Il contratto di rete tra professionisti: la montagna ha partorito il topolino? Una possibile soluzione operativa

di Paolo Palmaccio, Consulente del Lavoro in Formia

 

Il contratto di rete, previsto dall’articolo 3, commi 4 ter e seguenti, del D.l. 10 febbraio 2009, n. 5, costituisce una interessante forma di integrazione orizzontale tra soggetti economici e, in quanto tale, è stato dall’origine oggetto di indubbio interesse anche per i professionisti, laddove gli stessi vedano, nella struttura reticolare, un modo di sviluppare le rispettive attività secondo una filiera orizzontale, senza dover ricorrere (talvolta in modo improprio) agli strumenti della società di o tra professionisti, al consorzio stabile o alla società di mezzi, o al raggruppamento temporaneo tra professionisti, piuttosto che al Geie (Gruppo europeo di interesse economico).

La normativa antecedente all’entrata in vigore della Legge 22 maggio 2017, n. 81, tuttavia, prevedeva la possibilità di utilizzare tale contratto solo per le imprese.

A seguito di tale previsione, contenuta nell’articolo 12, comma 3, lett. a) della norma citata, è stata sancita la possibilità anche per i professionisti di utilizzare tale strumento, sia nella forma della rete mista (professionisti/imprese), sia in quella della rete di soli professionisti.

Non a caso essa recita “ … è riconosciuta ai soggetti che svolgono attività professionale, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, la possibilità: a) di costituire reti di esercenti la professione e consentire agli stessi di partecipare alle reti di imprese, in forma di reti miste, di cui all’articolo 3, commi 4-ter e seguenti, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 … ”; formulazione dalla quale è desumibile con sufficiente certezza la configurabilità del contratto di rete anche tra soli professionisti.

Assodato questo elemento, una “doccia fredda” nei confronti di molti colleghi è stata data dalla circostanza della non iscrivibilità nel registro delle imprese di un siffatto contratto in quanto nessun professionista è, per propria natura, a norma dell’articolo 2082 del codice civile, iscrivibile al registro delle imprese (ai sensi dell’art. 7, co. 2, lett. a), n. 1 del D.P.R. n. 581/1995, oltre che del R.D. 4 gennaio 1925, n. 29 e del D.M. 9 marzo 1982), elemento, questo, confermato anche dalla lettera circolare del Mise n. 3707/C del 30 luglio 2018, laddove espressamente afferma “ … a legislazione invariata, pertanto, appare possibile – a fini pubblicitari – la sola creazione di contratti di rete misti (imprenditoriali – “professionali”), dotati di soggettività giuridica, come descritti al comma 4 quater del ridetto articolo 3 del D.L. 5/2009 … ”.

Va subito evidenziato, come per altro già fatto da autorevoli commentatori, che la non iscrivibilità del contratto nel registro delle imprese, per difetto del requisito soggettivo dei partecipanti, non ha effetto sulla sua validità, quanto piuttosto sulla sua efficacia, ovvero sulla opponibilità ai terzi degli atti aventi contenuto patrimoniale effettuati nella vigenza del contratto di rete ed in applicazione del programma in esso contenuto. Dal contratto di rete, infatti, non nasce di norma né un nuovo ente, né un soggetto terzo rispetto alle persone degli aderenti (salva la previsione dell’art. 3, co. 4 quater del citato Decreto). Il richiamo agli articoli 2447 bis (per la costituzione del fondo patrimoniale), 2614 e 2615 (per la gestione del fondo stesso) e 2615 bis del codice civile (circa gli adempimenti del soggetto gestore in termini di pubblicità) è funzionale a garantire la separazione e la limitazione della responsabilità degli aderenti rispetto alle obbligazioni assunte in ragione del perseguimento del programma di rete. Ciò è previsto in via diretta dall’inciso “… Il contratto di rete che prevede l’organo comune e il fondo patrimoniale non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa ai sensi del comma 4-quater ultima parte …” aggiunto dall’art. 36, co. 4, lett. a) del D.l. 18 ottobre 2012, n. 179, e confermato “a contrariis” dal tenore dell’anzidetto comma 4 quater, come integrato dall’articolo 45, comma 2, della Legge 7 agosto 2012, n. 134 che testualmente afferma “ se è prevista la costituzione del fondo comune, la rete può iscriversi nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede; con l’iscrizione nel registro delle imprese la rete acquista soggettività giuridica … ”, oltre che dal precedente passaggio dello stesso articolo, laddove prevede che “ … Il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante e l’efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari … ”.

Assodato quanto sopra, quindi, non è detto che la pubblicità del contratto sia un elemento necessario per una compagine di professionisti che intendano, ad esempio, sviluppare un modello organizzativo reticolare che riguardi quegli aspetti di tipo tecnico – culturale ed organizzativo – gestionale che, in teoria, potrebbero anche essere affidati (scegliendo il modello organizzativo gerarchico) ad una società di servizi, oppure (scegliendo il modello organizzativo di mercato) a consulenti esterni, quando le limitate dimensioni dei singoli studi professionali renderebbero difficilmente praticabile la soluzione gerarchica individuale, mentre la specificità dell’attività professionale potrebbe scoraggiare a sua volta la soluzione di mercato del consulente esterno.

Si tratta di ipotesi in cui, per tipologia e dimensioni dell’attività, la possibilità di avvalersi di strumenti di limitazione della responsabilità per le obbligazioni assunte, può rivestire un interesse effettivamente debole.

Ve ne sono tuttavia altre, come per l’appunto la partecipazione a bandi ed a procedure per  lavori ed incarichi, in cui la possibilità di frapporre una cesura tra il patrimonio personale e gli obblighi derivanti dall’esercizio dell’attività “in rete” è sicuramente determinante.

Come superare, in questi casi, la preclusione all’iscrizione di reti (sia ordinarie che dotate di soggettività) di soli professionisti, atteso che la norma consentirebbe l’iscrizione (e solo come reti dotate di soggettività) delle sole reti miste?

Possono infatti sussistere circostanze in cui si ritiene che l’integrazione orizzontale offerta dal contratto di rete sia più aderente all’attività da svolgere, rispetto a quella verticale di cui ai consorzi stabili o alle forme di coordinamento “debole” di cui alle associazioni temporanee tra professionisti (tra l’altro di norma poco o nulla patrimonializzate), e questo proprio per la possibilità di sfruttare, nel modello reticolare, i vantaggi sia delle economie di scala, sia delle economie di scopo.

D’altra parte la presenza di un soggetto imprenditore in una rete, altrimenti costituita da soli professionisti, può dar luogo ad un contrasto di interessi per il diverso modo in cui ci si approccia alla stessa: basti pensare al dibattito sulla presenza dei “soci di capitale” nelle società tra professionisti.

Un possibile modo per risolvere la questione può essere dato da un intervento nel corso di un convegno organizzato, tra gli altri, dalla Fondazione Italiana del Notariato[1] in cui, analizzando la “bancabilità” delle reti, si evidenziava come potesse “… sicuramente affermarsi che la formula della destinazione patrimoniale non soggettivizzata, oltre ad essere prevista quale strumento alternativo alla soggettività giuridica dalla normativa di vigilanza bancaria nota come Basilea II nella logica dello specialized lending, potrebbe essere la soluzione più efficiente ed agile ove si accostasse al patrimonio della rete una società veicolo …”.

Parliamo, cioè, ai nostri fini, di una società che raccolga tra i partecipanti alla rete (soli professionisti) il patrimonio da destinare alla stessa e lo custodisca né più né meno che come una “cassaforte”. Non avendo alcun compito di gestione dello stesso (che per altro competerà all’organo gestore della rete), la sua attività si esaurisce nella sola detenzione e custodia del bene: una vera e propria “società senza impresa” ovvero “di mero godimento” che – nel rispetto delle norme deontologiche – potrà essere costituita tra i professionisti partecipanti alla rete nella forma anche della società semplice prevista dagli articoli 2251 e seguenti del codice civile (si vedano all’uopo gli studi del Consiglio Nazionale del Notariato nn. 69/2016-I, 73/2016-I e 92/2016-T).

Essa, tuttavia, in quanto soggetto iscrivibile al registro delle imprese, consentirà – come un vero e proprio “cavallo di Troia” – l’iscrizione della rete ai sensi del citato comma 4 quater, come ente soggettivizzato, solo formalmente “misto”, ma in realtà interamente ed esclusivamente costituito da professionisti.

Questo, almeno, fin quando il Legislatore non vorrà provvedere (prima che lo facciano la Corte Costituzionale o la Corte di Giustizia Europea) a colmare la lacuna che impedisce la pubblicità dei contratti di rete (ordinaria o dotata di soggettività) tra soli professionisti.

[1] “Il contratto di rete” – Atti del Convegno tenutosi a Roma il 25 Novembre 2011 (N. 1/2012)  – intervento “Il regime patrimoniale delle reti” di Mirzia Bianca, Ordinario di Diritto Privato Università di Roma “La Sapienza”