Il contratto di rete

di Luca Caratti, Consulente del lavoro in Vercelli

Non si può mai attraversare l’oceano se non

si ha il coraggio di perdere di vista la riva”
(Cristoforo Colombo)

Premessa

Le reti di impresa, ma soprattutto l’esercizio della codatorialità e le assunzioni congiunte in agricoltura, sono una “novità” nel panorama normativo italiano. Gli imprenditori, che oggi si cimentano nella costituzione di reti per essere il più possibile competitivi in un mercato sempre più complesso e di dimensione sovranazionale, sono i primi esploratori della dissociazione formale e sostanziale del rapporto di lavoro pur in presenza di una normativa che non disciplina completamente gli strumenti di tutela dei lavoratori.

Codatorialità e assunzioni congiunte

Il legislatore italiano, spinto anche dalla profonda rivoluzione dei modelli organizzativi del lavoro, è stato portato, progressivamente, a superare il concetto di rapporto di lavoro biunivoco che per anni aveva legato datore di lavoro e lavoratore. Ecco che, nel panorama normativo italiano, si affacciano contratti, anche di natura commerciale, che consentono all’impresa di utilizzare prestazioni di lavoro rese da soggetti dipendenti da terzi quali ad esempio la somministrazione e il distacco. Le due fattispecie si aggiungono al più noto contratto di appalto e alla subfornitura e sono, probabilmente, anche la risposta all’esigenza imprenditoriale di ridurre il costo del lavoro attraverso, non certamente una diminuzione delle tutele dei lavoratori subordinati, quanto piuttosto ad un maggiore efficientamento e specializzazione. Quanto sopra è un evidente cambio di passo del legislatore il quale ha, per lungo tempo, ribadito il divieto di interposizione di manodopera1. Poi, come detto più sopra, si è trovato a dover “fare i conti” con la sempre maggiore frammentazione del processo produttivo, con la trasformazione del metodo di produzione, da un modello accentrato (tipico dell’impresa fordista/taylorista), verso nuovi schemi “reticolari”, basati sull’aggregazione e sull’interazione tra soggetti giuridicamente distinti e tra loro connessi mediante vincoli proprietari o contrattuali2. Ecco quindi che si è verificata la necessità di introdurre ancora nuove disposizioni normative che hanno sgretolato man mano il granitico divieto di utilizzo del prestatore di lavoro non direttamente assunto dal datore di lavoro. Infatti si è assistito alla progressiva introduzione, nel nostro ordinamento, di forme di utilizzo “promiscuo” del lavoratore quali la somministrazione, il distacco e più recentemente la codatorialità e l’assunzione congiunta in agricoltura superando così anche il notissimo orientamento delle Sezioni Unite, n. 22910/2006, la quale indicava come regola generale giuslavoristica che “in relazione a identiche prestazioni lavorative deve essere esclusa la configurabilità di due diversi datori di lavoro”. È in questo contesto che il legislatore introduce, in sede di conversione con l’art. 7, co. 2, D.l. n. 76/2013, il co. 4-ter all’art. 30, D.lgs. n. 276/2003: ove “il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità ai sensi del D.l. 10 febbraio 2009, n. 5 convertito, con modificazioni, dalla Legge, 9 aprile 2009, n. 33, l’interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell’operare della rete… Inoltre per le stesse imprese è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso”. È opportuno ricordare che con il contratto di rete, introdotto con D.l. n. 5/2009 ed integrato con L. n. 99/2013, più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa. Con la sottoscrizione del contratto costitutivo della rete, come detto, si legittima il distacco ex lege in quanto l’interesse del distaccante consegue “automaticamente” alla formazione della rete stessa.

Un distinto cenno merita il settore agricolo che beneficia, ai sensi dell’art. 9 , co. 11, del D.l. n. 76/2013, convertito, con modificazioni dalla L. n. 99/2013, della possibilità di assumere congiuntamente dei lavoratori affinchè rendano le prestazioni lavorative presso una pluralità di datori di lavoro legati tra loro da particolari vincoli (gruppo, rete, rapporti famigliari).

Nello specifico il legislatore prevede tale possibilità per le imprese agricole, comprese quelle costituite in forma cooperativa, che presentino uno dei seguenti requisiti3:

a) appartenenza allo stesso gruppo di imprese;

b) riconducibilità al medesimo assetto proprietario;

c) riconducibilità a soggetti legati da un vincolo di parentela o di affinità entro il terzo grado, ovvero aver stipulato un contratto di rete quando almeno il 50% delle imprese siano qualificabili come imprese agricole ai sensi dell’art. 2135 c.c..

Con l’assunzione congiunta così disciplinata si assiste ad una sorta di inversione del “job sharing”, infatti i datori di lavoro congiunti risultano titolari di un’unica obbligazione, sia negli atti di gestione che negli atti di disposizione del rapporto i quali potranno essere esercitati anche in forma individuale da ogni datore. Per la verità, secondo quanto disciplinato dall’art. 2 D.M. 27 marzo 2014, le comunicazioni di assunzione, trasformazione, proroga e cessazione concernenti i lavoratori assunti congiuntamente possono essere effettuate da uno solo dei soggetti datoriali individuato in precedenza.

La codatorialità e la responsabilità solidale

Prima di addentrarci nei possibili dubbi applicativi che nascono dalla lettura della norma è opportuno precisare che l’unicità del datore di lavoro non viene totalmente superata nell’istituto della codatorialità. È di piana evidenza come in questo caso persista il datore di lavoro (distaccante) e come venga attribuito alle altre imprese della rete (distaccatarie) non la vera e propria titolarità del rapporto di lavoro ma soltanto l’esercizio di alcuni poteri datoriali ed alcune tipiche garanzie (es. sicurezza sul lavoro) proprie del lavoratore subordinato. Nella codatorialità si assiste, nei fatti, ad una dissociazione tra il soggetto titolare del contratto, al quale resterebbe la prerogativa del potere disciplinare, e gli utilizzatori (i retisti o il singolo retista) i quali beneficeranno delle energie lavorative ed ad essi sarà attribuito il potere direttivo e organizzativo. Pur non rinvenendosi, nell’ambito del richiamato art. 30 relativamente all’ipotesi della codatorialità, alcuna disposizione relativa alla solidarietà, che sembra, per alcuni interpreti, dal legislatore demandata alla regolamentazione delle modalità di ingaggio prevista nel contratto di rete, è intervenuto recentemente l’Ispettorato Nazionale del Lavoro che, con sua circolare n. 7 del 28 marzo 2018, ha assunto una posizione di assoluta tutela per i lavoratori ingaggiati. L’intervento ha di fatto risolto l’annosa querelle tra chi sosteneva l’inderogabilità della responsabilità solidale e chi invece intendeva la codatorialità come esclusiva possibilità di esercizio congiunto del potere direttivo e di controllo nei confronti dei lavoratori. Al riguardo ha precisato che “le eventuali omissioni afferenti il trattamento retributivo o contributivo il trattamento economico o contributivo espongono a responsabilità tutti i co-datori, a far data dalla messa “a fattor comune” dei lavoratori interessati. Ciò in quanto i firmatari del contratto di rete sono tutti datori di lavoro nei confronti del personale indicato dallo stesso contratto, trovando quindi applicazione il principio generale della responsabilità solidale di cui all’art. 29 co. 2, D.lgs. n. 276/2003; principio peraltro recentemente esteso dalla Corte Costituzionale, sentenza n. 254 del 6 dicembre 2017, anche a fattispecie diverse da quelle dell’appalto al fine dichiarato di “evitare il rischio che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione – vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto commerciale”. Senza entrare nel merito della sentenza è evidente come la Corte stessa abbia inteso escludere la possibilità di limitare il regime di solidarietà ai soli casi di appalto e subappalto ma piuttosto ha inteso estendere la medesima garanzia a tutti i lavoratori coinvolti in processi di esternalizzazione e parcellizzazione del processo produttivo. Da notare poi come la recente circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro sia un evidente renvirement della posizione ministeriale precedentemente assunta. Infatti il Ministero del Lavoro con circolare n. 35 del 29 agosto 2013 aveva affermato che: “Sul piano di eventuali responsabilità penali, civili e amministrative – e quindi sul piano della sanzionabilità di alcuni illeciti – occorrerà quindi rifarsi ai contenuti del contratto di rete, senza pertanto configurare “automaticamente” una solidarietà tra tutti i partecipanti al contratto”. Oggi invece l’indirizzo appare più chiaro: l’esigenza di tutela permea tutte le ipotesi in cui si realizza l’utilizzo da parte di terzi di lavoratori dipendenti di un datore di lavoro, oltre ad appalto quindi anche subfornitura, distacco, codatorialità ed evidentemente le assunzioni congiunte in agricoltura.

Ancora qualche problema pratico

Se, come detto, una possibile definizione di codatorialità è l’utilizzo contemporaneo e promiscuo di uno o più lavoratori, formalmente dipendenti del singolo retista e la cui prestazione verrebbe gestita in funzione dell’interesse condiviso della rete, si potrebbero presentare, nella quotidianità, alcune problematiche operative. Proviamo ad analizzare qualche ipotesi:

  • Computo dei lavoratori: in materia di tutela avverso l’illegittimo licenziamento è noto, anche nelle ipotesi di contratto a tutele crescenti, che varia in funzione del numero dei lavoratori assunti. Si potrebbe quindi porre il problema, forse più nel caso di assunzioni congiunte che nell’ipotesi della codatorialità, di come conteggiare i lavoratori in caso di multidatorialità.

  • Ferie: quale potrebbe essere la conseguenza, anche sul piano disciplinare, di un lavoratore che richieda le ferie al datore di lavoro “naturale” ma svolga la propria attività – sia ingaggiato – presso un retista? Il problema ovviamente si pone immaginando che il potere direttivo ed organizzativo si trasferisca al retista.

  • Diritti sindacali: al fine dell’esercizio dei diritti sindacali occorrerà riferirsi al numero totale dei dipendenti di tutti i retisti oppure occorrerà conteggiare solo i propri dipendenti? Certamente pare complesso, in presenza di una richiesta da parte di RSA o RSU, rifiutare un incontro congiunto.

Probabilmente la risposta alle problematiche suesposte non può che essere la puntuale pianificazione delle possibili situazioni all’interno delle regole di ingaggio che dovranno essere portate a conoscenza dei lavoratori e degli altri retisti.

Conclusione

Dal quadro emerge chiaro, come oggi, il contratto di rete possa essere un valido strumento per ottimizzare l’organizzazione aziendale anche nella gestione della crisi ma, dal suo utilizzo, non può mai derivare un pregiudizio nel trattamento economico e normativo per i lavoratori. In ultimo non rimane che invitare ad esplorare le opportunità offerte da una forma che consente la collaborazione tra i partecipanti, mantenendo la propria individualità ed autonomia e con regole certe nelle relazioni, ma senza la necessità di costituire nuovi soggetti giuridici e quindi con notevoli risparmi di costi che non possono che aumentare la competitività delle aziende spingendole verso una continua innovazione.

1 Art. 1 L. n. 1369/1960.

2 Treu T., Trasformazioni delle imprese: reti di imprese e regolazione del lavoro, Merc. Conc. Reg., 2012.

3 Art. 31, co. 3-bis, D.lgs. n. 276/2003.