IL PROLUNGAMENTO DEL PATTO DI PROVA del Decreto Trasparenza

di Alberto Borella, Consulente del lavoro in Chiavenna (So)

Se si consente al legislatore (e alla prassi) l’utilizzo
di un linguaggio giuridico inadeguato, non ci si può
poi lamentare dell’incertezza del diritto.

La nuova disciplina legale del patto di prova, introdotta dall’art. 7 del D.lgs. n. 104 del 27 giugno 2022, prevede la possibilità che tale periodo possa essere prorogato in relazione a determinati eventi. La fattispecie è disciplinata al comma 3.

3. In caso di sopravvenienza di eventi, quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori, il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza.

La formulazione non è affatto limpida e qualche perplessità sulla sua portata è più che legittima, ponendo all’interprete la domanda se gli eventi citati sono degli esempi o una indicazione vincolante.
Una prima risposta è comparsa su urponline.lavoro.gov.it il 9 settembre 2022.

D. Il prolungamento del periodo di prova previsto dall’articolo 7, comma 3, del recente decreto legislativo n. 104/2022 si applica anche ai congedi e permessi fruiti dalle lavoratrici e dai lavoratori ai sensi della legge n. 104/1992? 
R. Sì, il principio affermato all’articolo 7, comma 3, del decreto legislativo n. 104/2022 – che prevede il prolungamento del periodo di prova in caso di eventi sopravvenuti – si applica anche nelle ipotesi di assenze diverse da quelle riportate in maniera esemplificativa nella disposizione in esame.
Infatti, l’articolo 7, comma 3, non ha inteso incidere sulla natura del periodo di prova, ormai consolidata nel nostro ordinamento, per la cui effettività si tiene conto del solo servizio effettivamente prestato. Pertanto, il
periodo di prova resta sospeso in caso di assenza per malattia e in tutti gli altri casi di assenza previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva, compresi, quindi, i congedi e i permessi di cui alla legge n. 104 del 1992.

Una seconda risposta, più articolata ma non per questo più convincente, arriva dalla circolare n. 19 del 20 settembre 2022 del Ministero del Lavoro che dice:

Il comma 3 stabilisce che il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza, richiamando – a titolo meramente esemplificativo – la sopravvenienza di eventi quali malattia, infortunio, congedo
di maternità/paternità obbligatori. L’indicazione di tali assenze, coerentemente con quanto previsto nella direttiva e come si evince dal tenore letterale della disposizione, non ha carattere tassativo e dunque rientrano nel campo di applicazione del comma 3 tutti gli altri casi di assenza previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva, fra cui anche i congedi e i permessi di cui alla legge n. 104/1992 (cfr. Cass. n. 4573 del 22 marzo 2012 e Cass. n. 4347 del 4 marzo 2015).

La questione, secondo chi scrive, non appare affatto così scontata.
Partiamo dalla discutibile tecnica legislativa  usata per il comma in commento.

In primis una norma non dovrebbe necessitare degli esempi per precisare la sua stessa portata.
Riportare infatti all’interno di essa un elenco indicativo e non esaustivo non aiuta affatto la certezza del diritto.
Qualora proprio si voglia fare ricorso a degli esempi questi devono essere significativi e chiarificatori di eventuali dubbi che la locuzione pone, ma che la norma, e questo è il punto, non dovrebbe porre.
Detto questo, analizzando il comma 3, mi verrebbe da dire che na manca un tóc, ne manca un pezzetto. Se infatti la frase “quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori” fosse un inciso a scopo
esemplificativo, il resto del periodo deve rappresentare, anche ove lo eliminassimo, una frase di senso compiuto.
Proviamo allora a togliere i ritenuti, dalla circolare ministeriale, “esempi”: In caso di sopravvenienza di eventi, [quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori,] il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza.
Vi pare chiaro? No e infatti per dare un senso alla frase andrebbe precisato quali sono gli eventi in questione, ovvero le sottintese assenze, e quindi il comma andrebbe quantomeno così riformulato:
In caso di sopravvenienza di eventi comportanti una assenza dal lavoro durante il periodo di prova, il periodo stesso è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza. Ecco che volendo inserire l’inciso “quali malattia,
infortunio, congedo di maternità o paternità  obbligatori” questo avrebbe un senso esemplificato (ma di certo non chiarificatore) come sostenuto dal Ministero.
Resta il fatto che il legislatore italiano ha operato una precisa scelta dei vocaboli, parlando di “eventi” e non di assenze dal lavoro, addirittura di “eventi, quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori”.
Concentriamoci su di essi.  Se si voleva proporre degli esempi perché citare quelli che ictu oculi tutti immaginiamo comportare il prolungamento del periodo di prova?
Qualcuno avrebbe nutrito dubbi – qualora si fossero omessi tali esempi – che la maternità determinasse un prolungamento? E perché citare il “congedo di maternità o paternità” specificando il requisito di “obbligatori”? La volontà era quindi di escludere quelli “ facoltativi”?
E poi, non sarebbe stato meglio citare tra gli esempi, che ne so, lo sciopero o i permessi per lutto? Se si sceglie di fornire degli esempi per chiarire la portata di una norma (palesemente  scritta male), perché proporre delle fattispecie che, anziché chiarire, mettono ulteriori dubbi? Perché è palese che il chiarimento
ministeriale non risolve un bel nulla. Se tutte le assenze comportassero una proroga della prova non avrebbe alcun senso logico citare degli esempi. Se li proponi significa che solo ciò che è simile agli esempi fatti consente il
prolungamento della prova. Ed allora perché il Ministero nella circolare cita gli scioperi ed i permessi? Se si ammettono queste assenze allora, di conseguenza, vanno ammesse tutte.
Cosa che infatti il Ministero riconosce: … Ciò a ulteriore conferma del fatto che l’elencazione di cui al comma 3 è puramente esemplificativa e non esaustiva delle ipotesi di prolungamento del periodo di prova, nel cui novero si devono intendere ricomprese tutte quelle già riconosciute dall’attuale ordinamento giuridico.
Un’ultima amara considerazione: se parlassimo di una norma di rilievo penale permetteremmo  questo modo di individuare le casistiche? Ad  esempio, se disponessimo – ad assurdo – che In caso di sopravvenienza di eventi, quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori, il periodo di carcerazione di un detenuto-
lavoratore è aumentato in misura corrispondente alla durata dell’assenza potremmo mai sostenere che l’elencazione è esemplificativa?
Qualcosina andrebbe detta anche sulle considerazioni che il Ministero fa per supportare la propria lettura.

Ciò risponde al principio di effettività del periodo di prova, in forza del quale è stata riconosciuta valenza sospensiva dello stesso alla mancata prestazione lavorativa causata  da malattia, infortunio, gravidanza,puerperio, permessi, sciopero, sospensione dell’attività da parte del datore di lavoro.
Trattandosi di un principio consolidato nell’ordinamento giuridico nazionale, appare evidente che se l’elencazione di cui al terzo comma dell’articolo 7 fosse considerata esaustiva delle ipotesi di sospensione del periodo di prova, si avrebbe una riduzione generale del livello di protezione riconosciuto ai lavoratori, in contrasto con l’articolo
20 della direttiva (UE) 2019/1152 …

La cosa fa sorridere, quasi tenerezza. Il Ministero ci sta dicendo che la lettura della norma in senso restrittivo andrebbe in contrasto con un principio consolidato nell’ordinamento giuridico nazionale, determinando addirittura una riduzione generale del livello di protezione riconosciuto ai lavoratori, in contrasto con l’articolo 20 della direttiva.
Questa osservazione (la definirei una bacchettata sulle dita) me la sarei aspettata da un giudice non certo dal Ministero del Lavoro che – non scordiamocelo – è il principale artefice della scrittura del nuovo patto di prova.
Parliamo infatti di un Decreto legislativo emanato dal Governo che, immagino, abbia di fatto affidato ai soli tecnici del ministro Orlando la trasposizione della Direttiva europea. Ora, dopo aver fatto precise scelte grammaticali e di sintassi, il Ministero si  mette a fare il maestrino senza rendersi nemmeno conto che sta correggendo in pratica sè
stesso con una circolare interpretativa.
È il Ministero che ha formulato una norma in modo equivoco – tanto da esser costretto oggi a precisare che una lettura alternativa, diversa dalla sua, sarebbe in contrasto sia con un consolidato principio nell’ordinamento sia con l’art. 20 della Direttiva – e ci vorrebbe pure fare la lezioncina sul diritto?
Certo, l’interpretazione ministeriale di fatto corregge l’errore del legislatore italiano – ma imputabile in primis allo stesso Ministero del Lavoro – che ha fatto di testa sua senza accogliere i molteplici, limpidi suggerimenti di quello europeo.
Sarebbe bastato infatti riproporre la struttura dell’art. 8 della Direttiva che, pur senza indicare in modo analitico le varie tipologie di assenza, così suggeriva:

Qualora il lavoratore sia stato assente dal lavoro durante il periodo di prova, gli Stati membri possono prevedere che il periodo di prova possa essere prorogato in misura corrispondente, in relazione alla durata dell’assenza.

Ma ci si poteva pure rifare al Considerando n. 28 della stessa Direttiva che auspicava chiaramente che

I periodi di prova dovrebbero poter essere prorogati in misura corrispondente qualora il lavoratore sia stato assente dal lavoro durante il periodo di prova, ad esempio a causa di malattia o congedo, per consentire al datore di lavoro di verificare l’idoneità del lavoratore al compito in questione.

Invece no. Al legislatore delegato non piaceva il termine ad esempio. Molto meglio un bel quali con quanto a seguire.
E come al solito siamo riusciti a modificare un testo cristallino, con un chiaro principio di diritto espresso dalla Direttiva europea, in uno dal significato oscuro.
E non pensiate che bastino due indicazioni di prassi a risolvere l’eventuale querelle sul periodo di prova scaduto sì o scaduto no. Non è affatto detto che il giudice adito legga la norma come propone il Dicastero retto da Andrea
Orlando e concordi con voi che prolungare il periodo di prova per una assenza per donazione sangue sia concesso dalla norma.


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