PENSIONE OPZIONE DONNA: nuovi chiarimenti e valutazione di convenienza

Noemi Secci, Consulente del lavoro in Sassari

Pensionamento con Opzione donna: quali le novità, alla luce della circolare Inps n. 25/2023 e quali le penalizzazioni che eventualmente comporta l’uscita dal lavoro con il nuovo trattamento pensionistico sperimentale?

La pensione opzione Donna è una pensione anticipata prevista in via sperimentale dalla legge di Bilancio 2023 (art. 1, co. 292, L. n. 197/2022, che ha modificato l’art. 16 del D.l. n. 4/2019), che comporta una notevole riduzione dei requisiti anagrafici e contributivi per l’uscita dal lavoro, in cambio del ricalcolo dell’assegno pensionistico con sistema integralmente contributivo (cfr. D.lgs. 30.4.1997, n. 180). Può essere ottenuta laddove siano raggiunti, entro il 31.12.2022, i seguenti requisiti:
• un’età minima di 60 anni; il requisito anagrafico è ridotto a 58 anni, per le lavoratrici con 2 o più figli, ed a 59 anni di età con un figlio solo; il requisito anagrafico è sempre ridotto a 58 anni per le lavoratrici o licenziate da imprese in crisi;
• una contribuzione minima di 35 anni, al netto dei periodi di disoccupazione indennizzata, malattia e infortunio non integrati dal datore di lavoro; quest’ultimo requisito deve essere verificato per le sole iscritte presso l’AGO ed i fondi sostitutivi (art. 22, co. 1 della L. n. 153/69; Circ. Inps 23.12.2014, n. 180);
• appartenenza ad una delle seguenti tre categorie tutelate: caregivers, invalide dal 74%, lavoratrici o licenziate da imprese in crisi.
Rispetto alla disciplina relativa a tale trattamento pensionistico vigente negli anni passati, le nuove previsioni della Manovra 2023 hanno ristretto notevolmente la platea delle beneficiarie, prevedendo l’accesso all’Opzione soltanto alle appartenenti alle specifiche categorie elencate.

CONTRIBUZIONE UTILE

I 35 anni di contribuzione non possono essere raggiunti in regime di cumulo: non è dunque possibile sommare la contribuzione accreditata presso casse differenti. Fa eccezione soltanto il cosiddetto cumulo interno (di cui alla L. n. 613/1966 e alla L.n. 233/1990) tra il Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti e le gestioni speciali Inps dei lavoratori autonomi (Artigiani, Commercianti, CD-CM), in quanto la contribuzione appartiene alla stessa forma assicurativa, ossia l’Assicurazione generale obbligatoria.
Ai fini del conseguimento dei 35 anni di contribuzione è comunque possibile ricongiungere i versamenti verso un’unica gestione (L. n. 29/1979 e L. n. 45/1990). È inoltre possibile raggiungere 35 anni di contributi avvalendosi del riscatto agevolato della laurea (come specificato nella circ. Inps 22.1.2020, n. 6 e nel messaggio Inps 14.5.2020, n. 1982).

FINESTRE DI ATTESA

In parallelo a quanto previsto per le precedenti “versioni” dell’Opzione donna, anche alle nuove beneficiarie sono applicate le c.d. finestre mobili di attesa, che spostano la decorrenza della pensione, rispetto alla data di maturazione dei requisiti, in avanti di:

• 12 mesi, per le lavoratrici dipendenti;
• 18 mesi, per le lavoratrici autonome;
• alle dipendenti del comparto scuola si applica la finestra unica di uscita (art. 59, co.9 della L. 449/97); le dipendenti del comparto scuola e AFAM, qualora risultino aver maturato i requisiti esposti entro il 31.12.2022, possono presentare domanda di cessazione dal servizio entro il 28.2.2023; per la precisione, al ricorrere dei prescritti requisiti per l’opzione donna, le lavoratrici dei suddetti comparti possono conseguire il trattamento pensionistico:
– a decorrere dal 1.9.2023, se dipendenti dal comparto scuola;
– a decorrere dal 1.11.2023, se dipendenti dal comparto AFAM;
in ogni caso, tali lavoratrici devono possedere i requisiti connessi all’appartenenza alle categorie tutelate alla data di presentazione della domanda di pensione; gli stessi requisiti non devono essere oggetto di ulteriore verifica alla decorrenza del trattamento pensionistico (circ. Inps n. 25/2023).
Se il trattamento pensionistico è liquidato a carico di una gestione esclusiva dell’assicurazione generale obbligatoria (come Inps gestione Dipendenti pubblici), la prima decorrenza utile della pensione è fissata al primo giorno successivo alla chiusura della finestra. Se, invece, il trattamento è liquidato a carico di una gestione diversa da quella esclusiva dell’assicurazione generale obbligatoria, la prima decorrenza utile della pensione è fissata al primo giorno del mese successivo alla chiusura della finestra.
In ogni caso, le lavoratrici che hanno maturato i nuovi requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2022 possono accedere alla pensione in qualsiasi momento successivo alla prima decorrenza utile, ferma restando la sussistenza delle condizioni relative alla categoria di appartenenza alla data di presentazione della domanda.

CATEGORIE BENEFICIARIE

In base alle nuove previsioni della Legge di Bilancio 2023, Opzione donna è aperta soltanto alle seguenti categorie:

-caregiver, ossia lavoratrici che assistono, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi (il requisito dell’assistenza si considera soddisfatto in presenza di convivenza, in coerenza con l’orientamento espresso con la circolare del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali del 18 febbraio 2010):
– il coniuge o un parente di primo grado convivente, con handicap in situazione di gravità (art. 3, co. 3 della L. n. 104/92: lo status di persona con disabilità grave si considera acquisito alla data dell’accertamento riportata nel verbale di riconoscimento di cui all’art. 4, L. n. 104/1992, o dalla data dell’eventuale sentenza o del decreto di omologa, salvo che nel provvedimento non si faccia decorrere lo status di disabilità grave da una data anteriore);
– oppure un parente o un affine di secondo grado convivente, qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età, oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti (deve trattarsi delle patologie a carattere permanente indicate dall’art. 2, co. 1, lett. d), n. 1, n. 2 e n. 3, del D.l. n. 278/2000) o siano deceduti o mancanti (l’Inps, con la circolare n. 25/2023, ha chiarito che può farsi riferimento a ogni condizione giuridicamente assimilabile all’assenza, compresi divorzio e separazione legale, purché continuativa e debitamente certificata dall’Autorità giudiziaria o da altra pubblica Autorità);
– invalide civili in misura pari o superiore al 74% (deve sussistere il riconoscimento di una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74%);

-lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa (art. 1, co. 852 della L. n. 296/2006): in base a quanto precisato nella Circ. Inps n. 25/2023, in quest’ultima categoria rientrano le lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese per le quali risulti attivo alla data del 1° gennaio 2023, o attivato in data successiva, un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa, istituita presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (art. 1, co. 852, L. n. 296/2006). In particolare:
– in merito alle lavoratrici dipendenti, il tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale deve risultare attivo al momento della presentazione della domanda di pensione;
– per coloro il cui rapporto risulta cessato, il licenziamento deve essere stato intimato nel periodo compreso tra la data di apertura e di chiusura del tavolo; queste ultime lavoratrici non devono poi aver ripreso un’attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato successivamente al licenziamento.

REQUISITI PER IL PENSIONAMENTO ORDINARIO C.D. FORNERO

Ad oggi, per la generalità delle lavoratrici iscritte all’Inps, sono previsti, in base alla Legge Fornero, i seguenti trattamenti pensionistici ordinari (non agevolati):
• pensione anticipata (art. 24, co.10, D.l. n. 201/2011): si ottiene, sino al 31.12.2026, con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne, più 3 mesi di finestra; il requisito contributivo può essere raggiunto anche in regime di cumulo (art. 1, co. 239 e ss. L. n. 228/2012, come modificato dalla L. n. 232/2016), ossia sommando, ai soli fini del diritto a pensione, la contribuzione accreditata presso gestioni previdenziali diverse, comprese le casse professionali;
• pensione di vecchiaia (art. 24, co.6, D.l. n. 201/2011): si ottiene, sino al 31.12.2024, di norma con 20 anni di contributi e 67 anni di età (più un importo soglia minimo pari a 1,5 volte l’assegno sociale per coloro che sono soggetti al calcolo interamente contributivo della pensione); anche in questo caso, il requisito contributivo può essere raggiunto in regime di cumulo.
Rispetto alla pensione di vecchiaia ordinaria, l’Opzione donna consente dunque un anticipo del requisito anagrafico dai 7 ai 9 anni, in base al numero di figli; anche in merito al requisito contributivo il risparmio è ingente: senza considerare le finestre di attesa, ben 6 anni e 10 mesi di anticipo rispetto alla pensione anticipata ordinaria.

CALCOLO DEL TRATTAMENTO

Il sostanzioso anticipo nell’uscita dal lavoro consentito alle aderenti all’Opzione donna comporta però il ricalcolo integrale dell’assegno con sistema contributivo, anche per le annualità sino al 31 dicembre 1995 (sino al 31 dicembre 2011 per coloro che possiedono almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995). Tale sistema di calcolo risulta spesso penalizzante, non essendo basato sugli ultimi o migliori redditi come il sistema di calcolo retributivo, ma unicamente sulla contribuzione accantonata (il cui tasso di capitalizzazione si basa sulla variazione quinquennale del Pil nominale) e sull’età pensionabile (che determina il coefficiente di trasformazione, un coefficiente moltiplicatore che aumenta al crescere dell’età al momento del pensionamento e al decrescere della speranza di vita media). Tuttavia, è importante precisare che la pensione liquidata con le regole del regime sperimentale non è considerata una pensione conseguita nel regime contributivo (L. n. 335/95): è difatti consentita l’integrazione al trattamento minimo (vantaggio non previsto per la pensione liquidata nel sistema contributivo puro) e non sono concesse le maggiorazioni contributive per lavoratrici madri di cui all’art. 1, co. 40 della L. n. 335/95.
Peraltro, il calcolo relativo ai periodi sino al 31 dicembre 1995 (o sino al 31 dicembre 2011, per le lavoratrici con almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995) non risulta basato sulla mera contribuzione, ma su particolari medie retributive e relative alle aliquote contributive; prevede inoltre regole differenti in base al fondo che liquida la pensione. Ci si domanda, a questo punto, se l’uscita con l’Opzione donna sia conveniente o meno.

VALUTAZIONE DI CONVENIENZA

Per rispondere al quesito, è stato sviluppato uno studio previdenziale nel quale sono state confrontate due ipotesi d’uscita con pensione Opzione donna e pensione di vecchiaia ordinaria (la pensione anticipata ordinaria non è stata prospettata in quanto raggiungibile in data successiva alla pensione di vecchiaia). La lavoratrice presa in considerazione è nata il 12/10/1959 e possiede, al 31/03/2023, 38 anni e 1 mese di contributi accreditati presso CPDEL, (Cassa dipendenti degli enti locali). Ultimo imponibile annuo pari a € 55.023. L’interessata può uscire immediatamente con
Opzione donna con i vecchi requisiti (vigenti sino al 31 dicembre 2021), senza verificare l’appartenenza alle categorie tutelate (in precedenza non previste) ed essendo già trascorsa la finestra di attesa pari a 12 mesi sia dalla maturazione del requisito anagrafico che da quello di contribuzione.
Nel presente studio, gli scenari futuri sono stati ipotizzati prendendo in considerazione lo svolgimento dell’attuale attività lavorativa, con i futuri imponibili previdenziali pari all’ultimo.
Di seguito, la sintesi dello studio previdenziale

Confronto Pensioni (clicca qui per la tabella)

Come si evince dalla tabella, l’accesso al pensionamento con Opzione donna comporta, nel caso di specie, un anticipo non indifferente nell’uscita dal lavoro, pari a 3 anni e mezzo rispetto alla pensione di vecchiaia. La lavoratrice avrebbe anche potuto ottenere un anticipo più consistente, ma ha deciso di optare per Opzione donna in data successiva alla prima decorrenza utile.
A causa del mancato versamento di nuova contribuzione ed a causa del ricalcolo contributivo, subisce comunque una penalizzazione pari a € 1.420,82 euro lordi mensili, € 888,26 mensili al netto dell’Irpef.


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