Vola ancora l’Ape sociale, giunta ormai al settimo anno di operatività: la legge di Bilancio 2023 (L. n. 197/2022) ha previsto infatti la proroga di questo strumento di accompagnamento alla pensione, includendo nella platea dei beneficiari coloro che maturano i requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2023. L’Ape sociale (art. 1, co. 179, L. n. 232/2016), nel dettaglio, è un’indennità di prepensionamento erogata dall’Inps, che ha la funzione di sostenere il reddito del lavoratore, se appartenente a specifiche categorie tutelate, dai 63 anni di età sino alla maturazione del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia ordinaria (art.24, co. 6, D.l. n. 201/2011). Considerando che, ad oggi (e almeno sino al 31 dicembre 2024), l’età pensionabile è pari a 67 anni, la durata massima del periodo di scivolo indennizzato è di 4 anni. Tuttavia, in molti si chiedono se usufruire di questa misura di sostegno possa comportare degli svantaggi in termini di pensionamento: per rispondere alla domanda, analizziamo
nello specifico lo strumento e prendiamo in esame un caso di studio, che evidenzia l’ammontare della pensione di vecchiaia a seguito di un periodo di Ape sociale ed a seguito del regolare svolgimento dell’attività lavorativa.
In merito alla possibilità di fruire dell’anticipo pensionistico a carico dello Stato, è innanzitutto necessario aver compiuto 63 anni di età ed aver cessato l’attività lavorativa. Successivamente alla decorrenza della prestazione, è possibile rioccuparsi, ma il reddito annuo derivante dal nuovo lavoro non deve superare 8.000 euro per i lavoratori dipendenti o parasubordinati, 4.800 euro per i lavoratori autonomi. Il beneficiario deve inoltre appartenere a una delle seguenti categorie tutelate: disoccupati di lungo corso, invalidi dal 74%, caregiver e addetti ai lavori gravosi. Per ciascuna di queste categorie è disposto un differente requisito di contribuzione.
Il beneficiario non deve essere titolare di pensione: laddove acquisisca il diritto ad un trattamento pensionistico durante il periodo di fruizione dell’Ape sociale, l’indennità è revocata dal momento della decorrenza della pensione (Circ. Inps n. 100/2017, p.8).
I requisiti di contribuzione richiesti per l’accesso al prepensionamento con Ape sociale sono:
• 30 anni di versamenti per i disoccupati di lungo corso, per i caregiver e per gli invalidi dal 74%;
• 36 anni per gli addetti ai lavori gravosi;
• 32 anni per gli operai edili, per i ceramisti e per i conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta.
Le donne, inoltre, hanno diritto a una riduzionedel requisito contributivo pari a un anno per ogni figlio, sino a un massimo di due anni di sconto. Durante il periodo di fruizione dell’indennità, l’Inps non accredita contributi figurativi: questo in quanto il requisito contributivo minimo utile alla pensione di vecchiaia ordinaria (art. 24, co. 6, D.l. n. 201/2011) è generalmente pari a 20 anni e deve essere già raggiunto per accedere all’Ape sociale.
Ad ogni modo, il beneficiario dell’Ape sociale, se lo desidera, può richiedere all’Inps l’autorizzazione al versamento dei contributi volontari, per aumentare l’importo della futura pensione di vecchiaia.
Le categorie beneficiarie dell’Ape sociale sono costituite dai disoccupati di lungo corso, dai caregiver, dagli invalidi dal 74% e dagli addetti ai lavori gravosi.
Alla categoria dei disoccupati di lungo corso ai fini dell’Ape sociale coloro che risultano:
• in stato di disoccupazione a seguito di licenziamento, anche collettivo, o di dimissioni per giusta causa, o per effetto di risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di conciliazione obbligatoria (art. 7, L. n. 604/1966);
• in stato di disoccupazione a seguito di cessazione di un contratto a termine, laddove risultino almeno 18 mesi di periodi di lavoro subordinato negli ultimi 36 mesi.
Appartengono alla categoria dei caregivers coloro che assistono, da almeno 6 mesi, il coniuge (o parte dell’unione civile) o un familiare di primo grado, convivente, con handicap riconosciuto in situazione di gravità (art. 3, co. 3, L. n. 104/1992).
Può rientrare nella platea dei beneficiari anche chi assiste e convive, da almeno 6 mesi, con un familiare entro il secondo grado, ma in questo caso è necessario che il coniuge o i genitori del disabile abbiano compiuto i 70 anni di età, oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
Possono beneficiare dell’Ape sociale anche coloro a cui è stata riconosciuta un’invalidità civile pari o superiore al 74%.
Appartengono alla categoria degli addetti ai lavori gravosi i lavoratori subordinati che hanno svolto per almeno 6 anni negli ultimi 7 anni, o per 7 anni nell’ultimo decennio, un’attività lavorativa particolarmente rischiosa o pesante, che deve far parte dell’elenco di cui alla Tabella A del D.M. del 5 febbraio 2018 o all’All. 3, L. n. 234/2021.
Il valore dell’Ape sociale è pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso all’indennità, sino al tetto massimo di 1.500 euro mensili lordi, non rivalutabili.
L’indennità, incompatibile con l’indennità di disoccupazione e con qualsiasi tipologia di pensione diretta, è assimilata al reddito di lavoro dipendente dal punto di vista fiscale e dà dunque diritto all’applicazione delle relative detrazioni e, sussistendo i requisiti reddituali, del trattamento integrativo di cui al D.l. n. 3/2020.
La domanda per la liquidazione dell’indennità Ape sociale non può essere approvata se prima non è stata inoltrata la domanda di certificazione del diritto alla prestazione.
Per certificare il diritto alla prestazione, l’Inps deve verificare la sussistenza delle condizioni per l’accesso all’Ape sociale: i requisiti devono risultare già soddisfatti al momento della presentazione della domanda di certificazione, ad eccezione del requisito anagrafico, dell’anzianità contributiva, nonché della conclusione della fruizione del trattamento di disoccupazione e del periodo di svolgimento dell’attività lavorativa gravosa in via continuativa; queste condizioni, che l’Inps certifica in via prospettica, devono comunque maturare entro la fine dell’anno in corso al momento di presentazione della domanda.
Per non perdere ratei di trattamento, coloro che, al momento della presentazione della domanda di certificazione delle condizioni, risultano già in possesso di tutti i requisiti previsti, possono presentare contestualmente anche la domanda di Ape sociale (messaggio Inps n. 163/2020).
Qualora risultino perfezionati tutti i requisiti, l’Ape sociale decorre dal primo giorno del mese successivo all’invio della domanda di trattamento, previa cessazione dell’attività di lavoro.
Le domande di certificazione, come chiarito dal decreto Lavoro, possono essere presentate entro i termini di scadenza del 31 marzo 2023 o del 15 luglio 2023, nonché, tardivamente, entro il 30 novembre 2023 (le istanze saranno accolte soltanto in caso di sussistenza di risorse residue).
L’indennità di Ape sociale è pari all’importo della pensione spettante al momento di accesso alla prestazione, senza operare penalizzazioni o ricalcoli con sistema interamente contributivo.
Tuttavia, è previsto un tetto massimo di importo, che ammonta a 1.500 euro mensili lordi. Ai fini fiscali, l’indennità è assimilata al reddito di lavoro dipendente.
Per comprendere se la fruizione dell’Ape sociale possa riflettersi negativamente sull’importo della futura pensione, osserviamo il seguente caso di studio, relativo a un addetto ai lavori gravosi:
• lavoratore dipendente iscritto presso Inps Fpld;
• data di nascita 10/11/1957;
• addetto a mansioni gravose per almeno 6 anni negli ultimi 7;
• la sua situazione previdenziale presso Inps Fpld, al 30/06/2020 (data ultimo aggiornamento dell’estratto conto certificativo), risulta la seguente:
– settimane accreditate: 1884, pari ad anni 36, mesi 3;
– sussistendo la successiva regolare continuazione nel versamento della contribuzione, al 31/12/2020 vi sono anni 36 mesi 9.
Si procede dunque al calcolo relativo alla simulazione dell’indennità di Ape sociale ed al calcolo della pensione di vecchiaia ordinaria successivamente spettante.
DETTAGLIO SITUAZIONE PREVIDENZIALE IPOTIZZATA AL 31-01-2021 (SULLA BASE DEGLI ACCREDITI ORDINARI) Totale contribuzione: 1914 settimane, pari ad anni 36 mesi 10
(per la tabella clicca qui)
L’Ape sociale è calcolata con sistema misto (retributivo sino al 31.12.1995, poi contributivo) in quanto l’interessato possiede meno di 18 anni di contributi al 31.12.1995.
(per la tabella clicca qui e qui)
Importo Ape sociale lordo al 01.02.2021:
1.187,85 euro mensili
Importo Ape sociale netto al 01.02.2021:
1.083,00 euro mensili
Il lavoratore riceverà la suddetta indennità sino alla data del pensionamento per vecchiaia, ipotizzata, in base ai futuri adeguamenti alla speranza di vita previsti, al 01.12.2024.
La pensione spettante alla data risulterà la seguente:
(clicca qui per la tabella)
Importo pensione di vecchiaia lordo al 01.12.2024: 1.334,15 euro mensili
Importo pensione di vecchiaia netto al 01.12.2024: 1.114,01 euro mensili.
L’importo della pensione di vecchiaia risulta più elevato rispetto a quello dell’Ape sociale, pur non essendo stata accreditata contribuzione aggiuntiva, in quanto:
• le retribuzioni che costituiscono la retribuzione media settimanale delle quote retributive sono rivalutate annualmente in base all’indice Foi;
• è rivalutato annualmente anche il montante contributivo, cioè la somma dei contributi accantonati;
• cresce, all’aumentare dell’età pensionabile, il coefficiente moltiplicatore, che trasforma il montante contributivo in assegno di pensione.
In caso di continuazione nel versamento della contribuzione in misura pari all’ultimo imponibile (prosecuzione dell’attività lavorativa o versamento di contributi volontari), pari a circa 25.000 euro annui, l’importo lordo della pensione risulterebbe invece pari a € 1.472,61 lordi mensili.
(per la tabella di riepilogo clicca qui)
Il mancato accredito di contribuzione durante il periodo di Ape sociale, nel caso di specie, comporta una penalizzazione lorda sulla futura pensione di € 178,46 mensili. La differenza è giustificata dal maggiore ammontare del montante contributivo, mentre si registra solo un moderato aumento della retribuzione pensionabile.
Il versamento di contribuzione volontaria per tutto il periodo di fruizione dell’Ape sociale avrebbe però un costo complessivo di € 31.624. Considerando la differenza mensile netta di € 146,57 tra i due trattamenti, il costo si ammortizzerebbe in 213 mesi, ossia in 17 anni e 9 mesi. Considerando però la possibilità di deduzione del costo della contribuzione volontaria dall’imponibile Irpef, il costo si ammortizzerebbe realmente in 183 mesi, pari a 15 anni e 3 mesi. Tale valutazione è ovviamente da considerarsi attendibile soltanto in assenza di altri redditi dell’interessato.
Laddove l’interessato abbia possibilità di scelta, sarebbe da consigliarsi la continuazione dell’attività lavorativa in luogo dell’Ape sociale, per ottenere una pensione maggiore. La fruizione dell’Ape sociale unitamente al versamento di contribuzione volontaria, considerando i lunghi tempi necessari ad ammortizzare i costi sostenuti, non è consigliabile.