Una proposta al mese – LA POLITICA (IN) ATTIVA del reddito di cittadinanza

di Manuela Baltolu, Consulente del lavoro in Sassari

E non è necessario perdersi
in astruse strategie,
tu lo sai, può ancora vincere
chi ha il coraggio delle idee.
(R. Zero, “Il coraggio delle idee”)

Nel sito del Ministero del lavoro, alla sezione “reddito di cittadinanza” (di seguito r.d.c.), fa bella mostra di sé una pagina graficamente molto gradevole, con un incipit appassionato: Il Reddito di cittadinanza è la misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale che i cittadini possono richiedere dal 6 marzo 2019. Si tratta di un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale, di cui i beneficiari sono protagonisti sottoscrivendo un Patto per il lavoro o un Patto per l’inclusione sociale.”

Leggendolo, la mente ritorna alla spettacolare conferenza stampa di febbraio 2019 in cui, sul palco, l’allora Ministro del lavoro Luigi Di Maio, fiero e compiaciuto, svelava al paese la teca in vetro contenente la prima card del reddito, facendo scivolare via la candida veste che la ricopriva.

Senza discutere sull’erogazione alle persone realmente bisognose, a 3 anni dall’istituzione e operatività di questa misura, è doveroso fare una riflessione sui risultati raggiunti in materia di politica attiva, che, strategicamente, appare come primo suffisso rispetto al contrasto alla povertà nella definizione presente nel sito web del Ministero.

A dispetto dell’enfasi posta nell’affermare che il reddito di cittadinanza fosse uno strumento per creare nuovi posti di lavoro, appare curioso che, invece, nelle premesse del testo della normativa di riferimento (D.l. n, 4/2019 convertito dalla L. n. 26/2019), in cui vengono elencate le motivazioni per le quali il reddito è stato istituito, con una vasta serie di “ritenuta la straordinaria necessità di….”, lo strumento della politica attiva venga appena menzionato, precisamente al terzo paragrafo che recita: “Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di dare corso ad una generale razionalizzazione dei servizi per l’impiego, attraverso una riforma complessiva delle strutture esistenti nonchè ad  una  più efficace gestione delle politiche attive”.

L’altro riferimento all’ambito lavoro si trova al quinto paragrafo “Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di creare misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani”, che, in realtà, non si capisce bene quanto sia attinente al r.d.c., dato che l’incentivo per l’assunzione dei percettori del reddito non è legato all’età, ma tant’è.

Due accenni abbastanza generici, sviluppati poi nell’art.4, con l’introduzione del patto per il lavoro: il dettato normativo condiziona infatti l’erogazione del reddito alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (c.d. DID) da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, e all’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale che prevede attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, nonché altri impegni individuati dai servizi competenti, finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro e all’inclusione sociale.

I beneficiari devono obbligatoriamente registrarsi sull’apposita piattaforma digitale e consultarla quotidianamente quale supporto nella ricerca attiva del lavoro, attività che, dal 1° gennaio 2022, dovrebbe essere verificata presso il centro per l’impiego con frequenza almeno mensile (non è stato esplicitato con quali modalità), e, in caso di mancata presentazione senza comprovato giustificato motivo, sarà applicata la decadenza dal beneficio. Inoltre, il percettore di r.d.c. dovrà accettare di svolgere le attività individuate nel patto per il lavoro e dovrà sostenere i colloqui psicoattitudinali e le eventuali prove di selezione finalizzate all’assunzione, su indicazione dei servizi competenti e in attinenza alle competenze certificate.

Ancora, nell’ambito dei progetti utili alla collettività, i comuni sono tenuti ad impiegare almeno un terzo dei percettori di r.d.c. residenti, a titolo gratuito, instaurando un rapporto non assimilabile né al lavoro subordinato, né parasubordinato, né di pubblico impiego. Insomma, detta così, appare una roba fantastica, sempre che, naturalmente, tutto ci  venga concretamente attivato dai servizi competenti in tempi brevi ed in maniera fattiva. I beneficiari sono quindi tenuti a rispettare tutta una serie di condizionalità per poter continuare a percepire il reddito, tra cui accettare almeno una di due offerte di lavoro “congrue”, così definite: la sede di lavoro deve trovarsi entro 80 chilometri di  distanza dalla residenza del percipiente o deve essere raggiungibile con i mezzi di trasporto pubblici in non più di 100 minuti in caso di prima offerta, mentre in caso di seconda offerta la sede potrà essere collocata in tutto il territorio nazionale senza limitazioni; in caso di rapporto di lavoro a termine o part-time, le limitazioni indicate per la prima offerta saranno valide anche per la seconda. Se il percipiente di r.d.c. accetta un’offerta di lavoro con sede a 250 km dalla propria residenza, il reddito continuerà ad essere erogato per 3 mesi a titolo di compensazione delle spese di trasferimento, incrementati a 12 mesi nel caso siano presenti nel nucleo minori o disabili. Su quest’ultimo punto magari, legare la continuità dell’erogazione all’ammontare del reddito da lavoro percepito, sarebbe stato più equo, invece che stabilire a priori i 3 o 12 mesi. Inoltre, il r.d.c. è compatibile con NASpI e Dis-Coll, fermi gli altri requisiti. Con le recenti modifiche introdotte dall’ultima Legge di bilancio, sono stati finalmente stabiliti tutta una serie di controlli, mediante triangolazione Inps/Anpal/Comuni, nonché il coinvolgimento del Ministero della giustizia, onde accertare i requisiti patrimoniali e le eventuali condanne penali dei soggetti percipienti.

Dal 1° gennaio 2022 sono entrati in vigore diversi nuovi commi all’art.5 del D.l. n.4/2019, di cui è opportuno rilevare:

  • il comma 4-bis, in cui si stabilisce che “i dati anagrafici, di residenza, di soggiorno e di cittadinanza sono preventivamente e tempestivamente verificati dall’INPS sulla base delle informazioni presenti nelle banche dati a disposizione dell’Istituto”;
  • il comma 4-ter, che istituisce l’obbligo tempestivo di comunicazione da parte dell’Inps ai comuni responsabili dei controlli, relativamente alle posizioni “dubbie” che necessitano di ulteriori accertamenti;
  • il comma 4-quater, in cui si afferma che l’esito delle verifiche è comunicato dai comuni all’Inps entro centoventi giorni, e che durante tali verifiche il pagamento delle somme è sospeso.

Pertanto, poiché fino al 31 dicembre 2021 tali verifiche preventive non erano state previste, le indebite erogazioni del reddito a carcerati, mafiosi, pregiudicati, residenti all’estero etc. hanno potuto proliferare, con un danno alle casse dello Stato quantificato nella sola città di Catania in 3 milioni di euro (alla data del 29 aprile 2022)1, e a 5 milioni di euro nel centro Italia2.                           !

In data 1° giugno l’Inps ha pubblicato un comunicato stampa in cui afferma che è finalmente operativo il protocollo con il Ministero della Giustizia per la verifica dell’esistenza nel sistema del Casellario Centrale di condanne con sentenza passata in giudicato da meno di dieci anni, al fine di revocare eventuali indebite erogazioni o respingere quelle in fase di definizione.

Non si sono avute più notizie della fantasmagorica piattaforma che avrebbe dovuto facilitare e supportare l’incontro offerta-domanda di lavoro, ex MISSISSIPPI WORKS, importata dal Prof. Mimmo Parisi direttamente dagli USA, che avrebbe dovuto rappresentare la panacea della disoccupazione nel nostro paese. Per poter supportare adeguatamente i percettori di r.d.c. nei percorsi di reinserimento al lavoro, sono stati potenziati i centri per l’impiego, affiancando la presenza di creature che, negli anni, sono divenute quasi mitologiche: i NAVIGATOR, soggetti che sarebbero dovuti diventare gli “angeli custodi” dei percettori di r.d.c., supportandoli nello svolgimento di tutte le attività propedeutiche alla ricerca di lavoro, e fornendo loro assistenza concreta anche nella scelta dell’eventuale nuovo impiego.

Non è certamente questa la sede appropriata per sparare a zero anche sui navigator che, di fatto, hanno forse l’unica colpa di aver provato a rispondere ad una specie di chiamata alle armi, mettendosi a disposizione dei centri per l’impiego per compiere la rivoluzione italiana nelle politiche attive.

Non possiamo per  certamente esimerci dal rilevare, in quanto dato consolidato, che spesso la loro funzione è stata praticamente inutile, anche se con l’attenuante della pandemia dilagata l’anno immediatamente successivo al debutto del reddito di cittadinanza, che certamente non ha agevolato la loro opera, ma in ogni caso, di fatto, si è comunque preferito puntare su queste figure “ibride”, che, a quanto risulta, non dovevano possedere competenze specifiche relative all’accompagnamento a lavoro maturate con l’esperienza sul campo, anziché, ad esempio, creare sinergie con soggetti privati esperti nel settore, peraltro già esistenti ed operativi oltre che dotati di efficienti banche dati ricche di offerte di lavoro già selezionate.

Nonostante ci , i contratti dei circa 1.900 navigator sono stati prorogati per ben 3 volte ad ogni scadenza, l’ultima delle quali datata 30 aprile 2022; l’art. 34 del D.l. n. 50/2022 ha previsto, in ultimo, la ricontrattualizzazione da parte di Anpal a partire dal 1° giugno, sia per continuare a supportare i percettori del reddito che per lavorare sul nuovo programma g.o.l. Alla fine di questo breve ma intenso excursus, possiamo affermare che il flop più eclatante della misura in trattazione, è senza dubbio relativo al mancato sviluppo del mercato del lavoro, obiettivo primario a quanto si evince dalla roboante presentazione indicata all’inizio della nostra riflessione.

Nell’anno corrente, dagli albori dell’avvio della stagione estiva nel settore turistico, telegiornali e social brulicano incessantemente di lamentele da parte delle aziende, su quanto sia complicato, se non addirittura quasi impossibile, reperire personale da occupare, e ci  non solo nel comparto turistico, in quanto il problema è ormai generalizzato e riguarda un po’ tutti i settori. Gli stessi clienti dei nostri studi confermano tale tendenza negativa, con buona pace del rapporto Anpal presentato a dicembre 2021 sugli ottimi risultati raggiunti. Si sono create fondamentalmente due correnti di pensiero sulla causa della problematica citata: la prima, afferma che il Covid ha posto in discussione un po’ tutto, stimolando un’attenta analisi delle priorità di ciascun individuo, e quindi una rivalutazione del tempo libero e da dedicare alla famiglia, nonché, per diretta connessione, dei tempi e delle condizioni di lavoro; la seconda, ritiene il reddito di cittadinanza la manifestazione di satana con tutti i suoi demoni, ovvero l’unica e sola causa della carenza di personale. Ma, poiché il nostro obiettivo non è esprimere un’opinione personale, ma cercare di sug- ! gerire un modo affinchè detta misura possa realmente funzionare, raggiungendo gli ambiziosi e giusti obiettivi che si era posta in origine, in modo che vi sia beneficio per la collettività, ci è balenata una piccola, e forse banale, proposta di modifica all’attuale assetto del sussidio, partendo da un dato di fatto: le aziende denunciano ogni giorno che molti percettori preferiscono continuare ad usufruire del sussidio anziché accettare una proposta lavorativa, ma nessun altro, oltre loro, ne viene a conoscenza. Ergo, l’azienda resta senza lavoratori, i percettori continuano ad incassare tranquillamente l’assegno mensile senza alcuna decurtazione, spesso magari “arrotondando” con qualche lavoretto irregolare.

La mancata evidenza del rifiuto del percettore alla proposta di lavoro appare quindi come la criticità principale di questo sistema. In considerazione del fatto che, tra l’altro, le assunzioni dei percettori di r.d.c. sono agevolate, da gennaio non solo se a tempo indeterminato full-time, ma anche a tempo determinato e part-time, con una riduzione contributiva interessante, pari, in linea generale, all’importo mensile del sussidio percepito dal lavoratore all’atto  dell’assunzione3, perché non porre a disposizione delle aziende interessate una semplice banca dati con l’elenco dei beneficiari?

Dal 1° gennaio 2022 è stato tra l’altro abrogato l’obbligo, in capo ai datori di lavoro che volessero assumere percettori di r.d.c., di registrare sulla piattaforma Anpal i posti di lavoro disponibili, a cui sarebbe dovuta seguire l’accettazione del beneficiario di r.d.c., sistema che, a quanto risulta, non ha mai funzionato perfettamente a causa di problematiche “tecniche”. E allora, probabilmente, sarebbe utile rendere fruibile un elenco gestito direttamente dalle piattaforme regionali del collocamento, dove ogni percettore sia codificato, senza dati sensibili, senza nemmeno il nominativo, ma con il solo profilo professionale, arricchito di tutte le esperienze formative e non, avute durante il percorso guidato dal c.p.i. L’azienda potrà scegliere sulla piattaforma il profilo che più si avvicina alle proprie esigenze, e inviare una proposta di lavoro che avrà un proprio protocollo informatico. A quel punto, anche il percettore risponderà seguendo le medesime modalità, e la risposta avrà anch’essa un protocollo.

L’esito della trattativa sarà quindi tracciato, e l’eventuale mancato successo occupazionale dovrà essere obbligatoriamente e adeguatamente motivato da entrambe le parti. Avevamo anticipato subito che si trattava di una proposta banale, talmente banale che probabilmente non sarà nemmeno necessario affidarsi a professori venuti dall’America, ma semplicemente implementare opportunamente la correlazione tra le banche dati pubbliche già esistenti.

Questo sistema, ove necessario ulteriormente affinato, potrebbe rappresentare quantomeno un modo per avere, con dati effettivi, il polso della situazione, e, soprattutto, la contezza degli effettivi rifiuti dei posti di lavoro, onde poter ritoccare o revocare tempestivamente il sussidio.

Inoltre, le motivazioni esposte per l’eventuale mancato matching, avrebbero l’ulteriore utilità di circoscrivere ulteriormente gli interventi necessari per il reinserimento lavorativo dei beneficiari, rendendoli ancora più mirati ed efficaci. Il tracciamento del rifiuto della proposta di lavoro, unito all’effettiva operatività dei controlli preventivi all’erogazione, potrebbe rappresentare una svolta importante per questa misura tanto discussa e criticata. Ma, forse, è tutto troppo scontato per essere attuato.

1. Fonte: Rai news
2. Fonte: Il Sole 24 ore del 20 aprile 2022. G. Pogliotti, Reddito di cittadinanza, restano ancora sulla carta i controlli anti furbetti.

3. Per un periodo pari alla differenza tra 18 mensilità e le mensilità già godute dal beneficiario stesso e, comunque, per un  importo non superiore a 780 euro mensili e per un periodo non inferiore a 5 mensilità; in caso di rinnovo art. 3, c. 6, D.l.. n.4/2019, l’esonero è concesso nella misura fissa di 5 mensilità.


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