Senza filtro – Equo compenso? Ma sì, (s)parliamone…

di Andrea Asnaghi, Consulente del lavoro in Paderno Dugnano

 

“Dice lo stolto: «Non mettere tutte le uova in un paniere solo».

Mentre il saggio dice: «Metti tutte le uova in un paniere solo

masorveglia quel paniere».”

Mark Twain – Calendario di Wilson lo Zuccone

Fanno discutere le norme appena introdotte sul cosiddetto equo compenso nelle professioni. E c’è già chi parla (da tempo) di un nuovo attacco dei professionisti alla libera concorrenza, una specie di “Star Wars” economico dove i professionisti stanno, ovviamente nel lato oscuro della forza (il Male, detto in senso etico), mentre piccoli e sparuti gruppi economici (il Mercato) organizzano strenuamente un minimo di resistenza, anche se male organizzati e con le scarse forze residue indebolite dall’attacco dell’Impero.

Già così la riflessione negativa sulla norma fa abbastanza sorridere: personalmente faccio fatica a scorgere nel piccolo commercialista di Vidigulfo, nell’avvocatino di Montesilvano o nella Consulente del lavoro di Portogruaro1 le fattezze di un Lord Dart Fener (il cattivone della saga, Darth Vader per gli appassionati) e della Flotta Imperiale e in un Grande Gruppo bancario o assicurativo o in una Pubblica Amministrazione l’esile figura stoica e solitaria del giovane eroe Luke Skywalker.

Anzi se proprio proprio devo dire, mi sembra esattamente il contrario.

Ma poiché vorremmo proporre ragionamenti e non suggestioni (e ci sembra di aver visto, al contrario, molte suggestioni travestite da ragionamenti) esaminiamo alcune critiche mosse alla norma. Lo faremo partendo dall’autorevole documento dell’Autorità Garante della Concorrenza (AGCOM), intervenuta contro la norma nel proprio Bollettino n. 45 del 27 novembre 2017, che riassume le riflessioni che a vario titolo sono comparse sui giornali.

Ci siamo già occupati in questa rubrica di AGCOM (settembre 2017) notando con preoccupazione che, quando si parla di attività professionali o ad esse contigue, i commenti di tale Autorità garante talvolta non sono per nulla equilibrati e sono anzi orientati; in particolare, se possono, sono ben predisposti pregiudizialmente verso altre entità economiche (e “forse” non va bene) e sono contro i professionisti che evidentemente per AGCOM sono una delle principali cause dell’arretratezza del Paese (come abbiamo già detto, il lato oscuro della forza).

1. La norma parla dei rapporti fra professionista e grandi imprese

Cos’è, in due parole, la norma sull’equo compenso? È la previsione che clausole che prevedano che un professionista (ordinistico o no), quindi un lavoratore autonomo intellettuale) non possa lavorare per un compenso inferiore a livelli minimi stabiliti per via di decreto ministeriale; e se si scende sotto a tali limiti, il professionista (e solo lui) può far valere la nullità della clausola.

Ma attenzione: questo non vale per tutti ma solo quando il professionista si rivolge ad imprese bancarie e assicurative o ad imprese diverse dalle piccole o medie imprese oppure alla Pubblica Amministrazione. Giusto per capirci, si definisce “media impresa” a livello europeo quella che occupa meno di 250 lavoratori effettivi ed ha un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro.

Detto in altre parole, oltre quei livelli vi è un soggetto che nei confronti del professionista, magari singolo, ha un forte potere contrattuale, che però per AGCOM non v’è ragione di bilanciare.

Il problema non è di giovani contro baroni (argomento retorico tirato fuori dal cilindro come concetto buono per tutte le stagioni, ma ci ritorneremo in seguito) ma è di piccoli (anche meno giovani) contro grandi.

Ma d’altronde, vuoi mettere, togliere un po’ di forze all’Impero del Male va sempre bene, anche se stai sparando solo su soldati semplici.

Notare che il professionista può scendere sotto tali limiti, se vuole, purchè gli stessi non gli siano imposti forzatamente dal ”mercato” (delle vacche, e per giunta magre).

2. Il ribasso quale indice tout court di strumento concorrenziale

AGCOM guarda con preoccupazione l’equo compenso in quanto, a suo dire, reintrodurrebbe surrettiziamente un sistema di tariffe professionali. Ma merita di essere riportato letteralmente per intero

il concetto del garante.

Secondo i consolidati principi antitrust nazionali e comunitari, infatti, le tariffe professionali fisse e minime costituiscono una grave restrizione della concorrenza, in quanto impediscono ai professionisti di adottare comportamenti economici indipendenti e, quindi, di utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia il prezzo della prestazione”.

Vi prego di leggere bene e di riflettere sul concetto in grassetto: il più importante strumento concorrenziale, secondo AGCOM ed i “consolidati principi antitrust”non è la qualità di ciò che viene offerto, il rispetto della filiera e degli elementi tutti in gioco, la preparazione e la competenza necessarie all’esecuzione di un compito, la soddisfazione del cliente . Niente di tutto ciò, sono cose secondarie, ciò che conta davvero è solo il prezzo.

Principio questo che favorisce chi ha una posizione di competitor forte (talvolta anche spregiudicato, ai limiti della legalità, e magari oltre), magari sottolineato da campagne aggressive pubblicitarie non sempre sincere.

Il ribasso, peraltro, in molte filiere è proprio indice non di migliore organizzazione ma di scarsa qualità, di mancato rispetto dei parametri normativi; insomma, uno strisciante incremento di ingiustizia e di alienazione per tutti.

Il concetto ci sembra abbastanza evidente di per sé, ma ci piace commentarlo con le parole di un profeta del nostro tempo.

Non mi piace il mercato globale

che è il paradiso di ogni multinazionale,

e un domani state pur tranquilli
ci saranno sempre più poveri e più ricchi
ma tutti più imbecilli
.”

(G. Gaber, La razza in estinzione)

3. Minimo non vuol dire tariffa

Riflettiamo un attimo: un equo compenso minimo (peraltro senza obbligo per il lavoratore autonomo di non rispettarlo) non fissa alcuna tariffa obbligatoria, ma stabilisce un limite “non plus infra”, al di sotto del quale o c’è una scelta ben precisa o stiamo parlando di sfruttamento.

E se ci fosse una scelta precisa (e non subìta) in termini promozionali, il classico “mi devo far conoscere a tutti i costi”, chi poi una volta apertosi a fatica un certo mercato tornerebbe sui propri passi “ritrattando” il prezzo promesso?

Sarebbe come fare terra bruciata delle reputazione e fiducia faticosamente costruita.

È completamente diversa dalla tariffa fissa è la mera fissazione di un minimo, che per esser tale dovrà essere sufficientemente basso (ma non troppo) in modo da permettere di salvaguardare contemporaneamente intraprendenza e dignità professionale, senza aste sul mercato al miglior (rectius, al minor) offerente.

4. La presunta penalizzazione dei giovani e la rendita di posizione

L’equo compenso, reintroducendo secondo AGCOM ed altri commentatori, un sistema tariffario (abbiamo già visto che non è così, ma tutte le notizie accattivanti sono utili bufale per portare acqua ad un certo mulino) disincentiverebbe “l’erogazione di una prestazione adeguata” e garantirebbe “ai professionisti già affermati sul mercato di godere di una rendita di posizione determinando la fuoriuscita dal mercato di colleghi più giovani in grado di offrire all’inizio un prezzo più basso”. In altre parole, tutti i professionisti affermati si adagerebbero sulla comoda tariffa di legge e giovani resterebbero tagliati fuori.

Un simile concetto è stato espresso con altre parole anche da Alessandro De Nicola su “Repubblica” del 21.11. novembre 2017 e in rete da Angelo Deiana su Formiche.net (solo per citare due fra i commenti più equilibrati che ho trovato contro l’equo compenso, anche se non concordo per nulla sulle conclusioni).

Proprio di quest’ultimo trovo significativa una frase che riporto, riguardo all’effetto che avrebbe l’equo compenso secondo l’autore (il grassetto è opera di chi scrive).

Il mercato dei contraenti più forti tende naturalmente a riposizionarsi sul livello più basso, sfruttando proprio la forte capacità contrattuale che possiede. E pauperizzando, come sempre, il professionista più debole”.

In pratica, secondo tali commentatori, i professionisti già affermati tenderebbero a ridurre i prezzi (ma di questo, – se fosse vero, cosa che non è – AGCOM non dovrebbe rallegrarsi?) sbarrando il mercato ai giovani.

Il concetto è sbagliato di fondo (e chi lo rappresenta propugna semplicemente l’ingresso sul mercato di forze antagoniste ai professionisti e pronte ad impossessarsi del loro mercato, giovani o meno giovani che siano) in quanto:

– i contraenti più forti rimangono comunque più forti ed in grado, se vogliono, di orientare il mercato (si veda l’emblematico “come sempre” più sopra sottolineato), equo compenso o meno che sia. Anche senza l’equo compenso ci potrebbero essere politiche concorrenziali di ribasso dei prezzi: anzi vediamola al contrario, se sotto un certo prezzo non si può andare la concorrenza al ribasso (che può fare solo chi ha spalle forti o chi ha interessi paralleli, magari non proprio cristallini) ad un certo punto si ferma;

– i professionisti più affermati (guardatevi in giro, è evidentissimo) non hanno alcun interessi ad adagiarsi sulla fascia bassa del mercato: essendo affermati, possono praticare una diversa politica dei prezzi e permettersi di scegliere la propria clientela, privilegiando determinati clienti;

– l’equo compenso cambia poco anche per i professionisti stabilizzati su una certa posizione, seppur non di grido, che oggi subiscono politiche aggressive da parte di soggetti che non sono professionisti (ma sono tanto simpatici ad AGCOM e compagni) e che agiscono ormai quasi come multinazionali (senza alcuna modernizzazione reale, solo con una cannibalizzazione feroce, propedeutica a ben altre speculazioni);

– i giovani emergenti hanno altre armi e non solo il costo (che con l’equo compenso sarebbe comunque contenuto e quindi concorrenziale): l’energia maggiore, una cultura più aggiornata coi tempi e con le nuove tecnologie, la possibilità di fare rete e di condividere i saperi (cosa che appartiene solo ai più illuminati professionisti delle generazioni precedenti).

Ma è un altro il concetto che afferma AGCOM, e su cui vorremmo riflettere e che è espressa di seguito ai concetti riportati più sopra (posizione di rendita e fuoriuscita dal mercato dei giovani).

È noto, infatti, che la qualità di una prestazione professionale si percepisce nel tempo e, al momento della scelta, la reputazione del professionista assume un’importanza cruciale, scalfibile solo attraverso offerte particolarmente vantaggiose che inducono il cliente a dare fiducia a un professionista meno affermato.”

In altri termini, AGCOM ci sta dicendo che l’unica possibilità di accesso al successo per un giovane è quella di … svendersi.

Ciò per cui tanti giovani scappano all’estero, ciò che critichiamo nell’uso distorto di stage e di contratti-beffa verso le nuove generazioni viene assurto dall’Autorità garante della concorrenza a mera logica di mercato: “è il consumismo, bellezza”. Sistema di mercato che, così a occhio, tutta questa grande opportunità non la offre.

Invece di cercare vie di mediazione, siamo tornati alla logica bieca del lassez faire, lassez passer, la giungla del mercato dove qualcuno mangerà sempre di sicuro: il leone.

5. Conclusioni

Chi scrive è convinto che non tutto vada bene, che ci sia molto da cambiare anche nel mondo delle professioni, ed in maniera radicale, prima che il futuro le spazzi via con la risata delle cose che cambiano.

Chi scrive è anche profondamente convinto che le professioni siano da cambiare profondamente proprio al loro interno, per recuperare in pieno quel senso della funzione di pubblica utilità e di garanzia che talvolta in alcuni casi è apparso un po’ annacquarsi in interessi di parte.

Se si parla di equo compenso, potremmo anche ragionare sugli equi compensi che i professionisti affermati dovrebbero rivolgere verso i colleghi più giovani (e non sempre è così).

Potremmo anche scoprire che in taluni casi nel futuro, o forse già nel presente, alcune nicchie professionali e alcune riserve non abbiano più ragione di esistere, e dovremmo semplicemente prenderne atto senza sterili difese.

L’equo compenso non risolve tutti i problemi, ma costituisce una forma di riflessione sul rispetto dell’importanza del mondo professionale. Il libero professionista oggi serve, serve la sua competenza e la sua serietà, la sua terzietà e la sua funzione per la crescita della società.

Parafrasando Twain nella frase che abbiamo posto a cappello dell’articolo, nel paniere delle professioni ci sono competenze importanti e cruciali per il mondo economico: è importante sorvegliare questo paniere, anche mettergli regole serie, utilizzarlo, piuttosto che disperderne la ricchezza con il presupposto che “tutti possono far tutto” è l’unica (non) regola che conta.

Su questo dobbiamo lavorare e dobbiamo spingere. Su questo le categoria professionali devono esser disponibili, sempre ad avviso molto personale di chi scrive, anche un confronto serrato e a tutta l’autocritica che eventualmente servisse per darsi regole ancora più stringenti ed assumersi ancor di più compiti utili alla società.

Ma non ci vengano a dare “illuminati pareri” gli asserviti a poteri più forti, non ci vengano ad ammannire lezioncine coloro che vorrebbero disperdere le uova in più panieri, solo per concedere a qualcuno di appropriarsi di tutti i panieri.

1 Professioni, località e nomi sono messi a casaccio, o a titolo esemplificativo, e non fanno riferimento a persone o fatti reali.