Senza filtro – Maledette circolari

Andrea Asnaghi, Consulente del lavoro in Paderno Dugnano

Ci risiamo. Di nuovo. Forse, come sempre.

Senza alcun dolcetto, lo scherzetto del 31 ottobre 2018 prende la forma di una circolare, la n. 17/2018 del Ministero del lavoro, in commento al D.l. n. 87/2018, che ha assunto il nome di Decreto Dignità in forza della pretesa (tutta da dimostrare) degli estensori di aver fatto qualcosa di buono e di utile.

La circolare, che tutti attendevano e che è arrivata assurdamente l’ultimo giorno del periodo transitorio, contiene una serie di affermazioni che lasciano, per così dire, perplessi.

Ma non di questo ennesimo parto (podalico?) della nostra burocrazia vogliamo parlare, quanto più in generale della sua smania “circolatoria” di cui la circolare n. 17/2018 non è che l’ultimo, fulgido (e forse nemmeno il peggiore) esempio. Tuttavia sarebbe davvero ingiusto attribuire all’estensore una colpa che è invece diffusa e caratterizza i nostri organismi pubblici da diversi lustri.

Vogliamo così sorprendere alcune caratteristiche perverse del motus circolatorius che non possono che lasciare basiti gli operatori per la loro pervicace e costante ripetizione nel tempo, quasi una maledizione, sicuramente una iattura. Ed è simbolico, forse, che la circolare da cui prendono il via e lo spunto queste riflessioni sia stata emanata proprio il giorno di Halloween: probabilmente è una strega cattiva, uno spirito malvagio, un’entità maligna, quella che si impossessa degli estensori di questi capolavori di inutilità, queste cattedrali di insipienza, questi gotici pinnacoli di invenzioni fantastiche, o meglio orrorifiche.

La prima caratteristica che desta perplessità è la parafrasi. Ve la ricordate la parafrasi a scuola, quell’esercizio di tradurre l’espressione poetica con parole tue, per dimostrare che avevi capito il testo? Io me la ricordo rispetto a Dante, e d’altronde il Sommo Poeta era uno che, anche per esigenze di metrica, ci dava dentro, uno che per dire “all’alba” scriveva: “Ne l’ora che non può ‘l calor diurno/ intepidar più ‘l freddo de la luna,/ vinto da terra, e talor da Saturno” (Purgatorio canto XIX).

Però, che bisogno c’è, in una circolare, di parafrasare una legge, cioè di ripetere con parole (leggermente) diverse ciò che ha già detto il Legislatore magari con il rischio – e talvolta succede – di confonderne o alterarne l’espressione?

È pur vero che qui si dovrebbe spostare il mirino sul Legislatore, ma ne parleremo dopo.

Piccola notazione fuori tema: se la parafrasi delle circolari è fastidiosa, perchè sostanzialmente inutile e ridondante, ancor più fastidiosi, al limite dell’irritazione, sono certi articoli di commento alle circolari che fanno la … parafrasi alla parafrasi (senza alcun senso critico o analitico), aggiungendo inutilità ad inutilità.

La seconda fastidiosa caratteristica, che ha qualche parentela con quella precedente, è la citazione: circolari che diventano chilometriche perché vengono riportati interi pezzi, anche molto lunghi, della legge che si sta commentando. Possibile che l’estensore supponga che chi legge, che sarà probabilmente interessato al tema, non abbia già a disposizione e letto la norma? Quando poi si sommano citazione e parafrasi, si allunga il minestrone in maniera davvero insopportabile.

Se, a onor del vero, la circolare n. 17 – da cui ha preso lo spunto questo articolo, ma che, ripetiamo, sarebbe ingiusto ne fosse l’unico o principale bersaglio – sulle due peculiarità precedenti ha evidenziato ampli miglioramenti, sicuramente è caduta nel terzo elemento distintivo delle maledette circolari, l’intempestività. Una circolare che interviene dopo quasi tre mesi a chiarire cosa accade in un periodo transitorio che finisce il giorno di diffusione della circolare sembra davvero una presa in giro. Ma sotto questo profilo altrettanto gravi, se non di più, sono le circolari dell’Inps che, fatta una legge (ad esempio su un’agevolazione) ci mettono semestri prima di emanare un paio di codici alfanumerici che permettono la fruizione concreta di tali sgravi. Secondo qualcuno lo fanno apposta. A Roma dicono che “o ci sei o ci fai”. A chi dei “circolatori seriali” legge queste righe, lasciamo la possibilità di scegliere dove piazzarsi fra l’insulsaggine e la malizia.

Nel proseguire l’esame delle prerogative perverse delle circolari, un posto di rilievo ha sicuramente l’interpretazione. Attività non richiesta e di sicuro poco pregio dal punto di vista giuridico (pare che se un avvocato in un ricorso si azzardasse a citare a sostegno delle proprie tesi una circolare, rischierebbe di essere oggetto di scherno e dileggio da parte del giudice e dei colleghi), è qui che il circolatore seriale raggiunge picchi di inusitata volontà di potenza (“le leggi sono scritte male? Ci penso io!”). In alcuni corridoi ministeriali (e di qualche Ente) si sussurra anzi che di fronte ad una norma scritta benino, in modo chiaro e comprensibile (lo so, succede davvero molto raramente …), il circolatore seriale – o “presticircolatore”, per le sue velleità magico-esoteriche – ci resti male e si senta, come dire, defraudato del sacro compito di interprete qualificato, quasi un ruolo sacerdotale (ruolo non richiesto e che ovviamente si è auto-attribuito).

Strettamente collegata all’interpretazione è l’invenzione; perché anche quando un concetto è abbastanza chiaro, il circolatore seriale ci mette del suo e partorisce concetti strampalati che non stanno né in cielo né in terra. Così, nell’ultimo sforzo da cui han preso spunto queste riflessioni, scopriamo che se un tempo determinato viene prorogato con una motivazione differente da quella originaria, non di proroga bensì di rinnovo si tratta. Ora, tempo addietro se qualcuno se ne usciva con un’assurdità gli si chiedeva, a mo’ di battuta: “E questa dove l’hai letta? Su Topolino?”. Ma qui nemmeno il più maldestro Paperoga potrebbe assurgere a codesti livelli di pura assurdità; nemmeno in Archimede Pitagorico potrebbe evidenziarsi l’ardita creatività di tali concetti. Ho l’impressione che dovremmo aggiornare la vecchia battuta, cambiandola in tal modo: “E questa dove l’hai letta? Su una circolare?”.

E che dire dell’incongruenza? Siccome gli emittenti (di circolari) sono molteplici, capita spesso che dicano cose in contraddizione fra loro. Ricordate, ma è solo un piccolo esempio fra tanti, la diatriba fra “anno civile” ed “anno solare” con cui rispettivamente Ministero del lavoro ed Inps davano informazioni diverse sul computo temporale dei limiti economici del lavoro accessorio? Senza nemmeno consultarsi. Anzi, a volte si consultano (avete presenti i vari “sentito questo”, “acquisito il parere da quello”) e arrivano comunque a risultati da disperazione. Io me le figuro, queste consultazioni, come un gruppo di streghe intorno ad un pentolone di pozione incantata (abbiamo cominciato con Halloween, andiamo avanti sulla falsariga…), ciascuno butta qualche ingrediente, si mescola il tutto. Il filtro magico che ne esce però lo beviamo noi, e quasi sempre è velenoso.

Ma dove il serial circulator dà prova di tutta la sua potenza immaginifica è nella motivazione. Ci sono leggi di cui non si capisce la ragione e che sono palesemente errate. Perché – quale tragica excusatio non petita – il presticircolatore si sente in dovere di cercare ed offrire una spiegazione che, come la norma che vorrebbe motivare, non sta né in cielo né in terra? Noi consulenti lo sappiamo benissimo, di fronte agli occhi sgranati del cliente di turno, che se cercassimo di dare un significato a certe disposizioni verremmo trascinati via in ambulanza costretti in una camicia di forza oppure sottoposti ad una serie di esami neurologici (o, se ci va bene, perderemmo la stima del cliente). Ma il circolatore no. Lui vuole penetrare la ratio. Lo fa, probabilmente, canticchiando Vasco Rossi: “Voglio dare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha”.

C’è una sola, molto molto parziale, attenuante a tutto ciò: il circolatore seriale o presticircolatore subisce il negativo influsso del prestilegislatore (per chi ancora non conoscesse il prestilegislatore, rimandiamo al “Senza Filtro” su Sintesi, aprile 2017). Di fronte a leggi scritte male, ma così male che peggio non si può, con una catastrofica distanza sia dalla logica sia dal mondo reale, il presticircolatore verrebbe colto da una sorta di horror vacui, gettandosi di conseguenza a capofitto nella stesura di pagine e pagine di efferata insensatezza. Vittima predestinata dei due soggetti suddetti è il “gioconsulente”, una via di mezzo fra il consulente ed il giocoliere, costretto a fare il saltimbanco fra norme incomprensibili e circolari che le complicano, dovendo ovviamente applicarle. Tanto che qualcuno sostiene che il gioconsulente i birilli con cui compie i quotidiani esercizi funambolici saprebbe esattamente a chi tirarli. Ma il povero gioconsulente,  evidentemente affetto dalla sindrome di Stoccolma, di fronte all’ennesima norma insulsa e confusa non solo non si ribella ma in tono speranzoso pensa, dice e (talvolta anche) scrive: “aspettiamo futuri chiarimenti”. Ovvero la prossima inutile, pretenziosa, inconcludente, maledetta circolare.


Chi legge questa rubrica, sa che talvolta è un misto di serietà e passione, ma anche ironia e divertissement. Ed in ossequio a quest’ultima caratteristica, proponiamo la rivisitazione di un classico della musica leggera italiana. Ricordate la splendida ed irraggiungibile Mina (in “Parole, parole”) cantare sul parlato di un Alberto Lupo nella parte di un marpione ciarlatano ed inconcludente? Ed ecco a voi una versione ove al posto di Mina abbiamo un gioconsulente ed al posto di Alberto Lupo il circolatore seriale (il parlato è quello fra parentesi in corsivo). Provate a cantarla nei vostri studi, vi sentirete un po’ meglio (fino alla prossima circolare). E chissà che Mina, che oltre che di un’inarrivabile voce è anche dotata di grande humor e simpatia, non ce ne regali una versione, magari da ascoltare in rete o, perché no, al prossimo Festival del Lavoro…

Parole, Parole

(Cosa mi succede oggi, sento come un bisogno interiore)

Che cosa fai, che cosa fai, che cosa fai

(sto per scrivere una circolare)

Cosa fai

(lo faccio ancora, lo so, non ho giustificazioni..)
Non cambi mai, non cambi mai, non cambi mai

(il nostro Ente sta cambiando, vuole progredire nei servizi all’utenza)

Proprio mai

(ma sicuramente servizi telematici)
Adesso ormai ci puoi provare

(ma dottore…)

chiamami “dottore” dai, già che ci sei

(guardi che il comma 2/bis non l’ho compreso neanch’io…)

Circolari non ne voglio più

(Certe volte non la capisco, dottore)

Le interpretazioni questa volta sciorinale a un altro,

le tue invenzioni mi fanno arrabbiare

voglio la norma più chiara che c’è

ma così chiara che

capisci pure te

(Una parola ancora…)

Parole, che brutte parole

(Mi ascolti…)

Parole, che vuote parole

(La prego…)

Parole, insipienti parole

(Ma il mio ruolo mi impone…)

Parole, parole, parole, parole parole soltanto parole, parole da te.