Il riordino degli ammortizzatori sociali, operato per mezzo della Legge di Bilancio 2022, ci ha idealmente accompagnato verso un nuovo contesto lavorativo, non più emergenziale ma ordinario.
Fatta salva la crisi contingente causata dal conflitto fra Russia e Ucraina, che ha colpito e continua a mettere in sofferenza alcuni settori produttivi, l’attuale mondo del lavoro vuole tornare ad una situazione di “normalità”, modificando il concetto di ammortizzatore sociale e concependolo in un’ottica maggiormente democratica, dedicandolo ad una platea di utenti ben più ampia rispetto a quella prevista dal D.lgs. n. 148/2015.
Sorge tuttavia spontanea una domanda, legata anche alle attuali disposizioni normative che pongono nel contratto di solidarietà lo strumento prevalente e prioritario per contrastare fenomeni di crisi aziendale rispetto all’istituto della cassa integrazione:
al mondo del lavoro servono ammortizzatori sociali o una nuova flessibilità?
Gli ammortizzatori sociali comprendono tutte quelle norme rivolte al sostegno del reddito dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro o che si trovano nei casi di sospensione o riduzione della prestazione lavorativa. Questi strumenti rappresentano dunque di fatto un’integrazione salariale (o integrazione economica) corrisposta al lavoratore in sostituzione alla retribuzione persa in tutto o in parte. La normativa italiana dispone una serie di ammortizzatori sociali che si differenziano in base al settore di appartenenza dell’azienda, alle sue dimensioni in termini di numero di dipendenti nonché alla causale per cui vi si fa ricorso.
Stiamo parlando in modo particolare della Cassa integrazione guadagni (Cig) che, erogata dall’Inps, sostiene i dipendenti di imprese in difficoltà mediante appunto un’integrazione salariale.
Questo strumento si divide in tre tipologie:
Oltre a queste troviamo i Fondi di solidarietà, strumenti a sostegno del reddito rivolti in modo particolare ai lavoratori dipendenti di aziende appartenenti a tutti quei settori non coperti dalla normativa in materia d’integrazione salariale. Di seguito alcuni esempi:
La prima norma a cui bisogna fare riferimento è il D.lgs. 14 settembre 2015, n. 148 che prescrive le «disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro». Il decreto ha come obiettivo quello di collocare in un corpo normativo unico le diverse disposizioni relative agli strumenti posti a tutela del lavoratore in costanza di rapporto di lavoro (integrazioni salariali ordinaria e straordinaria e fondi di solidarietà), che attualmente sono contenute in diversi testi normativi, tutto ci assicurando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti, al fine di garantire la coerenza logica e sistematica della normativa.
La Legge di Bilancio 2022 (Legge n. 234 del 30 dicembre 2021) e il D.l. n. 4 del 27 gennaio 2022 (c.d. Decreto Sostegni Ter) hanno previsto una riforma con semplificazione degli ammortizzatori sociali e un allargamento della platea di destinatari. Per tali misure il Governo ha investito quasi 5 miliardi di euro totali, al fine di tutelare lavoratori e imprese.
In linea generale è stato previsto un aumento dei sussidi di disoccupazione e un’estensione degli istituti d’integrazione salariale ordinari e straordinari ai lavoratori di imprese che ne erano esclusi. La possibilità di accedere agli ammortizzatori è stata estesa infatti anche a imprese sotto i 5 dipendenti, la Cigs per tutti i datori lavoro con più di 15 dipendenti a prescindere dal settore, trattamenti di integrazione salariale per alcune specifiche categorie e altre novità su NASpI e Dis-Coll. Inoltre, sono stati introdotti nuovi trattamenti di integrazione salariale per alcuni settori, nonché la Cig per le imprese strategiche e vari ristori a differenti categorie.
Le novità e le modifiche apportate al quadro normativo riguardante gli ammortizzatori sociali sono state illustrate ed analizzate, dapprima dal Ministero del Lavoro, con la circolare n. 1/2022, e poi dall’Inps, con circolare n. 18/2022, con le quali sono state fornite le linee d’indirizzo e le prime indicazioni operative.
La Cigo (Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria) provvede a integrare la retribuzione persa dai lavoratori a seguito di una riduzione o una sospensione dal lavoro in conseguenza di un evento riconducibile a una delle causali previste dall’articolo 11, D.lgs. n. 148/2015, ossia situazioni che, alla data di presentazione della domanda, si possano considerare transitorie e destinate a rientrare, tendenzialmente senza conseguenze negative sulla tenuta dei livelli occupazionali. L’articolo 10 del D.lgs. n. 148/2015 contiene la specifica delle aziende che possono accedere alla Cigo; si tratta di aziende individuate in base all’attività svolta, tipiche del settore industriale e di alcuni specifici settori affini, che accedono all’ammortizzatore a prescindere dal numero dei dipendenti.
Dal 1° gennaio 2022 hanno accesso agli ammortizzatori sociali tutti i lavoratori subordinati, con l’esclusione dei soli dirigenti. Con l’articolo 1, commi 191-192, la L. n. 234/2021 ha esteso, infatti, le tutele ai lavoratori a domicilio e agli apprendisti di qualunque tipologia contrattuale, in precedenza esclusi. Nel caso specifico degli apprendisti, fino al 31 dicembre 2021 l’accesso alle integrazioni salariali era limitato agli apprendisti con contratto c.d. professionalizzante, i quali potevano accedere esclusivamente alla Cigo, salvo che il datore di lavoro avesse accesso alla sola Cigs, nel qual caso l’apprendista avrebbe potuto fruire del trattamento solo relativamente alla causale di crisi aziendale.
Pertanto, gli apprendisti di qualunque tipologia possono ora accedere ai medesimi strumenti riservati agli altri lavoratori della stessa azienda.
Un’ulteriore novità riguarda l’anzianità di servizio minima necessaria (art.1, comma 191, L. n. 234/2021): i lavoratori per accedere alla Cigo devono possedere un’anzianità di effettivo lavoro di 30 giorni (anziché 90, come da normativa previgente) presso l’unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento.
Vengono considerate come giornate di effettivo lavoro anche:
Le causali di intervento della Cigo sono delineate nei loro caratteri generali dall’articolo 11 del D.lgs. n. 148/2015:
Con la Legge di Bilancio 2022, le tutele dalla cassa integrazione guadagni straordinaria sono estese a tutte le imprese (con più 15 dipendenti) che non accedono ai fondi di solidarietà bilaterali, fondi bilaterali alternativi e al fondo territoriale intersettoriale delle province autonome di Trento e Bolzano. In tal modo, l’integrazione salariale straordinaria viene garantita ai datori di lavoro con più di 15 dipendenti indipendentemente dal settore lavorativo.
Il requisito dei 15 dipendenti è calcolato comprendendo anche i dirigenti, i lavoratori a domicilio, gli apprendisti e i lavoratori che prestano la loro opera con il vincolo di subordinazione. Ai sensi delle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2022, in tema di causali che legittimano il ricorso al trattamento di Cigs (con riferimento a periodi decorrenti dal 1° gennaio 2022), lo stesso viene ammesso nell’ipotesi in cui la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa sia determinata da:
Inoltre, ai sensi del nuovo comma 11-ter dell’art. 44 del D.lgs n. 148/2015 per fronteggiare nel biennio 2022-2023 processi di riorganizzazione e situazioni di particolare difficoltà economica, è prevista la possibilità di ricorrere a trattamenti di Cigs in deroga alle disposizioni previste dal D.lgs n. 148/2015 in materia di durata massima complessiva dei trattamenti di integrazione salariale (art. 4) e di durata degli interventi di cassa integrazione straordinaria (art. 22), per un massimo di 52 settimane fruibili fino al 31 dicembre 2023. I “nuovi” ammortizzatori sociali, così come modificati dalle disposizioni della Legge di Bilancio 2022, seguono sostanzialmente due principi cardine:
Alla luce di tutto ci , una prima riflessione ri guarda il fatto che i datori di lavoro, con tempi e modalità differenti, dovranno imparare a creare rapporti costruttivi e sinergie con le parti sociali (ad esempio per stipulare un contratto di solidarietà, ma non solo); una seconda riflessione ci porta a chiederci se le aziende hanno davvero bisogno di ammortizzatori sociali o basterebbe semplicemente un po’ di “flessibilità”: esistono misure alternative alla Cig che rendono l’orario di lavoro più flessibile e propedeutico a una nuova e più performante gestione dell’attività, in un mondo del lavoro reduce e rivoluzionato dalla pandemia?
La flessibilità in azienda sicuramente non pu essere strutturata in maniera comune a tutte le realtà, ma è uno strumento sartoriale, tailor made, cucito addosso alla singola impresa, adattandosi al meglio alle sue caratteristiche e mettendo in risalto le peculiarità dell’organizzazione.
Se le modalità di attuazione sono del tutto personali, gli strumenti già a nostra disposizione sono invece conosciuti e alla portata di ogni datore di lavoro, seppur con declinazioni differenti.
Dall’orario multiperiodale, all’utilizzo della banca ore o alla conciliazione dei tempi vita/ lavoro, i datori di lavoro hanno quotidianamente a disposizione metodi per adattare la propria realtà al “nuovo” contesto lavorativo.
Per contrastare le periodiche variazioni delle esigenze produttive, l’azienda pu osservare orari settimanali superiori e inferiori a quello abituale, a condizione che la media delle ore di lavoro prestate corrisponda alle 40 ore settimanali (o alla minore durata stabilita dai Ccnl), riferibile ad un periodo non superiore all’anno. Nelle settimane in cui l’orario normale viene superato, tale incremento non deve essere considerato straordinario e le ore effettuate in più vengono recuperate tramite periodi di riduzione di orario.
I contratti collettivi nazionali disciplinano la gestione dell’orario multiperiodale rispetto a:
Nel caso in cui alcuni periodi di riposo coincidono con giornate in cui è previsto un orario superiore o inferiore a quello abituale, le parti del rapporto devono definire lo spostamento in altra data di un uguale incremento o riduzione della prestazione. Le eventuali ore di incremento prestate e non recuperate assumono la natura di lavoro straordinario e devono essere compensate secondo le modalità previste dai Ccnl.
La banca delle ore è un istituto contrattuale che consente ai lavoratori di accantonare momentaneamente le ore di lavoro straordinario in un “conto” individuale per poterne poi usufruire al bisogno, nel corso dell’anno, ad esempio per necessità legate alla cura dei figli o degli anziani.
L’istituto della banca ore è previsto in molti Ccnl e contratti aziendali. Per usufruirne, è sufficiente che il dipendente concordi col datore di lavoro la data e la durata della propria assenza, nei limiti del monte ore massimo stabilito dal contratto.
L’Inps, con la circolare del 17 febbraio 2000, n. 39, ha precisato che possono accedere all’istituto della banca ore soltanto i dipendenti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. In ogni caso, si ritiene che spetti alla contrattazione collettiva stabilire se far rientrare o meno determinate categorie di lavoratori.
Qualora i riposi compensativi non possano essere goduti, ad esempio per cessazione del rapporto di lavoro, le ore non recuperate verranno monetizzate con le modalità previste per la retribuzione del lavoro straordinario.
Per evitare di ricorrere alla cassa integrazione, l’azienda potrebbe optare per una soluzione migliorativa per il dipendente attraverso l’utilizzo delle ferie e permessi residui del lavoratore, il quale si vedrebbe comunque lo stipendio pieno rispetto ad uno inferiore per effetto della Cig.
Secondo il codice civile è diritto dell’imprenditore stabilire il periodo dell’anno in cui il lavoratore pu godere delle ferie maturate, tenendo conto anche delle esigenze dell’azienda.
Come abbiamo visto durante la pandemia che ha colpito il nostro Paese, molte aziende hanno subito una improvvisa riduzione dell’attività lavorativa; in quel caso lo stesso Governo ha espressamente incentivato i datori di lavoro, sia pubblici che privati, a promuovere l’utilizzo dei periodi di ferie e di riposi contrattualmente previsti per far fronte alla necessità di sospendere le attività produttive.
Come sappiamo, il periodo di emergenza COVID-19 è stato caratterizzato in modo particolare da una larga diffusione del lavoro agile, il c.d. smart working.
Con questo termine si intende una modalità di lavoro, introdotta in Italia con la Legge n. 81/2017, anche organizzata per fasi, cicli e obiettivi, senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa, la quale deve essere eseguita, in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa (a distanza). Tale modalità di lavoro è applicabile ai rapporti di lavoro subordinato, mediante sottoscrizione di un accordo tra le parti.
Il lavoratore potrà pertanto svolgere le proprie mansioni senza spostarsi dal proprio domicilio, organizzando liberamente la sua giornata lavorativa in accordo con il datore di lavoro e in funzione degli obiettivi concordati con l’azienda.
Oggigiorno, la conciliazione tra vita privata e lavoro è un’esigenza avvertita dalla maggior parte dei lavoratori, in modo particolare dalle donne.
Per le aziende, investire nel benessere dei propri dipendenti pu comportare numerosi vantaggi, tra cui ad esempio la riduzione dell’assenteismo o delle malattie, dei costi di turnover, un miglioramento del clima interno e anche un aumento della produttività. Promuovere e mantenere un alto grado di benessere in azienda dal punto di vista fisico, psicologico e sociale dei lavoratori è oggi alla base della crescita sostenibile e duratura, non solo dell’impresa e della sua produttività, ma anche delle persone che ne fanno parte.
Durante un convegno sulla cassa integrazione, tenuto lo scorso mese di maggio con i colleghi dell’Ordine Provinciale di Modena (con una platea di circa 50 utenti), nel quale sono stata relatrice, ho posto una serie di domande, chiedendo loro di partecipare ad un sondaggio. La prima domanda è stata se nel corso dei primi cinque mesi del 2022 avessero utilizzato cassa integrazione o strumenti alternativi. Tra i votanti è emersa una situazione di equilibrio fra chi ha optato per la cassa integrazione e chi ha investito in strumenti alternativi. !
A coloro che hanno utilizzato strumenti alternativi ho voluto chiedere nello specifico di quali strumenti si sono avvalsi:
– più della metà dei votanti ha scelto di utilizzare la banca ore. Solo un collega ha utilizzato l’orario multiperiodale, mentre un buon numero di partecipanti al sondaggio ha risposto che ha usufruito di altri strumenti tra quelli proposti: nello specifico congedi parentali e congedi straordinari, misure sicuramente efficaci, derivanti da una attenta analisi della popolazione aziendale, ma precarie. Nessuno invece ha scelto di introdurre un contratto di solidarietà. Come ultimo quesito ho chiesto loro per quale motivo si erano avvalsi di strumenti alternativi.
Quasi tutti hanno risposto “Per riorganizzare l’attività aziendale”.
Gli ultimi due anni, caratterizzati da un evento pandemico che ci ha portato ad affrontare situazioni non preventivabili e non ipotizzabili, hanno sviluppato due condizioni:
Alla luce della fotografia sopra riproposta, il legislatore ha sentito la necessità di riorganizzare gli ammortizzatori sociali, contestualizzandoli all’attuale scenario, rendendoli maggiormente democratici, ma rendendoli anche uno strumento residuale di gestione della crisi aziendale.Alla stessa conclusione sono arrivate le aziende, insieme ai professionisti che le supportano, come ci conferma il sondaggio condiviso con alcuni colleghi e qui ripreso.
Quella che oggi potrebbe presentarsi come una crisi di impresa in realtà potrebbe essere la manifestazione di nuove necessità, legate a condizioni oggettive e soggettive particolarmente mutate in questi ultimi due anni.
Siamo pertanto di fronte ad un nuovo mondo del lavoro? Sicuramente siamo attori di un mondo del lavoro fluido ed in evoluzione e noi Consulenti del Lavoro, grazie alla nostra preziosa cassetta degli attrezzi, abbiamo un enorme potenziale da condividere con imprenditori, lavoratori e parti sociali.