22 della L. 22 maggio 2017, n. 81”, e segnala “l’opportunità, sotto il profilo redazionale, di un coordinamento e accorpamento della disciplina”. Si tratta di una raccomandazione che non appare raccolta nel testo approvato dal Senato. E il risultato è che, in base al nuovo comma 7-bis, la consegna dell’informativa scritta vale ad assicurare “l’assolvimento di tutti gli obblighi di sicurezza compatibili con tale modalità di lavoro”. Tanto è vero che nello stesso art. 11 si provvede a contemplare le sanzioni a carico del datore di lavoro inadempiente. Ma attenzione: esclusivamente per la violazione di quell’obbligo informativo. Legittimo chiedersi: spariti tutti gli obblighi di legge richiamati nel 2021 dal Protocollo Nazionale fra le Parti sociali promosso dal Ministro del Lavoro?

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