Le risposte del Centro Studi ai quesiti dei colleghi – Tassazione applicabile ai prestiti ai dipendenti

a cura del Centro Studi e Ricerche,

Selezione delle risposte che il Centro Studi e Ricerche fornisce ai nostri colleghi. Ricordiamo che i quesiti sono pubblicati anche sulle banche dati de Il Sole24Ore, in base all’accordo sottoscritto tra l’Ordine di Milano e Il Sole24Ore stesso.

Quesito

Con riferimento all’art. 51 co. 4 lett. b) del TUIR che prevede che in caso di concessione di
prestiti ai dipendenti, si considera reddito imponibile il 50% della differenza tra l’importo degli interessi
calcolati al tasso ufficiale di riferimento vigente al 31 dicembre di ciascun anno e
l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi, si richiede come ci si deve
comportare per la corresponsione di un importo superiore agli interessi pagati dal lavoratore a
seguito di mutuo agevolato con la società. In pratica l’azienda eroga un contributo mensile
a fronte del mutuo stipulato con la Banca convenzionata con l’azienda superiore agli interessi che
il mutuatario doveva pagare alla Banca.

 

Risposta

La normativa di riferimento richiamata nel quesito fa riferimento alla quota interessi e non cita invece la quota capitale. Al riguardo si fa presente, come recita la risoluzione n. 46/e del 28 maggio 2010, che ai fini della determinazione del reddito da lavoro dipendente, in caso di concessione di prestiti (da parte del datore di lavoro ai propri dipendenti, si assume, quale componete positivo di reddito), il 50% della differenza tra l’importo degli interessi calcolati al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi.

Secondo quanto chiarito con la circolare 22 dicembre 1997 n 326 l’ambito applicativo della disposizione comprende, oltre al finanziamento concesso direttamente dal datore di lavoro, le forme di finanziamento concesse da terzi con il quale il datore di lavoro abbia stipulato accordi o convenzioni, anche in assenza di oneri specifici a proprio carico, ovvero con prestiti stipulati dai dipendenti con copertura di una quota degli interessi maturati da parte del datore di lavoro in assenza di accordi o convenzioni (Risoluzione n. 46/e/2010)

Il favor del legislatore nei confronti di tali erogazioni è testimoniato dalla disciplina di cui all’art. 51, co. 4, lett. b), TUIR, che ha previsto un criterio forfetario per la determinazione dell’importo da assoggettare a tassazione come reddito di lavoro dipendente nel particolare caso in cui il finanziamento venga erogato ad un tasso agevolato, ovvero inferiore a quello di mercato rappresentato dal tasso ufficiale di riferimento individuato dalla Banca centrale europea. Il regime speciale di tassazione è stato previsto in deroga al principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente sancito dall’art. 51, co. 1, TUIR, ai sensi del quale qualsiasi corresponsione da parte del datore di lavoro deve essere assoggettata a tassazione ordinaria e, stante il principio dell’armonizzazione della base imponibile fiscale e previdenziale, anche a contribuzione.

Se però, come nel caso prospettato il datore di lavoro eroga un importo superiore agli interessi che il lavoratore avrebbe pagato per il mutuo, occorre a parere di chi scrive dividere gli importi a copertura della quota di interessi e quella relativa al rimborso del capitale.

Nella situazione attuale ove il tasso di riferimento europeo è pari a zero, la differenza tra il tasso ufficiale di sconto e il tasso applicato dalla Banca è sempre negativo, quindi tutti gli interessi pagati dal datore di lavoro sono esenti.

Infatti, per esempio, se il datore di lavoro , a fronte di una rata di soli interessi del mutuo pari ad euro 863,20, pagasse mensilmente un contributo pari a euro 2.000,00 mensile, l’importo soggetto a tassazione sarebbe pari a euro 1.136,80 e cioè la differenza a copertura della rata di capitale (1.136,80 = 2.000,00-863,20).

Tale soluzione appare in linea con quanto indicato nella risoluzione citata in quanto l’importo corrispondente agli interessi di cui si è fatto carico il datore di lavoro non entra direttamente nella disponibilità del dipendente e la banca addebita a quest’ultimo la rata del prestito al netto del suddetto ammontare (di interessi). La quota di capitale, invece, risulta essere sempre un’erogazione ulteriore rispetto alla norma agevolativa. Il lavoratore, nel caso in esame, oltre a non pagare di fatto gli interessi, riceve anche somma in conto quota capitale che viene rimborsata dal datore di lavoro. Su quest’ultima quota non è prevista alcuna deducibilità contributiva e fiscale, restando fuori del campo di applicazione dell’art. 51 co. 4 lett. b) e da qualsiasi altra previsione dell’art. 51.

Ricordiamo inoltre che il dipendente non può usufruire della eventuale detraibilità degli interessi sul mutuo ipotecario stipulato per l’acquisto della prima casa (art. 19 co.1 lettera b) del TUIR) in quanto non ne sopporta il costo.

Ferme restando le caratteristiche proprie che questo contributo deve assumere e i necessari adempimenti formali (richiesta del dipendente con indicazione del conto corrente indicato all’Istituto erogante quale conto di addebito delle rate del mutuo; risposta aziendale di accoglimento anche indirizzata all’Istituto di credito erogante; accredito sul conto corrente sopra indicato con data e valuta coincidente con quella di addebito del mutuo al fine di non consentire al dipendente di entrare nella disponibilità di detta somma; presentazione annuale da parte del dipendente della certificazione bancaria dell’avvenuto pagamento delle rate di mutuo) richiamate dalla predetta risoluzione.