Il caso origina, nel settore dell’accoglienza e prestazioni connesse, dalla vicenda di una nota catena alberghiera che aveva affidato l’appalto per la fornitura dei servizi operativi per il proprio centro di fitness e benessere interno a uno dei suoi alberghi a una società terza.
Le corti territoriali, sia in primo grado, sia in appello, ritenendo decisivo il dato contrattuale, hanno escluso il verificarsi di un trasferimento di azienda in un caso di retrocessione dei servizi appaltati, trattandosi di un mero appalto di servizi (ovvero di un contratto con cui il committente non dismette un segmento produttivo, ma si avvale delle prestazioni fornite da un’impresa terza). Si doveva, pertanto, respingere l’ipotesi che, con la cessazione di detto contratto di appalto, si verificasse una retrocessione del ramo d’azienda ex art.2112 c.c.
Il ricorso avverso la pronuncia di merito ha censurato tale valorizzazione del dato formale e assumendo che la fattispecie di cui all’art.2112 c.c. può verificarsi indipendentemente dallo strumento giuridico adottato e, quindi, anche nelle ipotesi di cessazione dell’appalto di servizi, quando alla scadenza si realizzi un passaggio della azienda dall’appaltatore al committente. Nel caso di specie, il trasferimento si sarebbe realizzato nel momento della cessazione dell’appalto di servizi, quando l’attività era stata nuovamente internalizzata dalla committente.
La Suprema Corte aveva già avuto modo in passato di affermare che “ai fini del trasferimento d’azienda, la disciplina di cui all’art.2112 cod. civ., postula soltanto che il complesso organizzato dei beni dell’impresa – nella sua identità obiettiva – sia passato ad un diverso titolare in forza di una vicenda giuridica riconducibile al fenomeno della successione in senso ampio, potendosi così prescindere da un rapporto contrattuale diretto tra l’imprenditore uscente e quello che subentra nella gestione. Tuttavia, non può ravvisarsi un trasferimento d’azienda in ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, ove non sia dimostrato un passaggio di beni di non trascurabile entità, e tale da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa”.
Al contrario, dunque, laddove alla cessazione dell’appalto il servizio torni in gestione diretta all’imprenditore già committente, ben potrebbe verificarsi un trasferimento d’azienda in presenza di un passaggio di beni di rilevante entità, tali da permettere la prosecuzione internalizzata delle attività prima appaltate.
Inoltre, sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, la Cassazione ha ricordato che l’accertamento dell’avvenuto trasferimento non è necessariamente subordinato al trasferimento della proprietà degli elementi materiali dell’azienda. Al contrario, nei settori in cui l’attività svolta si fonda essenzialmente sulla mano d’opera invece che sul possesso di rilevanti assets produttivi materiali, un gruppo di lavoratori costituente parte essenziale del personale specificamente destinato dal predecessore all’attività economica oggetto del contratto di appalto, ben potrebbe corrispondere ad un’entità economica la cui cessione potrebbe integrare un trasferimento di azienda.
Nel caso di specie, come addotto dalla parte ricorrente, non solo i locali, le attrezzature, e l’organizzazione complessiva del centro fitness erano stati retrocessi nel possesso della committente al termine del contratto di appalto, ma anche quasi tutti i dipendenti dell’appaltatore era passati alle dipendenze della stessa.
Con la sentenza n.6770/2017, depositata il 15 marzo scorso, la Cassazione ha, pertanto, accolto il ricorso e affermato l’applicabilità dell’art.2112 c.c. anche quando, alla cessazione dell’appalto, il servizio torni in gestione diretta all’imprenditore committente, rilevando che, nei settori cosiddetti labour intensive, un gruppo di lavoratori – costituente parte essenziale, in termini di numero e di competenza, del personale specificamente destinato dall’appaltatore alla attività appaltata – può corrispondere ad un’entità economica autonoma.