D’Aponte Marcello analizza, all’interno del quadro normativo europeo e nazionale, la correlazione tra l’ evoluzione dei sistemi organizzativi nell’impresa e la tutela dei diritti dei lavoratori
Le Autrici affrontano con approccio analitico il tema delle nuove forme di lavoro, già presenti soprattutto in alcuni settori economici, ma notevolmente “esplose” con la crisi pandemica del 2020-2021. L’evoluzione rapida ha determinato l’esigenza di capire se e come modificare l’organizzazione aziendale e quali modalità gestionali attuare in seno alle organizzazioni.
Il termine lavoro ibrido viene utilizzato per descrivere le diverse opzioni di lavoro flessibile con tempi e luoghi di lavoro non standardizzati, ma determinati dalle esigenze dell’organizzazione e delle risorse. La recente pandemia ha radicalmente modificato la cultura del lavoro portando le persone e le organizzazioni ad evolvere verso qualcosa di nuovo e diverso, “che sia in grado di cogliere il meglio delle due esperienze e di affermare un nuovo modo di lavorare che metta al centro le reali esigenze delle persone e valorizzi l’unicità di ciascuna organizzazione portando le une e le altre a esprimere al meglio il proprio potenziale”. In un modello di lavoro ibrido, ciascuna organizzazione è chiamata a trovare il proprio equilibrio tra tempo e luogo di lavoro, che si possono rappresentare con lo schema che ci propongono le autrici.
Dall’incrocio delle variabili “flessibilità di tempo” e “flessibilità di luogo di lavoro”, si possono determinare quattro modelli estremi di organizzazione del lavoro:
Ciascuna organizzazione deve trovare il modello più adatto, cercando di equilibrare le esigenze dei lavoratori e quelle del modello di business, del mercato di riferimento e della cultura che l’azienda vuole promuovere al suo interno ed all’esterno. “Scegliere il proprio modello di lavoro ibrido è una decisione strategica chiave per posizionare l’azienda in modo chiaro in un mercato del lavoro sempre più competitivo e identitario”.
Relativamente alla flessibilità dei luoghi di lavoro si possono individuare diversi modelli di gestione (clicca qui): modello ibrido office-first, modello ibrido parziale, modello ibrido flessibile, modello ibrido remote first, modello ibrido limitato. Riguardo alla flessibilità dei tempi di lavoro, diverse sono le modalità che possono essere applicate indifferentemente al lavoro svolto in presenza e al lavoro svolto da remoto, sia per favorire il bilanciamento tra vita personale e lavorativa sia per quei lavoratori la cui mansione impedisce l’accesso a forme di flessibilità relative al luogo di lavoro: flessibilità in ingresso e in uscita, flessibilità della pausa pranzo, compresenza, settimana corta. Lo strumento principe di lavoro ibrido è sicuramente rappresentato dal lavoro agile (o smart working) così come definito dall’art. 18 della Legge n. 81/2017. Si introduce in azienda tramite un accordo o regolamento che tenga conto di alcuni aspetti fondamentali:
Uno dei temi più delicati da disciplinare è quello dei tempi della prestazione lavorativa. Alcuni accordi specificano che la quantità massima di lavoro che può essere prestato al di fuori delle sedi aziendali non può mai essere prevalente rispetto a quella prestata direttamente presso sedi aziendali. In altri accordi, il requisito della non prevalenza viene raggiunto imponendo dei limiti massimi in giorni o anche in ore.
Con riferimento alla prima parte, dedicata al lavoro agile, si ricorda inoltre che, in aggiunta al regolamento o all’accordo aziendale, sarà poi necessario stipulare con ciascun beneficiario un apposito accordo individuale di lavoro agile così come previsto dall’art. 19 della Legge n. 81/2017.
Quello che si può auspicare, alla luce delle recenti esperienze, è che ogni azienda possa cogliere questa occasione per rimettere in discussione e rivedere le regole relative al lavoro in presenza dando spazio a nuove forme di regolamentazione dei luoghi e dei tempi di lavoro.
* Sintesi dell’articolo pubblicato in D&PL, 27, 2022, dal titolo Lavoro ibrido: nuovo modello organizzativo.