E anche quest’anno… LA RIFORMA DELLE PENSIONI LA FACCIAMO L’ANNO PROSSIMO

di Mario Verità, Consulente previdenziale in Milano e Legnano (Mi)

 

Non tragga in inganno il titolo sarcastico, perché non è previsto che ci debba essere una riforma delle pensioni a cadenza stabilita; normalmente le riforme si fanno se cambiano le condizioni generali o, a livello ancora più macro, se cambia la società, il rapporto con il lavoro, se cambiano le regole del lavoro; beh allora in questo caso, a mio modesto parere, sarebbe auspicabile una revisione delle regole che in alcuni casi sono assolutamente anacronistiche e slegate dalla stretta attualità.

Tuttavia lasciamo alla politica ed a coloro che hanno visioni più ampie il compito di tracciare la via e limitiamoci a verificare cosa ci attende per il 2023.

Gli scorsi anni abbiamo avuto poco più che dei make-up di quanto stabilito nel passato anche recente, con il risultato di accendere discussioni a livello di opinione pubblica che hanno assunto il ruolo di discorsi da ascensore e nulla più; come avviene ormai frequentemente, dopo ogni elezione ci si aspetta (viste le promesse della campagna elettorale) una modifica sostanziale al grande nemico rappresentato per molti (e trasversalmente) dalla riforma del governo Monti.

E come ogni anno a poche settimane dal nuovo giro di calendario ancora non sappiamo con certezza se e come saranno create eccezioni all’impianto della L. n. 214/2011. Una prima considerazione è proprio su questo aspetto: le promesse fanno intendere che sarà fatto qualcosa, ma fino all’ultimo non si sa quale aspetto, quali categorie, quali età saranno toccate dalle modifiche, con il risultato, estremamente negativo per persone, famiglie e imprese, di non poter programmare il proprio futuro; è come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump, non sai mai quello che ti capita.

Al momento in cui scriviamo però pare delinearsi abbastanza chiaramente una linea che è quella della proroga a provvedimenti in scadenza e ad una aggiunta rispetto all’anno trascorso.

OPZIONE DONNA: verrà prorogata questa formula che consente alle lavoratrici dipendenti che hanno compiuto, nel 2022, 58 anni, o alle lavoratrici autonome che ne abbiano compiuti 59, di accedere alla pensione con 35 anni di contribuzione dopo 12 o 18 mesi dalla maturazione del diritto a pensione; in pratica le nate fino al 31/12/1964 (o 31/12/1963 se lavoratrici autonome) che nel 2022 avranno sommato 1820 settimane di contribuzione (escludendo i periodi di disoccupazione o malattia) avranno il diritto alla pensione a partire dal 1° giorno del 13mo o 19mo mese successivo il compimento dell’età anagrafica ovvero, se successiva a quest’ultima, del raggiungimento del requisito dei 35 anni. Parimenti le lavoratrici che hanno già l’età anagrafica utile, ma che nel 2022 avranno perfezionato il requisito contributivo (35 anni) vedranno scattare da quel mese l’attesa di un anno o 18 mesi per l’erogazione della prestazione.

Il calcolo della pensione sarà integralmente contributivo e, per valutarne la convenienza è necessario esaminare i singoli casi poiché le variabili, anche oggettive, sono diverse e non è possibile fare alcuna generalizzazione (forse a parte le lavoratrici del settore pubblico). Una segnalazione è senz’altro utile: più la distanza fra la pensione opzione donna e la prima eventuale successiva possibilità di pensionamento (per le donne 41 anni e 10 mesi) è ampia, più probabilmente ci potrà essere convenienza anche perché, le percettrici possono continuare a svolgere attività lavorativa di qualsiasi tipo.

APE SOCIAL: anche per questo provvedimento, in scadenza al 31/12/2022, è attesa una proroga almeno di un anno. L’Ape sociale consente di accedere all’assegno a coloro che, avendo raggiunto i 63 anni di età anagrafica, 30 anni di contribuzione (o 36 per coloro che hanno svolto lavori gravosi) sono in particolari condizioni di:

  • DISOCCUPAZIONE
  • ASSISTENZA DI FAMIGLIARI CON DISABILITÀ
  • INVALIDITÀ PROPRIA SUPERIORE AL 74%
  • AVERE SVOLTO LAVORI GRAVOSI (36 anni di contribuzione).

L’assegno previsto, che è un sostegno al reddito e non una pensione, è commisurato al valore di pensione maturato al momento di accesso al trattamento e limitato a € 1.500,00/ mese (in caso sia superiore viene limitata a questa cifra); alla data di maturazione della pensione di vecchiaia, la pensione verrà erogata e ricalcolata con i coefficienti di trasformazione propri dell’età raggiunta (67 anni). La novità pare invece essere un surrogato della quota 102 o della quota 100; parliamo di quella che viene denominata “quota 41” (anche se non si capisce perché quota dato che 41 sono una parte della quota), grazie alla quale i lavoratori e le lavoratrici che abbiano maturato almeno 41 anni di lavoro (attendiamo di capire se sarà, come logico, confermata la regola dei 35 anni di contributi da lavoro) e 62 anni di età anagrafica potranno accedere alla pensione “anticipata” dopo i 3 mesi di finestra; resta da capire se saranno confermati i limiti relativi all’incumulabilità dei redditi da lavoro così come stabilito dal D.l. n. 4/2019 per l’introduzione di quota 100.

L’ultimo dubbio rimane nell’applicazione di questa nuova quota: saranno tutti coloro che avranno almeno 103 (almeno 62 e almeno 41) anche nel 2023 oppure, come nell’applicazione di opzione donna, l’anno utile sarà quello trascorso? La logica ci dice che, surrogando quota 102, saranno eleggibili coloro che compiranno 62 anni nel 2023, quindi facilmente individuiamo come generazione limite quella dei nati nel 1961.

Non resta che attendere l’ufficialità e leggere attentamente le piccole regole che potrebbero nascondere insidiose eccezioni.


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