Uno strumento in più per combattere l’abusivismo.

di Federica Manusardi, Consulente del lavoro in Milano

Il Tribunale di Pesaro, sezione penale, il 14 marzo 2017 ha emesso una sentenza di condanna nei confronti della titolare di un centro elaborazioni dati che dichiarava, nello svolgimento della sua attività, di possedere il titolo di Consulente del lavoro; il Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Pesaro-Urbino, costituitosi parte civile nel procedimento, ha ottenuto altresì il diritto al risarcimento del danno subito.

La sentenza di cui sopra, oggetto di uno specifico commento da parte della Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro, con il parere n.4 del 6 aprile scorso, conferma, ancora una volta, l’orientamento giurisprudenziale, sempre più consolidato, di voler punire il comportamento di coloro che svolgono attività che rientrano nella riserva della L. n.12/1979 senza averne i requisiti, commettendo così uno specifico reato, quello di esercizio abusivo della professione.

Va da prima ricordato il principio enunciato dall’art. 1 della L. n.12/1979 che prevede che “… tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente od a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti se non da coloro che siano iscritti nell’albo dei consulenti del lavoro a norma dell’art.9 … nonché da coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati e procuratori legali, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali…”.

E’ quindi stabilito che, anche qualora l’attività di elaborazione delle buste-paga fosse svolta da un soggetto terzo, quale un CED, ad essa è prodromica un’attività professionale di carattere valutativo per lo svolgimento della quale è indispensabile il possesso di specifiche nozioni giuridiche-lavoristiche-previdenziali che ai soli Consulenti del lavoro e agli altri soggetti di cui all’art.1 co.1 della L. n.12/1979 viene riconosciuto di possedere.

Diversi interventi giurisprudenziali hanno sancito in tempi recenti la specificità e peculiarità dell’attività svolta della figura del Consulente del lavoro:

  • Sentenza n.9725/2013 della Cassazione in merito all’attività di assistenza in materia di lavoro effettuata dalle Associazioni di Categoria con la condanna del socio accomandatario di una s.a.s. che deteneva il 99% delle quote sociali di una società che svolgeva attività rientranti nella riserva di Legge senza i relativi requisiti; la restante quota (1%) era detenuta da un’Associazione artigiana cui il socio condannato pensava poter ricondurre i requisiti di Legge per l’attività oggetto di riserva. La corte ha stabilito invece che sussistono gli estremi del reato di esercizio abusivo di professione laddove la gestione dei servizi e degli adempimenti in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale venga curata non da dipendenti di un’Associazione di Categoria ma da un soggetto privo del titolo di Consulente del Lavoro, ovvero non iscritto al relativo Albi, che sia socio di una società solo partecipata da un’Associazione di Categoria.
  • Sentenza n.103/2015 del Consiglio di Stato, relativa alla gara di appalto per l’affidamento dei servizi di gestione delle paghe e servizi connessi; nella pronuncia i giudici hanno ribadito che l’attività oggetto del bando ha carattere unitario, inscindibile e riservato ai Consulenti abilitati.
  • Sentenza del 25 novembre 2015 del Tribunale di Pesaro con la quale viene riconosciuta la tutela della specificità della professione prevedendo la punibilità anche di chi, regolarmente abilitato, consenta con il proprio comportamenti la realizzazione e lo svolgimento di attività abusive.
  • Sentenza n.255 datata 4 aprile 2016 del Tribunale di Biella che condanna a 4 mesi di reclusione per i componenti di una Associazione culturale che in realtà svolgeva attività di gestione amministrativa di rapporti di lavoro domestico, compilazione 730 pur non essendo un Caf o un’Associazione di Categoria. Il Giudice ha altresì previsto il risarcimento dei danni tutti patiti in favore della costituita parte civile Ordine dei Consulenti del Lavoro della Provincia di Biella quantificandoli in € 5.000,00.

Con l’ultima sentenza del Tribunale di Pesaro in commento si è messa un’altra pietra a fondamento, si spera, di un sistema volto a tutelare e a preservare la Categoria ma soprattutto a tutelare l’importanza e la delicatezza del lavoro che quotidianamente svolgiamo e che è soggetto a continui attacchi, sotto vari fronti, sia per l’abusivismo che per la presenza sul mercato del lavoro di soggetti che operano in palese violazione della concorrenza e della legalità.

Particolarmente significativa, nella sentenza citata, è la ritenuta ammissibilità del diritto al risarcimento riconosciuto ad un Consiglio provinciale, diritto che trova fondamento non tanto e non solo in riferimento al danno morale nei confronti della Categoria dei Consulenti del Lavoro ma soprattutto rispetto al pregiudizio di carattere patrimoniale recato ai singoli Consulenti regolarmente iscritti all’Ordine, e da quest’ultimo vigilati ma anche tutelati, i quali vengono direttamente o indirettamente danneggiati dalla sleale concorrenza dell’abusivo posta in essere in un determinato contesto territoriale. La coraggiosa ed intelligente iniziativa giudiziaria del CPO di Pesaro-Urbino va a nostro avviso replicata, qualora si presentino casi analoghi, su tutto il territorio nazionale da ogni Consiglio Provinciale.

Anche il CPO di Milano sta attivando numerose iniziative ed indagini volte a combattere e contrastare il fenomeno dell’abusivismo, non solo con ricerche a vasto raggio ma anche con una capillare azione di monitoraggio dei servizi offerti da sedicenti operatori qualificati. Da ultimo, il 24 febbraio 2017 ha inviato a tutti gli iscritti la circolare prot. n.941/2017 dal titolo particolarmente eloquente: “Come evitare di incorrere in esercizio abusivismo della professione”, riepilogando gli obblighi e le attenzioni da porre nell’esercizio dell’attività anche da parte dei Colleghi.

Anche la particolare attenzione data allo sviluppo delle S.T.P. ed alle problematiche ad esse connesse – che vede il Centro Studi di Milano a fianco dell’attività del CNO e coinvolto in queste riflessioni – è particolarmente importante, in quanto permette di operare esercitando la professione a livello societario in modo corretto (cosa altrimenti impossibile con qualsiasi altra forma societaria).

Il fenomeno dell’abusivismo ha molte sfaccettature ed è auspicabile una fattiva collaborazione da parte di tutti i Colleghi per cercare di contrastarlo.