GIOVANI, YOLO ECONOMY e lavoro senza contratto

Marco Tuscano, Consulente del lavoro in Brescia

BREVI CENNI SULLA YOLO ECONOMY

Per definire la Yolo Economy possono essere senz’altro utilizzate le parole del Ministero del Lavoro che, nel proprio sito istituzionale Cliclavoro1, così si esprime: “Letteralmente è l’acronimo in inglese di You Only Live Once, Yolo appunto, che in italiano sarebbe il noto motto popolare “Si vive una volta sola”. Al di là della semplice traduzione, la Yolo Economy è una vera e propria forma mentis, una scelta volontaria di cambiamento, il desiderio di rischiare per ampliare i propri orizzonti e costruire un futuro migliore, alla portata delle proprie necessità e desideri”. Tale concezione di vita, talvolta chiamata “Yolo mentality” 2, riguarda, tendenzialmente, il giovane, e per lo stesso comporta, ovviamente, delle immediate conseguenze legate anche all’aspetto lavorativo e professionale. A tal proposito, così, nuovamente, il sito Cliclavoro: “Il fenomeno culturale e filosofico del momento, che si tramuta poi in scelte piuttosto concrete da un punto di vista professionale, coinvolge in particolare i Millennial dei giorni nostri […]. Sono infatti soprattutto loro che, dati statistici recenti alla mano, trovano poco soddisfacente lavorare esclusivamente per produrre e consumare e sono altresì alla ricerca di esperienze a cui dare valore, che li arricchiscano anche a livello umano”. Senza voler approfondire, eccessivamente, le ragioni intrinseche di questa spinta attitudinale, personale o collettiva, preme tuttavia indagare, brevemente, sulle possibili congiunture economico-sociali che, presumibilmente, hanno concorso (e concorrono) nel corroborare tale dinamica. Per farlo, si riporteranno, ancora, le parole di Cliclavoro: “La pandemia globale da Covid-19 ha sicuramente accelerato e supportato questo processo, costringendo le persone a rivalutare le proprie vite, a rivedere carriere e obiettivi da raggiungere”.

Invero, utile, a tal fine, pare considerare anche le riassuntive parole fornite dall’Istat nel rapporto annuale 2021, di cui si riporta un breve estratto3:

“Il quadro economico e sociale italiano è caratterizzato, alla metà del 2021, dai contraccolpi negativi della crisi derivata dall’emergenza sanitaria, ma anche dal delinearsi della ripresa dell’attività economica. La recessione globale è stata violenta e di breve durata, con un immediato rimbalzo favorito dalle misure di sostegno e ulteriori pause dovute ai provvedimenti di contenimento del contagio. I mesi più recenti vedono il convergere di tutte le principali economie verso un sentiero di veloce recupero a cui il nostro Paese sembra essersi agganciato. L’impatto della crisi sanitaria ha colpito l’economia italiana in maniera particolarmente acuta, […]. Nel primo trimestre 2021, nonostante il prolungarsi dell’emergenza, l’attività economica si è stabilizzata, con importanti progressi nella manifattura e nelle costruzioni e in alcuni comparti del terziario. In primavera, la ripresa dell’industria si è accentuata e il clima di fiducia delle imprese è divenuto via via più positivo anche in gran parte dei servizi. La crisi ha investito anche il mercato del lavoro: il calo dell’occupazione ha riguardato all’inizio principalmente i dipendenti a termine e gli indipendenti, poi anche i lavoratori a tempo indeterminato. Ad aprile 2021, rispetto a prima dell’emergenza, gli occupati risultano in diminuzione di oltre 800 mila unità. La contrazione dei posti di lavoro si è accompagnata a un calo della disoccupazione e all’aumento dell’inattività, ma nella fase recente di moderato recupero occupazionale emerge un ritorno alla ricerca di occupazione”.

Pertanto, è possibile affermare che con la Yolo Economy si assiste, in buona sostanza, a un abbandono della ricerca spasmodica del posto fisso. Prospettiva, questa, che sembra porsi in totale controtendenza rispetto al nostro ordinamento giuridico4, e su cui molti, peraltro, già da tempo avevano riposto le loro attenzioni5.

Un’altra volta, di seguito, considerandole indubbiamente esplicative, si utilizzeranno le spiegazioni di cui al sito Cliclavoro: “Ecco che la ricerca del “benessere lavorativo” passa per scelte anche molto forti, come ad esempio cambiare un lavoro dallo stipendio sicuro per approfondire la propria passione e farla diventare una professione. Insomma, non proprio una passeggiata questa Yolo Economy, che comporta spesso sacrifici e rischi da calcolare attentamente, a maggior ragione in tutti quei casi di autoimprenditorialità. La ventata di innovazione e cambiamento che sta prendendo piede in questi ultimi mesi era stata già annunciata da molti, fra cui Microsoft, che in una propria ricerca di marzo scorso aveva evidenziato come circa il 40% dei lavoratori a livello globale fosse intenzionato (o l’aveva già fatto al momento del sondaggio) a cambiare lavoro nel corso del 2021. Fra l’altro questo dato aumenta in Italia, dove parrebbe che questa voglia di avventura e rivalsa personale colga addirittura quasi il 50% dei giovani del Paese. Non a caso negli ultimi anni il numero di startup nostrane è cresciuto prepotentemente, con numeri importanti messi a segno proprio nei recenti tempi legati purtroppo al dramma sanitario del Coronavirus. Momenti temporali che sono stati evidentemente interpretati e valorizzati da molti come un momento in cui investire su se stessi e le proprie idee”, dettati dalla “voglia di avere a che fare con orari di lavoro decisamente più flessibili”, da “un desiderio di svolgere la propria professione all’interno di luoghi di lavoro non convenzionali e meno tradizionali”, oppure dall’ “intenzione di fare un lavoro che sia maggiormente in linea con le proprie attitudini”, se non anche per la “necessità di avere più tempo per dedicarsi alle proprie passioni”.

IL DIFFICILE INCASTRO TRA YOLO ECONOMY E LAVORO SENZA CONTRATTO

La flessibilità per il giovane, empiricamente, mal si contempera con i rapporti subordinati tipici del nostro ordinamento giuridico, pur quando maggiormente flessibili. Si pensi, a tal proposito, ai molti paletti di legge che limitano l’instaurazione dei contratti a tempo determinato, tra cui i limiti percentuali, le causali, lo “stop&go” o a quelli previsti per il rapporto di lavoro a tempo parziale, coerentemente soggetto a degli specifici obblighi normativi6; oltre, ovviamente, a doversi considerare i limiti contrattual-collettivi, come il consueto periodo di preavviso generalmente previsto per la cessazione dei rapporti di lavoro. D’altra parte, anche il lavoro di tipo autonomo, quando genuino e possibile, pur apparendo flessibile proprio in ragione della sua autonomia, appare invero attuabile e realmente sostenibile solo in presenza di importanti skills e competenze in capo al lavoratore, difficilmente già possedute laddove quest’ultimo sia giovane.

Orbene, resta da valutare il bacino delle prestazioni di lavoro acontrattuali (non appartenenti, quindi, alla classica dicotomia autonomia-subordinazione)7 che però, a loro volta, come meglio si vedrà, non sembrano poter rispondere alla richiesta di duttilità tipica della Yolo Economy.

Se infatti, come visto, il lavoro subordinato pare soggetto a forti (ma anche giustificate) limitazioni, il lavoro senza contratto, pur generalmente maggiormente deregolamentato (e quindi teoricamente maggiormente flessibile8), dal canto suo, nasce generalmente per altri precipui fini, oltre a risultare caratterizzato da un modesto sistema di tutele, che, in tutta evidenza, non permette di garantire la “liberazione dal bisogno” di cui alla nostra Costituzione9. Pensiamo, ad esempio, al tirocinio, specificatamente “finalizzato all’orientamento e alla formazione professionale, anche per migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro”10, da non confondersi come strumento di maggiore flessibilità per il datore di lavoro (qui soggetto ospitante) rispetto al classico rapporto di lavoro. Tramite tale strumento, più dettagliatamente, non si prevede una retribuzione sufficiente11, non viene garantita alcuna tutela previdenziale al giovane e non vi è nemmeno nessun tipo di maturazione di retribuzioni differite, le quali hanno anche il precipuo fine di salvaguardare il lavoratore sprovvisto di attività lavorativa.

Si pensi, in alternativa, al lavoro familiare reso affectionis vel benevolentiae causa, ovvero per ragioni solidaristiche e affettive e di partecipazione alla compagine familiare, il quale certamente, non essendo soggetto a particolari formalizzazioni (generalmente non serve, infatti, alcun contratto), consente al giovane

di essere più libero di scegliere e cambiare in via immediata; invero, vi è da considerare che l’apporto di lavoro in siffatte modalità è soggetto ad una risalente presunzione di gratuità, anche al fine di non permettere una “indebita maturazione di prestazioni sociali e di un diritto alla pensione”12. Il giovane, in buona sostanza, non ha diritto ad una retribuzione, ma rischia di non aver diritto nemmeno alle prestazioni previdenziali, rischiando, così, di rimanere ancorato, per necessità, all’attività di famiglia.

Ed ancora, si pensi alle prestazioni di lavoro rese tramite volontariato, di certo libere, posto che “Il volontario (come evidenziato anche dalla Corte dei conti nella deliberazione sez. autonomie n. 26 del 24/11/2017) deve potersi sentire sempre libero di recedere dalla propria scelta, revocando in qualsiasi momento la disponibilità dimostrata, senza condizioni o penali, poiché la sua attività risponde esclusivamente ad un vincolo morale”13. Tale apporto lavorativo, per sua essenza, ovviamente non permette la maturazione di alcun tipo di retribuzione, ma non comporta, neppure, alcun tipo di protezione previdenziale, pur essendo fortemente auspicato dal nostro ordinamento giuridico, anche come valido strumento al fine di “valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa”14. Ma, a ben osservare, anche il contratto di prestazione occasionale “Prest.o”, pur nascendo anche in risposta ad esigenze di flessibilità15, non riesce invero a rispondere a tale richiesta, in ragione delle sue importanti e sostanziali limitazioni economiche, ex D.l. n. 50/2017 convertito con modificazioni dalla L. n. 96/2017. Nel dettaglio, il limite annuo di 5.000 €16 percepibili da ciascun prestatore, con riferimento alla totalità degli utilizzatori, non pare permettere di seguire realmente il “trend Yolo”, essendo gli introiti fortemente limitati.

ALCUNE RIFLESSIONI CONCLUSIVE

In questo periodo martoriato dall’emergenza pandemica, dalla guerra, dalla crisi ambientale e dagli inevitabili contraccolpi economici, appare eccessivamente semplicistico trattare (con leggerezza) di Yolo Economy. È troppo facile, infatti, parlare di lavoro non tradizionale, e di benessere e passioni, senza che vi sia, dietro le quinte, un sufficiente sistema di tutele per il giovane lavoratore, che permetta l’indispensabile rispetto dei fondamentali dettami costituzionali. A tal proposito, preme riflettere su quali strumenti metta a disposizione il Legislatore per raggiungere una flessibilità del lavoro sicura (flessicurezza o flexicurity17): in realtà, come visto, ben pochi. Ed anzi, la tendenza legislativa attuale appare totalmente marciare in senso opposto. Si pensi, a titolo esemplificativo, al recente art. 10, del D.lgs. n. 104/2022, c.d. Decreto Trasparenza, in cui viene sancito il diritto di richiedere la “Transizione a forme

di lavoro più prevedibili, sicure e stabili”. Se è quindi vero, e ufficialmente riconosciuto, che vi sia una tendenza alla Yolo Economy, urge meditare sul diritto, in particolare dei giovani, “nel lavoro” (e non, unicamente, “del lavoro”). Disquisire, quindi, di un rinnovamento del nostro sistema giuslavoristico, dovendo il diritto, e tutto ciò che ne consegue, certamente in parte adattarsi alle realtà sociali, senza poter vivere su un inscalfibile e immodificabile piedistallo18.

Ovviamente, non si intende qui suffragare l’idea di un abbassamento delle tutele appartenenti alla dicotomia autonomia-subordinazione, ma, piuttosto, sottolineare e sollecitare la necessità di attenzioni legislative verso le aree grigie del lavoro, verso le politiche attive, verso i sistemi di transizione occupazionale19, che, generalmente, sono da ascrivere al bacino del lavoro senza contratto.

Altrimenti, concetti come quello della Yolo Economy, e della flessibilità, rischiano di rimanere parole vuote o, peggio, ciniche nei confronti del giovane che si immerge nel mondo del lavoro.

1. Cfr. pagina internet https://www.cliclavoro.gov. it/page/yolo_economy_nel_mercato_del_lavoro_ cose_e_chi_coinvolge?contentId=BLG13300

2. Così M. Travers, per Forbes.

3. Cfr. Rapporto annuale Istat 2021. In particolare, Cap. 1, La crisi e il recupero: La congiuntura economica e sociale.

4. Cfr. ex multis art. 1, D.lgs n. 81/2015 (“Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”), ma anche l’emblematico art. 10, D.lgs. n. 104/2022 in cui si sancisce un (inconsueto) diritto di richiesta (e non di reale garanzia) di “Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili”.

5. Cfr. ex multis A. Hinna, F. Homberg, C’era una volta la ricerca del posto fisso, in La rivista di organizzazione aziendale e F. Bano, Il contratto dominante e la noia del posto fisso, Il Mulino.

6. Cfr. art. 5, D.lgs n. 81/2015.

7. Di lavoro senza contratto si è già discus-so in Sintesi n. 09/2022, M. Tuscano, Il tirocinio come specchio della regolazione al di fuori della dicotomia autonomia-subordinazione, cui si rimanda.

8. In dottrina i concetti di flessibilità e de-regolamentazione sono di sovente trattati in contemporanea: cfr. ex multis L. Mariucci, Ridare senso al diritto del lavoro. Lo Statuto oggi, e S. Sciarra, S. Simitis, T. Treu, M. Weiss, Spiros Simitis giurista europeo, in Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali, n. 110, 2006, 2.

9. Cfr. M. Della Morte, La diseguaglianza nello Stato costituzionale, (a cura di), per un dibattito sulla “La liberazione dal bisogno”.

10. Art. 1, comma 720, L. n. 234/2021.

11. Invero, non è prevista alcuna retribuzione in senso stretto, ma un semplice rimborso spese, il quale non è assoggettato ai principi di cui all’art. 36, Cost.

12. Così T. Bussino, Vigilanza ispettiva nel lavoro a titolo gratuito e a titolo oneroso, Working Paper Adapt, 12 ottobre 2009, n. 95.

13. Nota n. 34/4011 del 10 marzo 2022 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

14. Art. 1, comma 1, L. n. 106/2016, “Riforma del terzo settore”.

15. Non è un caso che, la Camera dei Deputati, nella documentazione parlamentare del 20 gennaio 2022, riconduca tale apporto lavorativo alle cosiddette “Forme contrattuali flessibili”.

16. Gli importi percepiti sono da considerare al 75% laddove il giovane abbia meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritto a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado ovvero a un ciclo di studi presso l’università.

17. Così definita nel sito dell’Unione Europea: “Flexicurity is an integrated strategy for enhancing, at the same time, flexibility and security in the labour market. It attempts to reconcile employers’ need for a flexible workforce

with workers’ need for security – confidence that they will not face long periods of unemployment”.

18. Così, sulla questione, G. Vardaro, in Contratti collettivi e rapporto individuale di lavoro, Angeli, Milano, 1985: “[…] fino a quando si pretende di adattare il mutamento sociale al diritto vigente e alle teorie e non il contrario […]”, parlando di “future possibilità”. Richiamato da M. Tiraboschi in Persona e lavoro tra tutele e mercato, in Mercati, Regole, Valori, Giornate di Studio Aidlass, Giuffrè, p .167. Esplicative, in aggiunta, le parole di P. Ichino: “Nel XXI secolo la vera protezione del lavoro non può avvenire con le tecniche del Novecento”, in Quanti luoghi comuni sul lavoro dei rider, https://www.pietroichino.it/. 19. Cfr. per un approfondimento L. Casano, Le transizioni occupazionali nella nuova geografia del lavoro: dieci domande di ricerca, in Bollettino Adapt 27 febbraio 2017.


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