HR&Organizzazione – IL BURNOUT DELLA YOLO GENERATION: il mondo del lavoro che non ti aspetti
Barbara Garbelli, Consulente del Lavoro in Pavia, Esperta in materia di sicurezza sul lavoro, Presidente Ancl UP Pavia
Cresce il numero di lavoratori in tutto il mondo, dai 18 anni in su, a rischio burnout. Un under 34 su 2 si dimette per preservare la propria salute mentale: questo è lo spaccato ritratto da un sondaggio proposto dal sito di lavoro Indeed, che nello scorso anno ha voluto fotografare le condizioni lavorative dei giovani al lavoro e stabilire le condizioni che li porta ad una così breve permanenza in azienda. Secondo lo stesso sondaggio, un giovane rimane in azienda per un periodo medio di 1,2 anni, contro gli 8 anni di coloro che sono nati fino agli anni ’60 (baby boomers) e contro i 5 anni di coloro che sono nati fra gli anni ’60 e ’80 (generazione X).
La motivazione parrebbe essere collegata al fatto che sono sempre di più i dipendenti di giovane età che avvertono calo dell’efficienza lavorativa, aumento del distacco mentale, cinismo rispetto al lavoro, anche nelle prime fasi della loro carriera: il sondaggio ha mostrato che, tra le varie generazioni, i Millennials e i lavoratori della Generazione Z (le due categorie ricomprendono i nati tra la fine degli anni ’90 ed il 2010) riportano i tassi di burnout più alti, rispettivamente al 59% e al 58%, con un trend in crescita. A confermare la tendenza vi sono i dati di Asana, piattaforma americana di gestione del lavoro web, che rivela come i lavoratori della Generazione Z segnalino di essere maggiormente afflitti da burnout rispetto agli altri gruppi di età presi in esame ed i dati globali trovano conferma nel nostro Paese: un lavoratore italiano su 2 denuncia malessere psicologico sul lavoro, secondo una recente ricerca Doxa per Mindwork (società italiana di consulenza psicologica online specializzata in ambito aziendale). Sono proprio i lavoratori e le lavoratrici più giovani a mostrare una maggior propensione a lasciare il lavoro a causa di burnout e malessere emotivo: il 49% degli under 34, infatti, si è dimesso almeno una volta per preservare la propria salute mentale.
La tendenza è in aumento di 5 punti percentuali rispetto al 2020, dicono i numeri di Doxa. La generazione maggiormente colpita è quella degli under 35 anche secondo una ricerca di Bain & Company, da cui risulta che i giovani lavoratori italiani sono i più stressati in Europa e fra i più stressati a livello globale dopo giapponesi e brasiliani.
Il motivo di questo trend sta nel fatto che lo stress pandemico ha causato tassi più elevati di burnout in tutte le fasce d’età, ma che in questo momento è la Generazione Z a soffrire di più1. Le cause vanno dalla mancanza di potere sul lavoro all’instabilità finanziaria, fino alla normalizzazione dell’iperlavoro e all’incapacità di rilassarsi. Sebbene tutte le generazioni debbano affrontare grossi carichi di lavoro – evidenzia l’esperta – la Generazione Z ha meno potere di stabilire confini e dire di no ai compiti.
L’analisi sopra descritta, operata dalla società Indeed e riproposta da Huffington Post Italia, ci porta a riflettere su quanto le politiche di welfare e well being siano ad oggi non soltanto uno strumento per collocarsi in maniera strategica sul mercato del lavoro che cerca e vuole fidelizzare talenti, ma promuovere e mantenere un alto grado di benessere in azienda (dal punto di vista fisico, psicologico e sociale dei lavoratori, ad ogni reparto e ad ogni livello) deve essere alla base della crescita sostenibile e duratura dell’impresa, della sua produttività e delle persone che ne fanno parte.
LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE IN AZIENDA
Il concetto di sostenibilità proviene dall’idea di “gestione sostenibile” di una risorsa, in cui si prevede di utilizzare o prelevare quella risorsa senza danneggiare la sua naturale capacità di rigenerarsi.
Il World Summit on Sustainable Development (WSSD) di Johannesburg (2002) ha esteso il concetto di Sviluppo Sostenibile che può essere considerato un equilibrio dinamico tra qualità ambientale, sviluppo economico, equità sociale.
I vantaggi per l’impresa che introduce la sostenibilità nei propri piani aziendali sono:
- contribuire a creare e mantenere un elevato profilo aziendale, un’immagine e una reputazione positive;
- creare un ambiente di lavoro migliore, più sicuro e più motivante (il c.d. benessere organizzativo di un’azienda);
- garantire una forte coesione con gli stakeholder;
- facilitare l’accesso al credito e ridurre il rischio di impresa;
- migliorare l’efficienza della gestione aziendale;
- permettere di usufruire di vantaggi fiscali e semplificazioni amministrative.
I datori di lavoro sono veramente sostenibili quando garantiscono la sicurezza, la salute e il benessere dei loro lavoratori, e quando, di conseguenza, creano un assetto di salute e benessere che inevitabilmente impatta sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, andando a prevenire fenomeni distorsivi quali quello del burnout.
Vedi qui figura 1.
Un ambiente di lavoro che premia il benessere organizzativo comporta un inevitabile miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro: pensiamo ad esempio allo stress lavoro correlato, i cui indici subiranno sicuramente una notevole riduzione.
IL WELFARE SOSTENIBILE
Nel mondo delle aziende, il lavoro diventa sostenibile quando vengono attuate politiche industriali che creano un ambiente favorevole, attraverso -ad esempio- i servizi di welfare aziendale.
Il welfare aziendale, ovvero quell’insieme di prestazioni, agevolazioni, rimborsi e fringe benefit che il datore di lavoro mette a disposizione dei dipendenti, sta assumendo un ruolo sempre più predominante: non solo comporta importanti vantaggi fiscali e risparmi contributivi per l’azienda e per gli stessi dipendenti, ma permette di creare un ambiente di lavoro più confortevole e piacevole, di diffondere il benessere e di contribuire al miglioramento della qualità della vita dei collaboratori e dei loro familiari.
Una politica di welfare è anche in grado di rendere possibili, all’interno dell’azienda, importanti cambiamenti rispetto al clima aziendale e alla produttività. Si tratta di un piano di lavoro completo che permette all’azienda di prestare attenzione alle necessità dei propri collaboratori, al fine di poter creare luoghi di lavoro incentrati sulle persone e sul loro benessere.
Una soluzione di welfare in tema di sostenibilità, ad esempio, potrebbe essere la figura del mobility manager, introdotto come misura obbligatoria dal 10 maggio 2021 per tutte quelle aziende con più di 100 addetti operanti in territorio con oltre 50mila abitanti: il suo compito sarà quello di pianificare e gestire gli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti, pianificare lo smart working e gestire il tutto in maniera responsabile e sostenibile. Il mobility management quindi, inserito in una strategia più ampia di welfare aziendale, diventa un punto fondamentale per formulare azioni di mobilità sostenibile che possano avere un impatto sia sul benessere dei lavoratori sia sull’ambiente.
Un secondo esempio di welfare sostenibile si configura con l’introduzione dello smart working: continuare a incentivare il lavoro da casa ha effetti positivi sia sull’ambiente che per l’azienda stessa. Aiuta, infatti, a ridurre l’inquinamento causato dall’uso dell’automobile e a risparmiare in maniera incisiva sui costi, considerando l’aumento dei prezzi di gasolio e benzina dell’ultimo periodo. Amorim Cork Italia, azienda leader nel nostro Paese per la produzione e vendita di tappi in sughero, ha avviato da tempo un percorso di welfare aziendale che prevede la realizzazione di 14 progetti a favore della conciliazione tra vita personale e lavorativa, come parte integrante del suo percorso di sviluppo sostenibile. L’azienda ha adottato una serie di misure per favorire lo sviluppo sostenibile, introducendo, tra le altre cose, l’orario flessibile sia in entrata che in uscita, la banca ore, il lavoro da casa, i checkup sanitari, il family day e la creazione di spazi in azienda dedicati alle attività conviviali. L’azienda ha inoltre creato anche un regolamento aziendale e iniziato un percorso di certificazione per portare i dipendenti a formulare proposte per la conciliazione vita-lavoro. A seguito di queste iniziative, l’azienda ha conseguito la certificazione “Family Audit”, che la qualifica come organizzazione attenta alle esigenze di conciliazione famiglia-lavoro dei propri dipendenti. Ha inoltre iniziato un percorso per definire i fabbisogni formativi interni attraverso un test psicoattitudinale somministrato a tutti i collaboratori. L’obiettivo è quello di creare un percorso di formazione continua, secondo le attitudini delle persone e sfruttando il loro potenziale.
CONCLUSIONI
Pare evidente che inserire la sostenibilità nelle strategie aziendali rappresenta oggi non soltanto un ottimo biglietto da visita ma anche una necessità: un’impresa che valorizza la sostenibilità ambientale, sociale ed economica viene considerata più affidabile e al contempo può generare benessere organizzativo e credito anche in termini monetari; ma oltre a questo è necessario analizzare i bisogni e le problematiche dei lavoratori di oggi e di domani, prevenendo fenomeni distorsivi che possa incentivare il turn over aziendale.
L’evoluzione del sistema economico globale sta incentivando le imprese ad acquisire sempre maggiore consapevolezza in materia di sostenibilità e, a fronte di una sensibilizzazione in aumento sulla tematica ambientale, gli imprenditori stanno imparando a valorizzare tutti gli aspetti legati ad un mondo del lavoro sostenibile ed etico.
Sarà questa la sfida del prossimo futuro per noi professionisti: chi si occupa di lavoro, salute e sicurezza dovrà essere pronto ad avanzare al fianco del cambiamento, e quando possibile, anticiparlo.
1. Kim Hollingdale, docente di psicologia presso la Pepperdine University della California e psicoterapeuta.