Senza filtro – Le novità 2022 e la solita burocrazia Inps. METTI LA CERA, TOGLI LA CERA

di Alberto Borella, Consulente del lavoro in Chiavenna (So)

 

L’inizio 2022 ha portato molte novità in ambito lavoristico. E pure belle toste. La riforma dell’Irpef, quella degli ammortizzatori sociali oltre l’assegno unico universale, solo per citarne alcune.

Nessuna novità invece sul fronte legislativo dove, ancora una volta, ci tocca registrare la cronica incapacità di predisporre norme chiare ma soprattutto immediatamente applicabili, non solo sulla carta ma nella vita reale e del mondo del lavoro.

Nessuna novità anche riguardo ai nostri Enti che ancora una volta danno conferma che riuscire a dare istruzioni tecniche e operative, magari in un’unica circolare, in tempi idonei alle intenzioni del Legislatore è ormai una lontana chimera.

Certo, bisognerebbe operare dei distinguo ovvero capire quando è il primo a sovrastimare la capacità del secondo a rendere immediatamente operative le novità e quando invece è il secondo ad indugiare troppo senza capire il caos burocratico che comporta il minimo ritardo nel dare attuazione ai nuovi precetti. Ma vediamo di capire di cosa stiamo parlando analizzando alcune novità 2022.

LA RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI: I NUOVI DESTINATARI DEL FIS

Dal 1° gennaio 2022 si è previsto l’allargamento della platea dei datori di lavoro che possono utilizzare gli strumenti del fondo di integrazione salariale (Fis). In sostanza non è più previsto alcun requisito dimensionale, il che comporta che anche le imprese con un solo dipendente accedono oggi all’ammortizzatore. La diretta conseguenza è che anche questi nuovi soggetti sono obbligati alla contribuzione prevista per il finanziamento di questi strumenti. Nello specifico è previsto che il Fis sia finanziato da un contributo ordinario, differenziato per le aziende che nel semestre precedente abbiano occupato mediamente fino a cinque dipendenti (lo 0,50% della retribuzione imponibile) o oltre i cinque dipendenti (lo 0,80%) e ripartito tra datori di lavoro e lavoratori nella misura, rispettivamente, di due terzi e di un terzo.

Su tali aspetti l’Inps ha diramato dapprima la circolare n. 18/2022 e poi i messaggi n. 637/2022 e n. 1403/2022, rimandando ad una ulteriore circolare le istruzioni per il corretto assolvimento degli obblighi informativi e contributivi. Arriveremo quindi a quattro “circolari” (sperando bastino) per un argomento che non pare poi nemmeno così complicato. Che bisogna pensare, che all’Inps c’è qualche premio di produttività ancorato al numero di circolari, messaggi, Faq e comunicati stampa pubblicati ogni anno? Il dubbio comincia ad insinuarsi. Vabbè, resta il fatto che, in attesa di conoscere le necessarie indicazioni operative, l’Istituto – bontà sua – consente ai datori di lavoro interessati di continuare ad attenersi, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2022, alle disposizioni amministrative in uso al 31 dicembre 2021. Ma non fatevi troppe illusioni, non ci faranno alcuno sconto: le differenze contributive afferenti ai suddetti periodi di paga saranno pagate. Bisogna solo attendere la preannunciata quarta circolare.

Ora, è chiaro che siamo assuefatti a gestire i soliti arretrati e annessi conguagli. Qui pero’ il problema è diverso in quanto le predette differenze retributive potrebbero riguardare lavoratori licenziati o dimissionari nei primi tre mesi dell’anno.

La questione che si pone pertanto è come fare a recuperare la quota di un terzo del contributo a carico di un lavoratore che risulterà esser già licenziato. Inevitabilmente andrà elaborato un cedolino paga ad hoc, riaprendo la posizione del lavoratore, il che ha delle conseguenze di non poco conto. In primis, non essendoci ulteriori competenze da erogare al lavoratore, il cedolino paga risulterà negativo. Ve li immaginate i datori di lavoro correr dietro ai lavoratori non più in forza per farsi dare indietro quattro lire? E provate ad immaginare di dover far tutto questo nei confronti di lavoratori stagionali, magari extracomunitari, o di persone che nel frattempo risultassero decedute. Senza considerare che il contributo previdenziale da trattenere andrà ad abbassare l’imponibile fiscale del lavoratore. E questo comporta che, oltre alla elaborazione di un prospetto paga, andrà pure rifatto il conguaglio fiscale e redatta una nuova CU per quei lavoratori che nel frattempo ne avessero richiesto il rilascio per fruire del conguaglio previsto dal comma 4 dell’art. 23 del DPR n. 600/73.

E ovviamente anche il nuovo datore di lavoro dovrà reinserire nei propri archivi una nuova CU rivista e corretta. E non vorrei pensare a quelli che nel frattempo hanno avuto un terzo datore di lavoro.

“Fai il cedolino paga, rifai il cedolino … fai il conguaglio fiscale, rifai il conguaglio …” Credo che oggi nemmeno il maestro di karate Miyagi riuscirebbe a convincere un Consulente del lavoro in kimono che tutto questo ha un suo scopo.

E se qualcuno pensasse che la soluzione al problema possa essere la rinuncia dell’azienda al recupero presso il dipendente del credito pur di fronte ad un cedolino paga negativo se non addirittura la rinuncia ad elaborare un nuovo cedolino paga facendo versare al datore di lavoro anche la quota del lavoratore, non creda che la cosa sia tecnicamente e contabilmente così semplice.

L’ESONERO CONTRIBUTIVO DELLO 0,80% A FAVORE DEI LAVORATORI

Un problema analogo nasce dalla previsione dell’art. 1, comma 121, della Legge di Bilancio 2022 che prevede per i periodi di paga dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022 un esonero sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore di 0,8 punti percentuali a condizione che la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per 13 mensilità, non ecceda l’importo mensile di 2.692 euro, maggiorato, nel mese di dicembre, del rateo di tredicesima.

Considerato il ritardo nell’emanazione della circolare n. 43 del 22 marzo 2022 l’Inps ci consente – sempre magnanimamente – di eseguire i conguagli per quanto dovuto dal mese di gennaio 2022 esclusivamente nei flussi Uniemens di competenza di marzo, aprile e maggio 2022. E si preoccupa invero anche dei datori di lavoro interessati all’esonero contributivo della contribuzione a carico del lavoratore, che hanno sospeso o cessato l’attività e vogliono fruire dell’esonero in trattazione, i quali dovranno avvalersi della procedura delle regolarizzazioni (Uniemens/vig).

Si dimentica però  – esattamente come accaduto per la quota di un terzo del contributo FIS – dei lavoratori che nel frattempo hanno già cessato il loro rapporto di lavoro, per i quali, e ve lo diciamo noi, si dovrà elaboratore un nuovo cedolino paga, inviare un Uniemens, pagare un F24, rifare il conguaglio fiscale e magari, per chi nel frattempo avesse anticipato la CU su richiesta del lavoratore, elaborarne e consegnarne una nuova. Qui l’unica fortuna è che il cedolino paga risulterà positivo in quanto si deve riconoscere un beneficio economico al lavoratore ovvero la differenza a credito dello stesso su quanto pagato in eccedenza. Certo, bisogna sperare che il lavoratore, nel frattempo, non sia deceduto perché ci sarebbe pure il problema di gestire il pagamento nei confronti di un tot di eredi. Problemi dunque? Ma no, che volete che sia. Basterà fare un bonifico, tanto a predisporlo ci si mette un nanosecondo e, per le spese dell’operazione, le banche ci faranno lo sconto. E poi per questi adempimenti, tutte queste rielaborazioni, noi Consulenti del lavoro mica li facciamo pagare ai clienti! Va tutto nel forfait, in tél buient n come si dice dalle mie parti.

Del resto, la superficialità con cui si trattano queste problematiche a certi livelli viene confermata dall’ennesima perla a firma Inps. Nella citata circolare n. 43/2022 l’Istituto – dopo aver giustamente riconosciuto che l’agevolazione rappresenta una riduzione contributiva per il lavoratore e che per questo non comporta benefici in capo al datore di lavoro – si contraddice sostenendo che

I datori di lavoro interessati all’esonero contributivo della contribuzione a carico del lavoratore, che hanno sospeso o cessato l’attività e vogliono fruire dell’esonero in trattazione, dovranno avvalersi della procedura delle regolarizzazioni (Uniemens/vig).

Abbiamo capito bene? Secondo l’Inps sarebbero i datori di lavoro a decidere se volere o non volere “ fruire” dell’esonero in questione?

Ora, sia ben chiaro che:

  • i datori non fruiscono di alcun esonero!
  • i datori riconoscono solo l’esonero, che spetta ai propri dipendenti!!
  • i datori sono obbligati a fare tutto questo verso gli ex-lavoratori!!!

LA RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI: LE DOMANDE DI INTERVENTO FIS

E non crediate che sia finita qui.

Sarà capitato di certo pure a voi in questi primi mesi del 2022 di presentare una richiesta di assegno di integrazione salariale al Fondo di solidarietà. Immagino che la vostra pratica sia rimasta lì in sospeso, tecnicamente in istruttoria ma senza che la sede competente avanzasse alcuna richiesta di integrazione documentale. Una situazione a dir poco anomala dato che fin dal messaggio Inps n. 1856 del 3 maggio 2017 la costante indicazione

dell’Istituto è che L’istruttoria deve essere improntata a criteri di celerità e speditezza che consentano di definire l’istanza in tempi rapidi. Bene, se anche voi vi siete chiesti il perché di tutto ciò  e ancora non avete avuto una risposta, provo a darvela io. Problemi tecnici: questa la risposta dei responsabili di sede che confessano peraltro che, mentre le domande di Cigo sono state regolarmente lavorate, le istanze di Fis sono state sbloccate solo mercoledì 30 marzo 2022 e, quindi, solo da tale data risultano in stato di “in lavorazione”. Ora non si è capito bene a cosa ciò  sia dovuto ma è facilmente intuibile che la registrata impasse sia collegata alla recente riforma degli ammortizzatori sociali e al previsto ampliamento dei soggetti beneficiari. Oddio, a dire il vero, per quanto riguarda le mie istanze, queste interessavano un’azienda che, occupando più di 5 dipendenti, era già soggetta al Fis ma questo per l’Istituto è un dettaglio: per non far torto a nessuno le domande son state bloccate tutte. Nessun “favoritismo”. Non interessa se l’azienda ha anticipato il trattamento economico ai lavoratori. E che importa se aspetterà qualche mese prima di portare a conguaglio le somme in questione scontandole dalla contribuzione da versare alle scadenze previste. E qui la domanda sorge spontanea: ma possibile che il Legislatore, prima di emanare una norma di cui ne intende disporre l’immediata operatività, non si preoccupi di confrontarsi con gli Enti preposti per essere certo che siano in grado di gestire gli adempimenti in tempo reale senza creare disagi a lavoratori, alle aziende e ai loro consulenti? Evidentemente no. Si fan le norme ma per la loro attuazione si può  aspettare. Del resto, si sa, anche qualora venga previsto un termine per l’emanazione di qualche decreto attuativo i termini per la PA son sempre ordinatori. Quelli perentori, di decadenza valgono ovviamente solo per le aziende.

E FACCIAMOLA UNA PROTESTA

A fronte di questa ennesima mancanza di rispetto verso la Professione forse la risposta più adeguata sarebbe di dire:

E basta. Caro Inps, adesso basta.


Scarica l'articolo